Marine Henriot e Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
La notizia è stata diffusa ieri dalla Congregazione delle Cause dei Santi con un comunicato: si terrà il 15 maggio la cerimonia di canonizzazione del sacerdote francese Charles de Foucauld e di altri sei beati. È una grande gioia, sottolinea il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, padre Bernard Ardura. È una gioia, aggiunge, “per la sua famiglia spirituale, per la Chiesa dell’Africa del Nord”.
È arrivata la notizia con la data della canonizzazione…
Io mi ricordo che in occasione degli auguri alla Curia Romana dello scorso Natale dissi a Papa Francesco: aspettiamo questa canonizzazione. E lui mi rispose immediatamente: certo, voglio farla però bisogna aspettare. Ora abbiamo questa grande gioia. Una gioia per la famiglia spirituale di Charles de Foucauld. Una gioia per la Chiesa dell’Africa del Nord. Questo è importante perché questa Chiesa è costituita da piccole comunità formate da stranieri che vivono in Algeria, in Marocco, in Tunisia, in Libia. Per loro è molto importante che Charles de Foucauld diventi un segno universale. Queste Chiese non sono sole, non sono isolate ma appartengono alla Chiesa cattolica. E credo che questo sia molto importante per la coscienza, per la consapevolezza che queste Chiese hanno di se stesse come parte integrante della Chiesa cattolica.
Quale è la lezione di Charles de Foucauld?
Charles de Foucauld, quando si è convertito, ha capito una cosa: la mia vita deve essere interamente dedicata a Cristo. È questo che ha voluto vivere fino alla fine della sua vita. Charles de Foucauld ha voluto imitare Gesù, ha voluto riprodurre nella propria esistenza la vita di Gesù, le virtù di Gesù. Questo lo ha fatto, all’inizio, andando a vivere in Terra Santa, per vivere nella Terra frequentata da Gesù e dagli apostoli. Poi, poco a poco, la sua fede si è purificata, è maturata: ha capito che l’ambiente geografico non era essenziale. Ha capito che doveva vivere ogni giorno la vita di Gesù. E vivere interiormente questa comunione con Gesù. Per questo motivo è andato nel Sahara, dove ha vissuto tra soldati francesi, tutti battezzati ma miscredenti, e tra i musulmani. In questo contesto ha voluto essere un altro Cristo. È stato per loro un segno di un amore universale. E per questo poteva dire giustamente: io sono il fratello universale.
Un testimone del Vangelo
Prima di diventare “fratel Carlo di Gesù”, il giovane Charles, nato a Strasburgo il 15 settembre del 1858, intraprende la carriera militare. Nell’adolescenza accantona la fede, ma durante una pericolosa esplorazione in Marocco sorge in lui un interrogativo: “Dio esiste?”. “Mio Dio, se esistete, fate che io Vi conosca”, è la sua richiesta, che già assume i tratti di quella preghiera incessante che ne caratterizza l’intera vita. Rientrato in Francia, De Foucauld si mette in ricerca e chiede ad un sacerdote di istruirlo. Poi si reca in pellegrinaggio in Terra Santa. Nei luoghi della vita di Cristo, trova la sua vocazione: consacrarsi totalmente a Dio, imitando Gesù in una vita nascosta e silenziosa. Ordinato sacerdote a 43 anni (1901), Charles De Foucauld si reca nel deserto algerino del Sahara, prima a Beni Abbès, povero tra i più poveri, poi più a Sud a Tamanrasset con i Tuareg dell’Hoggar. Vive una vita di preghiera, meditando continuamente la Sacra Scrittura, nell’incessante desiderio di essere per ogni persona il “fratello universale”. Muore a 58 anni la sera del primo dicembre 1916, assassinato da una banda di predoni di passaggio. Benedetto XVI lo ha beatificato nel 2005.