“Da meraviglia a cimitero”: sub all’opera per difendere il Grande Blu

Vatican News

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

“Gli oceani, i mari, non solo contengono la maggior parte dell’acqua del Pianeta, ma anche la maggior parte della vasta varietà di esseri viventi, molti dei quali ancora a noi sconosciuti e minacciati da diverse cause”. (LS 40)

Antonio Chiarenza, 53 anni, vive a Catania, città siciliana alle pendici dell’Etna. E’ impegnato nell’associazione Papa Giovanni XXIII e gestisce insieme alla moglie e ai suoi 4 figli, una delle tante case famiglia che dà riparo e accoglienza a bambini e ragazzi in difficoltà. Geologo di formazione, subacqueo abilitato ad operare nel monitoraggio ambientale e riforestazione Posidonia, ha deciso di mettere le sue competenze a servizio della Casa comune. “Ero appena un bambino – racconta – quando mio padre, in una stanza buia, con l’ausilio di una palla e di una candela, mi spiegava come la rotazione terrestre generasse l’alternanza del giorno e della notte. Da allora la Terra, anzi direi il Creato e le sue meraviglie hanno invaso i miei pensieri, acceso la mia insaziabile curiosità, per questo una volta diplomato mi sono iscritto a Geologia: volevo sapere tutto, capire tutto. La mia grande passione, però è sempre stata il mare e avere la possibilità di immergersi nelle sue profondità è qualcosa di straordinario. C’è un altro mondo lì sotto, altre foreste, altri abitanti, ma noi uomini stiamo distruggendo anche quello. E io che da piccolo avevo sempre gli occhi puntati al cielo, ho pensato ad un certo punto della mia vita che non potevo più stare soltanto a guardare, dovevo fare qualcosa. Questo bisogno mi ha condotto ad un incontro con il Movimento Laudato si’, con il Circolo di Catania in modo particolare, che ha un taglio ecumenico ed interreligioso, a cui partecipano anche rappresentanti di altre fedi, tra cui l’imam della moschea catanese, e qui sono diventato animatore. E un animatore, non può stare fermo, per sua natura e carisma, deve animare, aiutare altri nel processo di conversione ecologica, profondere impegno per l’ambiente. Così oltre alla teoria, ho voluto mettere in pratica quanto appreso in questi anni e ho deciso di partecipare al progetto di riforestazione della Posidonia oceanica nell’ambito del programma Italia – Tunisia. Ho fatto il corso gestito da ISDA (International Scuba Diving Academy), l’Accademia internazionale di subacquea, collegato ad un progetto dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa)”.

Il progetto di riforestazione

Questa pianta endemica dei nostri mari, dall’enorme valore ecologico sta scomparendo. Consideriamo che ogni metro quadrato di prateria che regredisce causa l’erosione di circa 15 metri di costa sabbiosa e una perdita letale di ossigeno. La Posidonia è infatti considerata il polmone del Mediterraneo e negli ultimi 50 anni abbiamo perso il 35 per cento di questo habitat con la conseguente scomparsa della biodiversità. Dunque, obiettivo del progetto è favorire l’impianto di nuove azioni di rimboschimento di praterie di Posidonia oceanica e realizzare barriere protettive ecocompatibili per consentirne la proliferazione puntando al miglioramento dell’ambiente marino grazie ad una partnership internazionale. Studi, analisi ma anche la scelta dei materiali sostenibili sono il focus di riferimento del progetto che vede come capofila l’Arpa Sicilia, con il suo dipartimento Arpa mare, e come partner l’Institut Supérieur de Biotechnologie de Sidi Thabet, l’Università di Catania con due dipartimenti coinvolti, la Faculté des Sciences di Tunisi, la Ecole Supérieure des Ingénieurs de Medjez El Bab, la Mediterraneo Consulting e il FLAG Golfi di Castellammare e Carini. “Il progetto mira al rinforzo e al recupero dell’ambiente mediterraneo – spiega Vincenzo Ruvolo, direttore di Arpa – attraverso il trasferimento a Paesi con habitat marino uguale al nostro di attività già realizzate in ambito europeo. Dunque con l’aiuto dei partner tunisini e dell’Università di Catania si procederà, individuate le aree adatte, al reimpianto della Posidonia in situ e alla realizzazione di opere di protezione che consentano il suo mantenimento. Verranno utilizzati allo scopo materiali innovativi, prodotti di rifiuto che vengono riciclati e riutilizzati nel rispetto dell’ambiente. Il progetto dunque non si limiterà all’implementazione di un’opera di pregio, la barriera di Posidonia, ma è finalizzato anche all’arricchimento della fauna ittica”.

I benefici della Posidonia oceanica

La Posidonia oceanica e in generale tutti gli ecosistemi vegetali marini sono molto efficienti nella mitigazione dell’acidificazione delle acque e nello stoccaggio di carbonio. In particolare, questa specie, trovandosi fino a 40 metri di profondità e catturando dunque la luce solare che penetra sott’acqua, è in grado di sviluppare il processo di fotosintesi clorofilliana mediante le sue lunghe e verdi foglie a nastro contribuendo a produrre ossigeno (si stima che ogni metro quadrato di prateria in buona salute possa arrivare a liberare fino a 20 litri di ossigeno al giorno), assorbire CO2, contrastare l’effetto serra e l’erosione di fondali e coste. Le banquettes, cumuli di materiale organico derivante dai posidonieti che si formano sulle spiagge, ostacolando l’azione erosiva delle onde, svolgono inoltre un’insostituibile azione protettiva dei litorali sabbiosi. Grazie alla loro diffusione, le praterie hanno un ruolo principale anche nel garantire e difendere la biodiversità della fauna marina: un ettaro di prateria può ospitare fino a 350 specie diverse di creature marine, residenti o migranti, offrendo rifugio e nutrimento a crostacei, pesci e a numerose altre specie di elevata importanza ambientale ed economica: basti pensare che oltre il 20% del totale delle specie del Mediterraneo vive nelle praterie di Posidonia. Negli ultimi 50 anni, nonostante i posidonieti costituiscano un habitat protetto da leggi nazionali e internazionali, stanno regredendo drasticamente soprattutto a causa dell’antropizzazione delle coste, della conduzione illegale della pesca a strascico e all’ancoraggio selvaggio delle imbarcazioni da diporto, all’overfishing e ovviamente al riscaldamento globale che non risparmia i mari.

Da meraviglia a cimitero

Passo dopo passo, Antonio ci descrive tutte le fasi del progetto di riforestazione che coinvolge al momento i fondali di Pozzillo (ma che sta avendo un grande successo anche in altre zone d’Italia come ad esempio in Sardegna, presso il Golfo degli Aranci) e a cui hanno partecipato sub locali e provenienti da altre regioni italiane: dalla raccolta delle talee in mare aperto e la scelta del luogo del trapianto, al posizionamento delle stuoie biodegradabili in fibra di cocco; poi il reimpianto e la manutenzione periodica, il monitoraggio. “Servono amore e cura e pazienza, oltre che abilità e competenza – afferma – tutte qualità che l’uomo ha dimenticato, preso dalla fretta di liberarsi dagli scarti, senza conoscere le conseguenze delle sue azioni. Come dice Papa Francesco, al paragrafo 41 della Laudato si’: ‘Addentrandoci nei mari tropicali e subtropicali, incontriamo le barriere coralline, che corrispondono alle grandi foreste della terraferma, perché ospitano approssimativamente un milione di specie, compresi pesci, granchi, molluschi, spugne, alghe. Molte delle barriere coralline del mondo oggi sono sterili o sono in continuo declino: «Chi ha trasformato il meraviglioso mondo marino in cimiteri subacquei spogliati di vita e di colore?». Ogni volta che mi immergo, mi sembra di entrare di più in contatto con Dio e con il Creato: in fondo la subacquea ti trasporta proprio in un’altra dimensione dove tutto è pace e silenzio, ma spesso, anziché sentire il respiro dell’acqua, avverto un grido che sale dal fondo, eppure i pesci, le piante, non hanno voce; è quel grido della Terra di cui parla Francesco! Sento un mare che si sta trasformando in un polmone asfittico, perché quasi non respira più e allora vorrei prestargli le mie bombole, anche se so che non basterebbe. Però sono i piccoli gesti che fanno la differenza così come mettersi a trapiantare le talee di Posidonia, sperando e pregando che possano crescere ed espandersi. E la gioia è enorme quando constatiamo che le talee hanno attecchito e che un nuovo mondo, grazie ad esse, sta per prendere vita. L’enciclica del Papa è la mia base di ispirazione e meditazione, ma anche di azione. Noi tutti siamo chiamati ad amministrare il grande dono che Dio ci ha dato, tutelandolo per le future generazioni. Ognuno dovrebbe impegnarsi in questo, con scelte concrete: fare bene la raccolta differenziata, usare meno plastica fino ad iniziative di piazza o mobilitazioni che coinvolgano le masse. L’ecosistema marino è messo a dura prova: una volta mi è capitato anche di trovare un carrello della spesa incastrato nel fondale, è uno sfregio!”.

L’appello alle istituzioni

Convertire i cuori di tutti alla causa dell’ambiente è un buon inizio, ma Antonio Chiarenza ribadisce l’importanza di avere finanziamenti per poter agire concretamente sul territorio. “La subacquea – conclude – ti porta a sgombrare la mente da ogni cosa, ti porta in una dimensione di coscienza che ti conduce subito più a contatto con la natura, ma ancor più di quando cammini in un bosco sulla superficie terrestre, devi stare attento a non strisciare i fondali, a non danneggiarli con le pinne, a non spaventare i pesci, c’è tutta una tecnica da usare per stare sott’acqua che si basa proprio sul rispetto: è come entrare in casa di altri e mettersi a fare i padroni, questo è sbagliato! Noi sub esploriamo certo, ma ci è data ancora di più la possibilità di ritrovare un’alleanza con l’ambiente, una convivenza pacifica. Per questo progetto i fondi ci sono, è stata l’Unione europea a stanziarli ma vorrei fare un appello a chi decide come distribuire quei soldi, a dare risorse a iniziative che tutelino l’ambiente a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale, sovranazionale!”. Dice Francesco al paragrafo 42 della Laudato si’: “E’ necessario investire molto di più nella ricerca, per comprendere meglio il comportamento degli ecosistemi e analizzare adeguatamente le diverse variabili di impatto di qualsiasi modifica importante dell’ambiente. Poiché tutte le creature sono connesse tra loro, di ognuna dev’essere riconosciuto il valore con affetto e ammirazione, e tutti noi esseri creati abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ogni territorio ha una responsabilità nella cura di questa famiglia, per cui dovrebbe fare un accurato inventario delle specie che ospita, in vista di sviluppare programmi e strategie di protezione, curando con particolare attenzione le specie in via di estinzione”.