Isabella Piro – Città del Vaticano
Resilienti, inclusivi e sostenibili: così devono essere i sistemi alimentari per porre fine al “flagello della fame”. Lo ribadisce Monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam, intervenendo oggi, 12 ottobre, al seminario di studi incentrato sul tema “Sistemi alimentari resilienti, inclusivi e sostenibili: dalle parole ai fatti”. L’evento è stato organizzato dal Dicastero per la Promozione dello sviluppo umano integrale, insieme alla Missione permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam ed al Forum Roma di ong di ispirazione cattolica. Punto di partenza dell’incontro: il summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, svoltosi a settembre, nonché il pre-vertice sullo stesso tema, ospitato a Roma dal governo italiano nel mese di luglio.
320 milioni di persone in più prive di alimentazione adeguata
Nel 2020, quasi una persona su tre non ha avuto accesso ad un’alimentazione adeguata: si tratta di 320 milioni di persone in più, un aumento vertiginoso rispetto al 2019, anche a causa dell’impatto della pandemia da Covid-19. Tuttavia, sottolinea l’Osservatore permanente, la questione delle risorse alimentari, va al di là del mero “approccio quantitativo”: in realtà, essa deve avere “uno sguardo aperto” che consideri anche i cambiamenti climatici, la gestione dei rifiuti e dell’inquinamento, la diminuzione dell’acqua potabile e la perdita della biodiversità. Il punto di vista corretto, spiega Monsignor Chica Arellano, deve essere “la logica della cura”, perché solo così i sistemi alimentari potranno “proteggere la Terra e mantenere al centro la dignità della persona umana, garantendo cibo sufficiente per tutti e promuovendo un lavoro dignitoso a livello locale”.
Riconoscere diritto al cibo per i rifugiati
Di fronte ad “ingiustizie sistemiche” serve “una trasformazione sistemica” che punti a sistemi alimentari resilienti, inclusivi, sostenibili. E l’Osservatore permanente declina questi tre aggettivi in modo puntuale: i sistemi alimentari resilienti sono quelli in cui il diritto al cibo viene riconosciuto anche ai gruppi vulnerabili, come i rifugiati, e quelli che puntano sulle innovazioni tecnologiche e sociali, in quanto “migliorano l’efficienza e riducono i costi dell’energia pulita”, ispirando speranza. I sistemi alimentari inclusivi, inoltre, rendono possibile la lotta alla fame attraverso “la collaborazione tra settore pubblico, quello privato, la società civile e le università”.
Dare voce a donne, giovani e popolazioni indigene
In quest’ottica, Monsignor Chica Arellano accende i riflettori su tre categorie specifiche che “devono avere ampia voce in capitolo ed essere coinvolte nei processi politici e decisionali”: le donne piccole produttrici delle aree rurali, alle quali “deve essere garantito l’accesso alla terra e al credito, cosicché possano fungere da catalizzatrici e facilitatrici della transizione”; i giovani che rappresentano “i leader di oggi, non di domani, perché la trasformazione dei sistemi alimentari è anche una questione di giustizia tra le generazioni”; e i popoli indigeni che “rivestono un ruolo fondamentale nel preservare e custodire la natura”.
Uomo è amministratore, non proprietario, del Creato
Infine, i sistemi alimentari sostenibili sono quelli rispettosi “dell’ambiente, dei lavoratori e delle generazioni future”. Solo così, infatti, afferma l’Osservatore permanente, la sostenibilità potrà essere “ambientale, economica e sociale”, consentendo di costruire “nuovi modelli di sviluppo basati sulla cura della nostra casa e famiglia comune”, grazie ad un’umanità consapevole di “essere amministratrice responsabile della Terra”.
Estirpare la fame dal mondo è compito di tutti
La strategia giusta per raggiungere questi obiettivi, aggiunge il presule, è quella del “vedere-giudicare-agire” e quindi del “passare dalle parole ai fatti”, perché “ciascuno di noi deve essere animato dal medesimo obiettivo di estirpare la fame dal mondo e di garantire un uguale accesso ad un’alimentazione sana e nutriente”. Se, infatti, i sistemi alimentari non saranno “equi e sostenibili” e se la mentalità contemporanea non comprenderà quanto è essenziale “il tema dell’alimentazione per una vita dignitosa, sana e in armonia con la natura”, allora “non ci sarà un futuro, ma nemmeno un presente”. “Il nostro contributo alla causa della fame nel mondo è unico e insostituibile – conclude Monsignor Chica Arellano – Coltiviamo una mentalità pronta a reagire con speranza e creatività”, così da sradicare la fame e non lasciare indietro nessuno.