Crociata: elezioni UE, promuovere valori cristiani e progetto europeo

Vatican News

Il presidente della Comece, che riunisce i vescovi dei Paesi membri dell’Unione Europea, ribadisce l’importanza di sostenere alle urne in giugno i valori comunitari per meglio affrontare le sfide della pace e delle migrazioni, la promozione della solidarietà, la difesa della vita, della famiglia e dell’ambiente: votare per i partiti antieuropeisti e populisti non è coerente con la coscienza di un credente, chiamato a cercare il bene comune

Michele Raviart – Città del Vaticano

“Fare la scelta migliore possibile”, scegliendo “politici coraggiosi, competenti, motivati da valori e che perseguano veramente il bene comune”. È questo l’invito che la Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea (Comece) rivolge ai cittadini dell’Unione Europea, credenti o meno, in vista delle prossime elezioni per il Parlamento europeo previste per il prossimo giugno. “Il progetto europeo di un’Europa unita nella diversità, forte, democratica, libera, pacifica, prospera e giusta è un progetto che condividiamo e di cui ci sentiamo responsabili”, scrivono i vescovi europei in una dichiarazione resa nota oggi, sottolineando l’importanza di votare per persone e partiti che chiaramente sostengano l’Ue e che ragionevolmente “vorranno promuovere i nostri valori e la nostra idea di Europa, come il rispetto e la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà, l’uguaglianza, la famiglia e la sacralità della vita, la democrazia, la libertà, la sussidiarietà, la salvaguardia della nostra ‘casa comune’”.

Le nuove sfide dell’Europa

“Molti dei padri fondatori dell’Unione Europea erano cattolici praticanti che credevano fortemente nella dignità di ogni essere umano e nell’importanza della comunità. Crediamo che per noi europei questo progetto iniziato più di 70 anni fa debba essere sostenuto e portato avanti”, soprattutto in questi tempi “difficili e incerti, con una serie di crisi negli ultimi anni e vere e proprie sfide da affrontare nel prossimo futuro, come le guerre in Europa e nei Paesi vicini, le migrazioni e l’asilo, il cambiamento climatico, la crescente digitalizzazione e l’uso dell’intelligenza artificiale, il nuovo ruolo dell’Europa nel mondo, l’allargamento dell’Unione Europea e la modifica dei trattati”.

L’impegno cristiano a contribuire al bene comune

Per questo, “come cristiani dobbiamo cercare di discernere bene per chi e per quale partito votare in un momento così importante per il futuro dell’Unione Europea”, pur sapendo che “non è perfetta e che molte delle sue proposte politiche e legislative non sono in linea con i valori cristiani e con le aspettative di molti dei suoi cittadini”, ma credendo “di essere chiamati a contribuire ad essa e a migliorarla con gli strumenti che la democrazia offre”. In questo senso “anche le Conferenze Episcopali degli Stati membri possono offrire utili orientamenti”, in particolare rivolgendosi ai giovani “che voteranno per la prima volta”. L’impegno, ribadisce ai Media Vaticani monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Comece, è impegnarsi nel progetto europeo, “che è il nostro futuro” e di votare responsabilmente.

Ascolta l’intervista a Mariano Crociata

Eccellenza, perché è importante votare alle prossime elezioni?

È importante per l’Europa questa tornata elettorale perché anche questa volta, come altre volte in passato, l’Europa si trova a un passaggio molto delicato che rimette sempre in questione l’identità, la natura e il compito dell’Unione Europea, non solo per gli Stati membri, ma anche per il mondo e per un orizzonte geopolitico più vasto. Si tratta di capire, e di far capire, che senza l’Europa unita nessun Paese riuscirà a svilupparsi adeguatamente e soprattutto in nessun modo i Paesi europei riusciranno a compiere la loro missione, ne parla il Papa nel suo discorso a Lisbona, che è quella di portare la ricchezza culturale, scientifica, tecnica che rappresenta e che possiede a tutti coloro che possono usufruirne. Senza l’Europa ci sarebbe un impoverimento generale, all’interno e verso l’esterno.

Un’Europa che deve affrontare delle sfide, alcune storiche, sia altre che sono legate al contemporaneo. Pensiamo a tutta la parte legata alle nuove tecnologie, ma anche al contesto geopolitico, come diceva lei…

Le sfide sono davvero di grande peso. La Commissione qualche mese fa ha promosso un’iniziativa che metteva in guardia e cercava di cominciare a guidare la gestione dell’intelligenza artificiale e questa è una sfida e un orizzonte veramente delicato. Gli altri due temi importantissimi, giusto per citare i principali, sono le migrazioni, innanzitutto, e poi il cambiamento climatico. Sulle migrazioni c’è stato un accordo a dicembre e una nuova definizione di regole. Tuttavia questo, che giustamente molti protagonisti dell’Unione europea vantano come un traguardo e un risultato, ancora non risolve adeguatamente la questione dei migranti perché scaricarla su quelli che sono sul fronte, o di terra o del mare Mediterraneo, e pensare di dislocare o riportare le persone nei Paesi di provenienza non è certamente una prospettiva che dia alle migrazioni una soluzione adeguata. Per cui anche questa è una sfida che ha bisogno di essere assunta ancora di più e meglio, con purtroppo i drammi che fino ad oggi continuano a consumarsi. Comprendiamo che la questione è davvero complessa però si deve fare molto di più, a vantaggio perfino degli stessi Paesi europei. La questione del cambiamento ecologico di per sé vede un’attenzione e una serie di interventi davvero significativi, ma qui si pone il problema dell’equilibrio tra le misure di cui c’è necessità per contenere gli effetti del degrado ambientale e del cambiamento climatico e le esigenze del lavoro di tanti, che rischiano, con interventi che cercano di bloccare l’accelerazione del cambiamento climatico, di rimanere in grande difficoltà proprio perché il lavoro si riduce e così via. C’è da trovare un equilibrio. Dunque tre sfide, per fare degli esempi, che sono le principali tra le principali e che dicono come l’Europa abbia bisogno ancora di lavorare molto. Questo conferma che senza un’Europa sempre più unita, più coesa, con obiettivi condivisi, difficilmente si riuscirà ad affrontare queste sfide e andare avanti nei singoli Paesi e nell’Europa nel suo insieme.

L’altra sfida è quella della promozione alla pace con la guerra che arriva ai confini dell’Ue…

Questo dovrebbe far crescere ancora di più il senso della necessità dell’Europa. C’è bisogno di Europa. Per due ragioni: per quello che potrebbe fare e per quello che non riesce a fare. Per quello che non riesce a fare l’Unione europea perché è ancora troppo divisa, non è abbastanza compatta, unita. E questo, nonostante le sue enormi potenzialità, la indebolisce nell’esprimere, nel rappresentare e nel far giungere a destinazione le iniziative, le proposte, la capacità di incidenza e di persuasione che potrebbe avere. Quello che potrebbe fare è appunto diventare protagonista di una autorevole promozione della ricerca di una tregua e di un dialogo. Cose molto lontane, molto difficili da dire in un contesto così conflittuale come l’attuale. L’Europa, se avesse questa forza – per questo che le elezioni sono importanti – credo che potrebbe dare un enorme contributo e non lasciare soltanto al protagonismo di altre potenze decisioni che a volte, proprio perché quasi bloccate l’una con l’altra, non riescono a prendere. L’Europa ha veramente grande potenzialità anche per quanto riguarda il Medio Oriente. Credo che bisognerebbe davvero trovare il modo di rafforzare alcune indicazioni che ormai la politica internazionale – in termini abbastanza concordi almeno nel mondo occidentale – cerca di far giungere su Israele perché, nonostante il tragico atto terroristico subito, è nella situazione di procurare una sofferenza, una distruzione enorme, immane, che ci impressiona e ci sconvolge tra i palestinesi. L’Europa potrebbe fare molto in questo senso e le elezioni potrebbero essere un segnale, anche soltanto con un’affluenza più possibile significativa. Poi, sperabilmente con risultati che vedano chiaramente una maggioranza che vada verso il futuro di Europa. Questo darebbe un grande risultato, un grande contributo, anche da questo punto di vista.

Nella nota la Comece rimanda alle Conferenze episcopali per una sorta di indicazione al voto e ribadisce l’importanza di votare per persone e per partiti che promuovano il progetto europeo. Quali sono soprattutto i rischi che vengano elette persone e forze politiche che non sostengano il progetto europeo? Qual è la situazione?

La situazione, per come la rilevano molti osservatori, è quella che fa temere una crescita, paradossalmente, delle forze politiche antieuropeiste, il che è veramente una cosa strana perché ci si serve dell’Europa per andare contro l’Europa È una contraddizione che purtroppo la politica di oggi presenta. Però questa prospettiva, questa eventualità non deve essere esagerata, a parere di altri. Nel senso che c’è anche un desiderio di stabilità e di continuità che pure ha il suo peso. Per cui, al di là delle previsioni, c’è da invitare a osservare obiettivamente e con uno sguardo costruttivo e propositivo lo scenario dell’offerta di partiti e di candidati, avendo a cuore di far crescere ciò che promuove un’Europa che cresce, si sviluppa e porta avanti valori che sono di tutti e che noi, come credenti, come cattolici, sentiamo in modo particolare, a partire innanzitutto dalla persona e dalla comunità, ma anche tutti i valori che per esempio sono anche presenti nei trattati o nella Dichiarazione sui diritti umani della stessa Unione europea. Quindi si tratta di trovare in questi valori i criteri per fare delle scelte ponderate che poi servono alla crescita e al bene comune di tutti. Votare persone o gruppi che, come si definiscono, sono anti europeisti o anche populisti, nel senso che contrastano radicalmente il cammino che l’Europa sta compiendo, credo che non sia coerente con una coscienza, se vogliamo anche credente, perché il credente si fa carico e si prende responsabilità di contribuire, in questo caso con il voto che ha un’importanza enorme, alla crescita della comunità tutta, in questo caso di quella dell’Unione europea.

A tal proposito, qual è il ruolo dei cristiani, dei credenti quando alcune politiche e alcune iniziative dell’Unione europea non sono in linea con quelli che possiamo definire i valori cristiani?

Il caso più classico è la proposta di inserire nei trattati il diritto all’aborto. Lì i cristiani – anche, ma non solo – si sono fatti sentire e di fatto poi la proposta non è passata, anche se abbiamo constatato con grande amarezza che in Francia il Parlamento francese ha ritenuto di dovere e poter inserire questo diritto della Costituzione francese e in questo i vescovi francesi sono stati esemplari e hanno tutta la nostra vicinanza e solidarietà. Ma per dire, ci sono situazioni, prese di posizioni, su questo come su altri temi come i migranti – la serie è lunga se vogliamo – in cui il nostro parere si dissocia, prende un po’ le distanze, cerca di correggere. In ogni caso quello che dobbiamo dire è che noi dobbiamo essere presenti a testa alta, con la consapevolezza di che cosa è la nostra fede, di che cosa rappresenta ancora per molti in Europa e di per sé rappresenta per la dignità umana e per la promozione della persona umana nella comunità. Ma dobbiamo dire che l’unico modo per difendere e promuovere ciò che poi è il bene comune di tutti – perché difendere la persona, difendere la comunità, non è parteggiare per una parte confessionale, ma è promuovere il bene di tutti – è la dialettica democratica. Da questo punto di vista la Comece svolge un servizio prezioso perché segue con grande puntualità tutta la produzione legislativa o di decisioni di vario genere e livello del Parlamento e della Commissione per esprimere pareri, osservazioni, critiche puntuali e cercare un contatto di dialogo e di confronto con le personalità più rappresentative, le figure ai vari livelli più adeguate per far giungere le proprie ragioni e dunque far crescere questo dialogo e la consapevolezza su alcuni temi, soprattutto quelli più fondamentali, ma in ogni caso tutti quelli che possono stare a cuore all’opinione pubblica europea.

L’invito a votare e quindi l’invito a far sentire quelle che sono le proprie istanze e promuovere appunto i valori cristiani.E questo vale soprattutto per i giovani e per i giovani cristiani, in particolare…

Noi abbiamo una rete di giovani europei che collabora con la Comece e che adesso in questa occasione ha approntato un “Catholic toolkit”, uno strumento adatto al linguaggio giovanile che faremo diffondere in tutte le lingue europee, in modo tale che i giovani siano coinvolti da altri giovani. E questo è davvero importante perché le nuove generazioni si affacciano ora ad una dimensione europea. Questo ci permette anche di dire che spesso i giovani sono i più disponibili e attenti a cogliere il senso dell’Unione europea, la sua responsabilità e ciò che rappresenta per il futuro. Quello che è stato ed è ancora l’esperienza dell’Erasmus e di tutti i tipi di scambi e di incontri – che sono molteplici a livello universitario, ma anche a livello di scuole medie e superiori – è il segnale, e già in parte, il risultato di una crescita di consapevolezza e di sensibilità del mondo giovanile. Detto questo, il richiamo alla coscienza civica di tutti i cittadini europei deve essere fatto in tutti i modi. Lei citava l’invito alle Conferenze episcopali nazionali, ma tutti siamo chiamati a far sentire la nostra voce, a dire il nostro parere per il bene dell’Europa, per il bene di tutti i popoli dell’Europa e delle nuove generazioni. È un fatto di civiltà elementare, di senso civico e di impegno per noi – con una coscienza accresciuta di responsabilità a motivo della nostra fede e di ciò che rappresentiamo -, ma non come una parte che vuole tutelare se stessa, ma come una parte che sente di rappresentare tutti e di interpretare nella maniera più piena le aspirazioni più vere di questa Unione Europea e dei popoli che la abitano.