Cinquantenne, torinese, da sempre dedito ai bisognosi è stato scelto domenica 28 maggio come responsabile generale dell’associazione nata con don Benzi, oggi presente in 40 Paesi. Succede a Paolo Ramonda, che aveva sostituito il fondatore nel 2008. “Vogliamo dare più spazio a culture diverse nelle quali radicare il nostro carisma – dice – e aprirci di più ai ragazzi, accogliendoli e guidandoli in un rapporto sinodale di armonia ed unità”
Layla Perroni – Città del Vaticano
“Ho colto questa nomina con un po’ di timore e tremore, perché la responsabilità è tanta, soprattutto se penso alle numerose persone che abbiamo in tutte le nostre strutture, sia in Italia che nel mondo”. Matteo Fadda è da domenica scorsa, 28 maggio, il neo responsabile generale dell’Associazione Giovanni XXIII. Cinquant’anni, torinese, sposato e padre di 4 figli, ha dedicato la sua vita ai bisognosi: è stato eletto, al secondo turno, durante l’assemblea generale tenutasi a Rimini, con una maggioranza del 60%.
L’attenzione verso gli ultimi e i dimenticati
La realtà fondata da Don Oreste Benzi dal 1968 lega la propria vita a quella dei poveri e degli oppressi: minori provenienti da situazioni disagiate, adulti con problemi di dipendenze, vittime di guerre, di soprusi e di disastri naturali trovano rifugio nelle case, nelle mense e nei centri della Comunità. A don Benzi era succeduto nel 2008 Giovanni Paolo Ramonda, ora l’associazione internazionale di diritto pontificio ha eletto il suo terzo presidente, Fadda, che dice: “Essere un punto di riferimento per le persone che si affidano a noi, vuol dire farsi carico anche della loro quotidianità, a volte anche complicata”.
Radicare il carisma di don Benzi in diverse culture
Le lacune e i limiti che il ruolo reca con sé saranno colmati dalla Comunità stessa che “ha dimostrato di essere matura, pronta a questo cambiamento che il Papa insieme al Dicastero per i Laici, la Famiglia e la vita ci ha chiesto ben due anni fa con un decreto dedicato al rinnovamento delle nostre associazione”, spiega il nuovo presidente. Dall’assemblea di Rimini due le prospettive emerse sono, da un lato, l’aumento della dimensione internazionale dell’associazione molto radicata in Italia, ma diffusa ormai in più di 40 Paesi nel mondo; dall’altro, un’apertura particolare ai giovani. L’auspicio è quello di dare più spazio a culture diverse “nelle quali si può radicare il carisma che il nostro fondatore Don Oreste Benzi ci ha lasciato, lo stesso che fonda la nostra comunità, cioè la condivisione diretta con i più poveri, i più emarginati, le persone vittime di ingiustizia nel mondo”, sottolinea Fadda. Sui giovani, in particolare, l’impegno è di accoglierli e guidarli in un rapporto sinodale di armonia ed unità, dove i valori tipicamente cristiani come la pace, la non violenza e la difesa dei diritti umani sono il punto di riferimento.
Le esperienze del neo responsabile della Comunità
Matteo Fadda da anni si occupa di progetti ed enti vicini all’associazione di Don Benzi orientati alla tutela degli ultimi. “Per me e per mia moglie è iniziato tutto con l’accoglienza di bambini. Siamo entrati a far parte dell’organizzazione perché abbiamo conosciuto le famiglie che si mettevano a disposizione per accogliere bambini e adolescenti che avevano bisogno. Abbiamo cominciato aprendo la nostra casa e questo ci ha un po’ inseriti in questa grande famiglia che era la Comunità”, racconta. “Quindi ho ampliato di più le mie conoscenze, ma diciamo che nel cuore – rivela -, anche la nostra identità risiede nell’essere una famiglia aperta, che usa l’accoglienza come strumento. Abbiamo anche una ragazza che è arrivata con i corridoi umanitari”.
I progetti in Ucraina
Nel 2022 l’associazione ha partecipato alla rete “Stop the war now”, coordinata assieme ad altre organizzazioni italiane e nata con l’obiettivo di costituire un convoglio di volontari e aiuti umanitari diretto in Ucraina. Vivere una realtà come quella della guerra, per la Comunità Giovanni XXIII, “è stata un’esperienza significativa perché ci ha fatto vivere in una condizione cui noi italiani non siamo abituati – sottolinea Fadda -. In tal senso, essere accanto a chi vive sotto le bombe ha significato tanto, perché siamo stati abituati negli ultimi decenni a vivere in pace”.
Il coinvolgimento dei giovani
I progetti per la pace promossi dall’associazione con la missione di sostenere la non violenza in aree di conflitto come l’Ucraina, hanno portato molti giovani volontari nel Paese dell’Est Europa. I ragazzi che sono andati a portare gli aiuti umanitari si sono trovati proprio a contatto con persone di lingua e cultura differenti e che hanno vissuto un vero e proprio choc, aggiunge il presidente. “È molto difficile riuscire a parlare di pace e di non violenza in un territorio dove le persone quotidianamente sono immerse in una logica di conflitti e di guerra. Forse questa è la sfida più grande”.
Al fianco della gente dell’Emilia Romagna
In questi ultimi giorni la Comunità Giovanni XXIII sta affrontando le disastrose conseguenze dell’alluvione verificatosi nell’Emilia Romagna, che ha colpito anche strutture che contininuano l’opera di don Benzi. “Siamo dovuti intervenire in luoghi in cui avevamo ragazzi psichiatrici o persone in un percorso terapeutico per la lotta alla dipendenza”, riferisce Fadda. “Abbiamo dovute spostare le strutture in realtà diverse e, forse, il fatto di essere una famiglia, come è un po’ la nostra associazione, ci ha permesso di dare una risposta immediata al dramma. Bisognerà lavorare sodo perché si possa ricostruire l’obiettivo. Infine – osserva – c’è una caratteristica che i romagnoli hanno: l’essere forti e resilienti” osserva il nuovo responsabile della Comunità Giovanni XXIII, che ringrazia, inoltre, il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella per avere scelto di devolvere la somma collegata al premio Paolo VI – conferitogli dall’Istituto dedicato a Papa Montini e consegnatogli lunedì scorso da Papa Francesco – a sostegno dell’associzione. “Provo un enorme senso di gratitudine, questo gesto ci mostra quanto sia importante lo sforzo di tutti e ciascuno, istituzioni comprese, per ripartire”.