Card. Zuppi: costruiamo un mondo amico, no a razzismi e intolleranze

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Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, durante la Messa di apertura del “Meeting per l’amicizia fra i popoli” a Rimini.

 

I profeti non chiudono gli occhi per immaginare quello che non esiste. Nella confusione minacciosa e angosciante della storia, nelle onde brutali delle pandemie, che sono parte della vita stessa, ci aiutano a vedere e cercare oggi, quando ancora non c’è, il nostro futuro, perché ci sia e perché ci sarà. Dio è nella storia, non fuori. Il vero oppio sono le tante dipendenze distribuite largamente da un mondo che non sa ascoltare più la parola di Dio come parola di amore che cambia sia noi che la storia. “La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”, afferma il profeta. È la visione che ci aiuta a comprendere il valore e la responsabilità di quello che viviamo qui, in questa piazza del mondo, che sembrava un sogno all’inizio, per qualcuno ingenuità. Quanto bisogno c’è di un mondo che diventi amico e in cui ognuno possa essere amico, costruendo comunione per l’intera famiglia umana. Certo, il sogno di un’amicizia di tutti i popoli si scontra con la tentazione di restare ripiegati in sé stessi o, peggio, di alzare nuove frontiere, con antagonismi e polarizzazioni che perdono l’insieme, con pregiudizi resistenti e amplificati dal digitale, con razzismi e intolleranze mai innocui e inerti perché sempre avvelenano e armano menti, cuori e mani. L’aria è inquinata da tanta epidemia di inimicizia, come vi ha scritto Papa Francesco. Il nostro impegno di cristiani, figli di un Dio “amico degli uomini”, è perché cresca il senso dell’appartenenza ad una famiglia – perché l’io esiste solo con tu e con il noi – e all’unica famiglia umana, senza la quale si perde il valore delle differenze. L’Io, sciolto da ogni legame, si crede l’Unico e sente gli altri estranei e nemici. Avete scritto bene: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”, perché l’amore di Dio, infatti, non finisce e dona vita a tutto ciò che è umano. Gesù chiama “amico” ognuno di noi, anche quando ci difendiamo da Lui o lo tradiamo, e lo fa fino alla fine sua e nostra perché l’amicizia non finisca e sia più forte di qualsiasi delusione e amarezza. Amici e non servi. Talora abbiamo paura di questa amicizia che prende ed impegna e preferiamo essere servi, in realtà padroni solo di noi stessi! Amici, non servi e amico, non padrone. Viviamo questi giorni, con tanti testimoni del passato e del presente, per essere anche noi testimoni di un’amicizia che non finisce, in un tempo fortemente e pericolosamente individualista, con le tante patologie che genera. L’individuo si ammala quando non trova il prossimo o pensa di poterne fare a meno e salvarsi da solo!
Papa Francesco vi ha chiesto di essere pronti a un’amicizia universale, che inizia nell’amicizia tra di voi ma non si chiude in un’etnia, ma è aperta a cogliere il bene che chiunque può portare alla vita di tutti. Ci aiuta il Vangelo di oggi. È una delle poche volte che va oltre i confini. È l’invito a noi ad andare fino ai confini della terra. Don Giussani diceva: “È abolita l’estraneità”. L’amore non ha confini e si sente a casa ovunque e tutto rende casa. Questa donna sa bene di essere straniera. È lei a cercare Gesù. Quante persone, in tanti modi anche scomposti e contraddittori, cercano un’amicizia vera, più forte del male. Questa donna grida perché ha bisogno di pietà. Il mondo non le è amico. Quante invocazioni della sofferenza si perdono nel nulla, senza risposta, nella tragedia delle guerre, nell’immensità del deserto, del mare, di un mondo ostile e indifferente perché non amico. È un incontro difficile quello tra Gesù e la donna siro-fenicia. Duro. Dialogare è anche fatica, perché bisogna superare tanti pregiudizi, la memoria e le ragioni di questi. Gesù sembra proprio volerli ricordare alla donna e ai suoi, per sconfiggerli.
L’incontro nell’amicizia è sempre generativo di qualcosa di nuovo, cambia tutti, Gesù, la cananea, i discepoli. Papa Francesco ama dire che nell’incontro non vince l’uno o l’altro, vince una cosa nuova. Quella donna che era sola e straniera, definita da questa etichetta, diventa invece quello che è, l’unica e originale persona da accogliere e amare. Gesù, e noi con Lui, non accetta l’estraneità ma la affronta perché nessuno per Lui è indifferente o nemico. Qui è Gesù che si misura con l’insistenza della donna, con una richiesta inaspettata, all’inizio fastidiosa, inopportuna. L’amicizia è più forte. Alla donna basta una briciola. Non pensa che il problema sia troppo grande e che non possa trovare la guarigione. Lei non si rassegna alla sofferenza, ama sua figlia e in Gesù ha intuito di aver trovato colui che può guarirla. Quell’incontro – che all’inizio appare impossibile – diventa il più bello, sorprendente, personale. “Avvenga per te come desideri”. Ecco la volontà di Gesù, che in realtà con gioia ha cambiato la nostra vita (molte volte senza nessuna insistenza da parte nostra, forse anzi qualche diffidenza!) e che ci affida perché tanti ne facciamo esperienza e il mondo diventi amico per tutti. Da quella donna impariamo a non vergognarci a chiedere, ad essere insistenti con la preghiera e l’amicizia con tutti, perché il desiderio di una vita piena trovi sempre la sua risposta. “La vera natura dell’amicizia è vivere liberamente insieme per il destino. Non possiamo dirci amici, se non amiamo il destino dell’altro sopra ogni cosa, al di là di qualsiasi tornaconto”. Ecco il nostro impegno per cambiare la storia e il mondo ridiventi amico e le persone amiche tra loro, così come Dio lo ha voluto. Laudato si’. Fratelli tutti. Amen.