Con lo Spirito di Assisi per il Mozambico

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Il Mozambico non conosce pace. Cabo Delgado è teatro di attacchi da parte di gruppi armati legati a jihadisti del sedicente Stato Islamico fin dall’ottobre 2017. Una situazione che ha provocato una gravissima crisi umanitaria con più di 670mila sfollati e oltre 2mila morti a fine 2020, secondo le stime dell’Onu. Si registrano in questi giorni attentati simultanei anche a Palma, vicino la Tanzania. Desta poi ancora sgomento quanto riferito, la scorsa settimana, da Save the Children che ha raccolto le testimonianze di madri di bimbi di 11-12 anni, vittime di decapitazioni.

Una preghiera per risvegliare le coscienze

Una situazione peggiorata dai danni provocati dal ciclone Kenneth abbattutosi nel Paese nel 2019 e dalle alluvioni dell’inizio dello scorso anno. Almeno 70mila persone ricevono aiuti in seguito a questi disastri. Di fronte a quanto sta accadendo in Mozambico, il cristiano è chiamato ad offrire, oltre che l’aiuto, anche la sua preghiera. Il vescovo di Assisi-Nocera Umbra- Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, ha promosso per questo mese una preghiera dedicata al Paese africano. “La nostra preghiera – si legge in una nota – che si rivolge al Dio misericordioso, chiede anche di risvegliare la solidarietà internazionale e la comunità politica, affinché si possa intervenire efficacemente a sostegno di chi è indifeso”. Una preghiera nello “Spirito di Assisi”, è l’iniziativa ideata e convocata da Giovanni Paolo II alla presenza di tanti rappresentanti di religioni diverse. Così racconta la preghiera di oggi lo stesso monsignor Domenico Sorrentino:

Ascolta l’intervista a monsignor Domenico Sorrentino

R. – Abbiamo questa iniziativa che ormai dura da diversi anni, in continuità con la preghiera della pace del 1986 quando Giovanni Paolo II venne qui insieme con tutti i leader delle diverse regioni del mondo. Ogni 27 del mese, invitiamo la comunità cristiana di Assisi, ma pure tutti quelli che si vogliono unire, anche esponenti delle altre religioni a pregare per un obiettivo di pace, scegliendo una situazione del mondo in cui ci sono motivi per preoccuparsi. Quindi ogni mese mettiamo a fuoco una realtà per convogliare la nostra preghiera. Ho scelto il Mozambico perché da lì sono arrivate notizie piuttosto raccapriccianti e che ci hanno veramente turbato come la decapitazione dei bambini. Ci è sembrato fosse veramente necessario pregare il Signore, perché converta i cuori, perché infonda serenità e soprattutto aiuti a ricordare che i bambini devono essere assolutamente salvaguardati, tenuti fuori da tutte le tensioni di guerra.  Questa è stata la riflessione che ci ha guidato.

Dal 1986 lo spirito di Assisi soffia ancora sulla vita della Chiesa?

R. – Più che mai! Soffia per le tante iniziative che lo stesso Pontefice fa, Ne abbiamo avuto diverse riprove anche recenti, fino a quello che si fa qui nella città di San Francesco pure con iniziative semplici, ma anche calde, come quello che fa la Comunità di Sant’Egidio, radunando ogni anno tante persone con quello spirito che si avverte perché c’è una continuità. Direi che di questo spirito si avverte l’esigenza, c’è un dato di fatto che abbiamo sotto gli occhi quello di un mondo che fatica a trovare la pace e dunque quella idea di San Giovanni Paolo, la supplica al Signore, perché converta i cuori, resta forte. La pace si costruisce in tanti modi, c’è bisogno di iniziative politiche, c’è bisogno di giustizia e quindi di iniziative economiche, c’è bisogno di iniziative culturali, diplomatiche, tutto è importante, ma è importante la preghiera, perché abbiamo bisogno di una grazia che tocchi il cuore delle persone. Senza questa grazia le altre misure pur necessarie saranno sempre insufficienti.

In questo tempo di pandemia, quale augurio vuole fare per questa Pasqua?

R.- L’augurio che questa Pasqua sia davvero una Pasqua di luce. Pasqua è Risurrezione. Quest’anno non potremo celebrare la veglia pasquale che è caratterizzata dalla cerimonia dell’accensione delle fiammelle, una delle più belle e sentite nelle chiese. Una cerimonia che ci ricorda comunque che la luce di Cristo è una Pasqua di luce per i tanti che si ritrovano più disperati, più angosciati negli ospedali, nelle loro case. Vediamo che  c’è un senso di abbattimento, tutti lo possiamo toccare con mano, perché è una prova che sta prendendo il mondo da troppo tempo. Che sia una Pasqua di luce, almeno un raggio di luce, che arrivi attraverso la tenerezza che possiamo esprimere l’un l’altro e che diventa la carezza di Dio nella nostra vita. Il Signore certo non ci abbandona. Io vorrei dire di non perderci d’animo e rimbocchiamoci le maniche, siamo davvero solidali gli uni con gli altri. Uscirne insieme è importante e siamo certi che il Signore cammina con noi.