Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Rispondere all’invito del Concilio a servirsi delle scienze, e “in primo luogo della psicologia”, per purificare e maturare la vita di fede. Con questo obbiettivo nasceva cinquant’anni fa l’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana. Fondata nel 1971, l’unità accademica ha ancora oggi lo scopo di preparare formatori specializzati capaci di integrare le dimensioni spirituale e psicologica nelle attività apostoliche ed educative dei loro studenti, nei diversi contesti geografici e culturali. Attualmente i suoi quasi seicento ex-alunni lavorano in tutto il mondo come formatori, educatori, accompagnatori. L’attività di formazione dell’università pontificia è basata su un approccio olistico e quindi su una visione della persona che tiene conto sia dei valori cristiani come delle motivazioni subconsce, proponendosi come fondamento solido alla crescita di una vocazione personale incentrata su Cristo.
Un istituto che si rinnova
“Oggi il maggior numero di richieste d’iscrizione le riceviamo da Africa, Asia e America del Sud”, spiega, in occasione dell’anniversario, il preside dell’Istituto, padre Stanisław Morgalla sj. “Inoltre sempre più laici desiderano essere preparati per aiutare a formare persone mature nella Chiesa. Questo rispecchia la varietà dell’Istituto e la sua prospettiva di rinnovamento”.
Sei dialoghi su “Identità e vocazione”
Per celebrare il suo anniversario la struttura dell’ateneo pontificio offre al pubblico un ciclo di dialoghi interdisciplinari sul tema della relazione tra identità e vocazione cristiana. Sei incontri costituiti da un confronto tra due docenti, uno appartenente all’Istituto di Psicologia e l’altro a una diversa unità accademica. Primo appuntamento il 28 ottobre con i professori Vittorio Conti e Louis Caruana che si confrontano sul tema Esperienza e racconto di sé al tempo delle nuove tecnologie. Una scelta che riflette la modalità interdisciplinare del lavoro dell’Istituto, basata sulla convinzione che solo nel dialogo tra scienze e discipline diverse si possa giungere a una conoscenza profonda della persona, nei suoi aspetti interiori come nelle sue responsabilità sociali.
A maggio, un convegno sull’antropologia
“Siamo in un momento in cui anche la nostra missione deve essere ridefinita”, spiega ancora padre Morgalla. “Nuove questioni ci sfidano, come il post-umano, l’interculturalità e i nuovi approcci alla sessualità. La nostra antropologia deve rinnovarsi? E come?”. Proprio per questo il ciclo dei sei dialoghi su “Identità e vocazione” è pensato come preparazione al convegno internazionale sull’antropologia che avrà luogo alla Gregoriana a metà maggio 2022.
La sfida dell’integrazione
“Questa struttura accademica è nata alla Gregoriana subito dopo il Concilio Vaticano II, in un momento in cui l’attenzione alle scienze umane e soprattutto alla persona, naturalmente senza dimenticare i valori evangelici, erano messe in primo piano”, ricorda in un’intervista a Radio Vaticana / Vaticannews, padre Franco Imoda sj, professore emerito dell’Istituto, nonché suo cofondatore. “La sfida che si avvertiva era quella di integrare l’aspetto antropologico della fondazione della fede cristiana con le realtà correnti che la psicologia e le scienze sociali mettevano in vista”. “Nella Caritas in veritate Papa Benedetto XVI, ha opportunamente sottolineato – ricorda padre Imoda – come la grande crisi di oggi sia proprio antropologica, prima che finanziaria, economica o demografica. Una crisi che tocca il nostro modo di vivere e la sfida è quindi ancora oggi quella di integrare i diversi aspetti dell’umano”.
Formare formatori
“Il nostro primo scopo anche nel presente resta perciò quello dell’integrazione nell’ambito educativo”, aggiunge ancora l’ex-rettore della Gregoriana. “Si sente dire molto spesso che il futuro, anzi il presente, è sulle spalle dei giovani e di quanto sia perciò importante formarli. Ma direi che per questo non serve più elaborare nuovi documenti, perché ne abbiamo già di molto belli. Oggi abbiamo soprattutto bisogno di formare dei formatori”.
Occhi, mani e cuore
“Un vero dono che abbiamo ricevuto in questi cinquant’anni all’Istituto sono gli studenti”, aggiunge padre Imoda. “Ne scegliamo un gruppo ristretto ogni anno per poterli seguire bene, ma quello che ci sfida è il fatto che provengano da tutte le parti del mondo e quindi ci presentino la loro differente visione nei luoghi in cui vivono”. “La nostra certezza è però che la vera sfida della formazione, al di là dell’aspetto tecnico e delle differenze di questi diversi mondi, stia nel risalire a qualcosa di fondamentale. Papa Francesco evoca spesso l’immagine degli occhi, delle mani e del cuore che rappresentano rispettivamente la conoscenza, l’agire – possibilmente in libertà – e il sentire, quindi il mondo delle emozioni. Ebbene oggi siamo chiamati proprio a integrare questi elementi”.
Persone capaci di educare
Anche di fronte a temi attuali come gli abusi sessuali commessi da chierici o quello della riforma dei seminari, padre Imoda è convinto che quello di cui ci sia più bisogno oggi siano proprio le “persone”. “Oggi è essenziale avere a disposizione dei formatori che possano accompagnare i futuri educatori, sia nei seminari, come nelle case religiose per donne o uomini. Persone veramente capaci di formare ed educare. Noi, infatti, possiamo cambiare tante strutture e la stessa varietà culturale, sociale e storica dei vari ambiti va sempre presa sul serio. Ma nell’uomo c’è sempre qualcosa di fondamentale che rimane e di cui dobbiamo farci carico”.