Federico Piana- Città del Vaticano
“L’Europa si presenta, sempre di più, con un panorama religioso e cristiano molto desertificato”. L’allarme arriva da monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina- Terracina-Sezze e Priverno e vicepresidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea. Riflettendo sul clima con il quale l’Europa ha iniziato il cammino quaresimale, il presule sottolinea che il Continente è da quasi un anno “immerso in una Quaresima dovuta alla pandemia e ha la necessità, urgente, di essere fecondata dalla Quaresima dello Spirito, dalla Quaresima cristiana”.
Ma qual è il clima che attualmente si respira in Europa?
R.- C’è un clima che oscilla tra l’afflitto e il preoccupato che si affianca ad uno stato d’animo carico di fervore, un impegno per rispondere positivamente alle difficoltà che l’affliggono.
La Quaresima può essere un cammino utile per tutta l’Europa?
R.- La Quaresima si presenta come un’opportunità per riscoprire le proprie radici cristiane e la Chiesa ha il compito di far diventare attuale e vivo questo richiamo della tradizione. Da questo punto di vista, vorrei citare due cose significative: il messaggio del Papa per la Quaresima e l’iniziativa del Consiglio delle conferenze episcopale europee che prevede, ogni giorno di Quaresima, lo svolgimento di una celebrazione in un Paese diverso dell’Unione.
In che modo l’Europa può riscoprire la fede, la speranza e la carità, tre virtù utili per un buon cammino quaresimale?
R.- Ci sono tre compiti. Il primo, è quello di riscoprire l’essenziale: la pandemia ha avuto l’effetto di far capire a tutti che si rischia di correre dietro a cose futili. L’invito alla preghiera e al digiuno può essere un antidoto valido. Il secondo compito è di comprendere che, ormai, siamo un’unica comunità di destino: ciò che tocca uno, tocca tutti, non ci possiamo separare gli uni dagli altri. E, infine, imparare a preparare il futuro partendo da chi non può fare Quaresima, dagli ultimi: noi, per esempio, parliamo di digiuno ma chi non ha nulla, non può neanche digiunare; ha altro a cui pensare piuttosto che pregare e se non possiede niente non può fare nemmeno la carità. Bisogna partire dagli ultimi per vivere autenticamente la vita cristiana.
L’Europa, insomma, deve imparare a condividere veramente?
R.- Dobbiamo cambiare l’orientamento culturale di fondo, prima di tutto noi credenti. Dobbiamo capire che non si tratta di agire ‘per’ qualcuno ma iniziare ad operare condividendo, ammettendo gli ultimi ad una condivisione di impegno e responsabilità.