Costruire una rete di “città rifugio”, convegno alla Casina Pio IV in Vaticano

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Nella sede della Pontificia Accademia delle Scienze un appuntamento sull’arte per generare cambiamento, a partire dalla mostra “Changes”

di Beatrice Guarrera

Dalla fierezza di una leader della comunità nativa dell’Amazzonia brasiliana alla bellezza del cielo dell’Australia, che sembra toccare il mare, fino alla terra ferita dalla siccità in Bangladesh, a causa del cambiamento climatico: sono alcuni dei 24 scatti che compongono la mostra fotografica “Changes”, inaugurata ieri, martedì 7 maggio, in piazza San Pietro e curata da Lia e Marianna Beltrami, con il Dicastero per la Comunicazione e in collaborazione con il Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale e il Centro di Alta Formazione Laudato Si’. «La mostra – ha spiegato Lia Beltrami ai media vaticani – è parte del progetto “Emozioni per generare cambiamento”, con Formidable Partners, che nasce proprio da questo desiderio di mettere l’arte a servizio del cambiamento, che Papa Francesco chiede sempre, sia nell’enciclica Laudato si’, sia nella Fratelli tutti, sia nella Laudate Deum. Un cambiamento che è stato interpretato con fotografi che vengono dagli angoli del mondo, magari persone che hanno loro stessi affrontato una fuga, una difficoltà, un disagio». Si tratta di Neşe Arı, Raffaele Merler, Giampaolo Calzà, Franco Giovanazzi, Vassilis Ikoutas, Asaf Ud Daula, Sebastiano Rossitto, Ferran Paredes Rubio, e Francesca Larrain, presenti anch’essi all’inaugurazione dell’esposizione in piazza San Pietro.

«La mostra ci parla, se possiamo dire così, di oggi, di  uno sguardo integrale in un tempo disintegrato. Per questo coinvolge e interpella tutta la comunicazione, oggi così inquinata», ha affermato Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, nel convegno che si è svolto nel pomeriggio nella casina di Pio IV in Vaticano, sede della Pontificia Accademia delle Scienze. «Le foto – ha spiegato il prefetto – a volte riescono a guardarci dentro, ad aprire a noi stessi gli occhi del nostro cuore, a trasformarci svelandoci il segreto del vedere oltre l’apparenza. Il loro è un grido silenzioso che squarcia l’apatia. Che svela la bellezza. E la fa rinascere. Che coglie la sofferenza, e la fa urlare. Che smaschera la menzogna facendola apparire per quello che è: un camuffamento». Da lì l’idea «che si possa provare a tessere il futuro, costruendo relazioni fra persone che in maniera diversa intrecciano la bellezza con la verità e con la giustizia», ha detto Ruffini. Proprio il talento creativo in grado di generare cambiamento, infatti, è stato al centro del convegno che ha visto la partecipazione delle curatrici e dei fotografi di “Changes”, oltre ad artisti, giornalisti, registi e personalità del mondo accademico, con diversi bagagli personali e professionali che condividono, però, «la stessa volontà di cambiare in meglio», ha sottolineato il prefetto: «Tutti sappiamo che non c’è una ricetta, un algoritmo, una formula per il nostro lavoro, ma solo una continua ricerca. Un cammino animato dalla volontà e capacità di stupirsi e dal desiderio anche di stupire. Di rimanere inquieti e appassionati. E di coltivare la inquietudine come via alla verità», oltre alla «bellezza che reclama, di essere condivisa». Proprio su questo aspetto, unito al tema delle emozioni per generare cambiamento, sono stati, poi, chiamati a dialogare gli invitati al convegno, perché è «sono le relazioni fra le persone a muovere le cose». «Dunque – ha detto Ruffini  – per questo siamo qui oggi. Per stabilire o rafforzare relazioni fra chi crea la bellezza, chi lavora per comunicare bellezza e verità, e chi intende l’economia come cura della casa comune».

«L’arte – ha continuato -, come ha detto la settimana scorsa a Venezia Papa Francesco, riveste lo statuto di “città rifugio”, una città che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi. Sarebbe importante – ha esortato il prefetto – se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di “città rifugio”, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”. Ecco, noi siamo già una rete».

Da queste riflessioni, sono poi partiti gli invitati nell’offrire il proprio punto di vista. Come quello del giovane Giacomo Mattivi sull’associazione nata dalla sua famiglia, «che si è scontrata con la difficoltà della vita e cioè della mia malattia genetica rara, e che, invece di chiudersi su se stessa, si è aperta e ha trovato la forza con cui “trascinare” tutti» per dedicarsi all’educazione dei bambini. Giacomo ha parlato della potenza dell’arte, che incontra attraverso libri, film, programmi culturali che gli permettono di visitare tanti mondi, pur dovendo trascorrere molto tempo a casa, a causa della malattia che lo costringe in una sedia a rotelle.

Tanti i temi toccati dagli altri ospiti: dalla necessità di non diventare schiavi dell’intelligenza artificiale, che pure può migliorare la vita delle persone, secondo la conduttrice televisiva Licia Colò, all’approccio di rispetto da adottare nel raccontare il dolore dei profughi ucraini, come sottolineato dalla documentarista Alice Tommassini; dal ruolo dello storyteller che, in un certo senso, fa «il lavoro di Dio», nelle parole di Ali Aksu, producer e Ceo di Untold stories, all’importanza di tenere accesi i fari sulla realtà giovanile e su chi ha cura del pianeta, come cerca ogni giorno di fare il programma della tv pubblica italiana “Geo”, secondo la sua conduttrice Sveva Sagramola. Infine l’accorato appello dello psicologo Daniele Marchesi ai comunicatori e agli artisti: «Voi avete la possibilità di emozionare, di cambiare la visione del mondo. Imparate a emozionarvi, a riconoscere cosa state provando e a trasmetterlo, così cambierete tutto».