Dai comboniani una mano tesa ai migranti anche durante la pandemia

Vatican News

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

La pandemia ha colpito soprattutto poveri e tante categorie fragili, tra cui migranti e rifugiati in fuga da povertà e guerre. Si stima che in Italia, nel 2020, siano arrivati 34 mila migranti, di cui almeno 13 mila dalla Libia. Ad alcuni di questi uomini, donne e bambini l’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi (Acse) offre risposte concrete anche nel difficile tempo dell’emergenza sanitaria. Quella dell’Acse, nata nel 1969 per opera di padre Renato Bresciani, è una mano sempre tesa nel segno della solidarietà. Tra le attività dell’Acse ci sono corsi di lingua italiana, servizi di assistenza legale e sanitaria per favorire un autentico processo di accoglienza e di integrazione nella realtà italiana.

L’Acse e il 2020 

Durante l’assemblea straordinaria di questo organismo, conclusasi domenica scorsa, è stato anche tracciato in particolare un bilancio del 2020, un anno fortemente scosso dalla pandemia. A Vatican News padre Venanzio Milani, presidente dell’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi, sottolinea che è stato possibile continuare a garantire i molteplici servizi grazie al prezioso contributo dei volontari. In questo periodo, aggiunge, è aumentato il numero di pacchi alimentari distribuiti ed è diminuito, per effetto dei decreti sicurezza e di politiche migratorie restrittive,  il numero di migranti che si sono rivolti all’Acse.

Ascolta l’intervista a padre Venanzio Milani

R. – Prima di tutto, un ringraziamento enorme ai soci e ai collaboratori volontari dell’Acse. Con la loro dedizione abbiamo potuto continuare a svolgere, seppur in forma ridotta, tutte le molteplici attività. Questo fatto di aver continuato le attività, in maggior parte on-line, ci ha dato speranza. Qualcuno diceva che tenere le porte aperte vuol dire dare fiducia e speranza per il futuro. Abbiamo sempre tenuto aperto l’ambulatorio dentistico con 25 medici volontari che forniscono questo servizio. Abbiamo continuato ad avere 10 corsi di italiano. Lo scorso 11 maggio, 33 studenti hanno superato esami di italiano.

Ed è proseguita l’opera di distribuzione di pacchi alimentari…

R. – Se all’inizio del 2020 avevamo 50 pacchi di viveri, che davamo alle singole persone e alle famiglie, alla fine del 2020 avevamo già 80 pacchi. Oggi siamo arrivati a più di 100. Soprattutto i poveri hanno pagato la pandemia.

Il 2020 è stato, dunque, l’anno della pandemia, un flagello che ha scosso anche questi primi mesi del 2021. Tra coloro che hanno più sofferto a causa di questa emergenza, non solo sanitaria, ci sono appunto i poveri e masse di persone fuggite dalle loro case e dai loro Paesi a causa di guerre, violenze, carestie…

R. – Sì, questo è un dato di fatto. L’onda lunga, poi, dei decreti sicurezza e di politiche migratorie di chiusura hanno creato maggiormente difficoltà, acuendo precarietà, esclusione e irregolarità. Noi abbiamo avuto il 50% di migranti in meno che ci hanno contattato: a causa di quei decreti hanno vissuto nell’insicurezza e non potevano più circolare, perché temevano che sarebbero stati presi etc. Poi si è aggiunta la pandemia. Grazie per esempio all’elemosiniere del Papa (cardinale Konrad Krajewski, NdR), anche alcuni migranti seguiti dall’Acse sono stati vaccinati. Ma, in generale, la maggior parte non ha avuto un vaccino. Quindi si sono trovati, veramente, senza nessun appoggio.

Nonostante la pandemia e le difficoltà, le attività promosse dell’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi non si sono mai fermate grazie soprattutto, come ha ricordato, al contributo dei volontari. Tra le varie iniziative, ci sono corsi di italiano, informatica, taglio e cucito e anche il servizio dentisti con una media di 20 interventi la settimana…

R. – Dentisti anziani, ma anche giovani, che si sono prestati e si prestano con tutte le difficoltà che ci sono, poiché devono lavorare in presenza. Abbiamo una ventina di interventi ogni settimana. Poi abbiamo un’altra iniziativa: quella dello screening in collaborazione con il Policlinico Umberto I e con l’università La Sapienza. Ogni mese, abbiamo una sessantina di persone che vengono a fare lo screening per testa, gola, occhi, udito etc. E quindi questi migranti possono sapere in quale comdizione di salute si trovano. Da quando l’anno scorso è iniziato questo screening, abbiamo visitato più di 800 persone. Quindi, una sessantina di loro ogni mese viene a farsi visitare. E poi dopo noi diciamo che cosa devono fare, da chi devono andare. E sono dei medici bravi, anche giovani, e volontari. Tutto è gratuito.

Nel messaggio per la prossima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il 26 settembre, Papa Francesco scrive che “il futuro delle nostre società è un futuro a colori, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali”. Come possiamo raggiungere “l’ideale della nuova Gerusalemme, dove tutti i popoli si ritrovano uniti, in pace e concordia”?

R. – L’ideale è che tutte le persone si riconoscano fratelli e sorelle. Se c’è la fratellanza, tutto è possibile per il bene dell’umanità. Noi dobbiamo passare dalla multiculturalità all’interculturalità, da un’accoglienza ordinata ad una integrazione. Però, tutto questo è possibile solo se abbiamo umanità e fratellanza. È lì che si gioca tutto.

Come scrive ancora il Papa nel suo messaggio, “siamo chiamati a sognare insieme”,  tutti sorelle e fratelli…

R. – Diceva Papa Paolo VI: bisogna essere utopici, bisogna credere nell’utopia per diventare realisti.