Camilliani: la nostra Pasqua nelle corsie degli ospedali

Vatican News

Davide Dionisi – Città del Vaticano

Nella persona sofferente, i sentimenti di inutilità, abbandono, degrado fisico, emarginazione, perdita dell’autonomia, si combinano al dolore fisico e al disagio della malattia per costituire una dura prova. La cura dei malati diventa allora un aspetto fondamentale della carità e, insieme, dell’accoglienza e della misericordia. Lo è ancora di più in tempo di pandemia.

La testimonianza delle Figlie di San Camillo

Un tempo che ha visto in prima linea lungo le corsie degli ospedali e nei dispensari di tutto il mondo le Figlie di San Camillo che, attraverso la loro testimonianza e la loro presenza, ci ricordano che i malati non sono solo coloro i quali vivono nell’indigenza, ma anche quelli che necessitano della Parola di Dio. E’ ad essi che bisogna rivolgersi, in modo particolare con la preghiera, con l’apostolato, con l’azione pastorale e missionaria; è al loro dolore che va indirizzata la ricchezza della parola di Dio.

Ascolto e presenza costante

“Abbiamo vissuto, e continuiamo a vivere momenti terribili. Un giorno sono stata chiamata da un paziente che, nel suo profondo dolore, ha espresso il desiderio di morire. Di lì a poco avrebbe perso l’uso delle gambe e mi chiedeva che senso avrebbe avuto andare avanti. L’ho ascoltato e sono rimasta accanto a lui, cercando di confortarlo solo con la mia presenza. Mi ha telefonato pochi giorni fa ringraziandomi. Mi ha assicurato che continuerà a lottare per superare tutti gli ostacoli”. E’ uno dei tanti racconti  di Suor Lancy Ezhupara, religiosa delle Figlie di San Camillo, direttrice amministrativa dell’Ospedale San Camillo di Treviso, che  fin dall’inizio della diffusione del virus ha scelto di assistere i pazienti Covid.

Il quarto voto camilliano

“La forza del nostro quarto voto ci sprona a coltivare una dimensione che consente al malato, e a chi se ne prende cura, di affrontare con dignità la sofferenza. Non un rapporto freddo, ma l’incontro tra la fiducia di chi chiede speranza e la coscienza di chi è chiamato a offrire cure. Anche dove non può esserci la guarigione, nasce la speranza. E soprattutto misericordia, spiega la religiosa. Era l’8 dicembre 1591, quando Camillo de Lellis e i suoi compagni emisero la “Professione religiosa di voti solenni con un quarto voto di assistenza ai malati anche con pericolo di vita”. Aggiungendo il quarto voto ai voti di povertà, obbedienza e castità, i Chierici Regolari Ministri degli Infermi e le religiose Figlie di San Camillo, diedero avvio alla loro missione e alle loro opere di carità.

Siamo la loro famiglia

“Ogni giorno assistiamo pazienti che non possono avere contatti con i familiari. Siamo noi le persone care che si fanno carico delle loro esigenze. Lo saremo ancora di più in questi giorni di festa”, riprende Suor Lancy Ezhupara, aggiungendo che “i nostri complessi assistenziali sono diventati, oggi ancora di più, un segno della sollecitudine dell’Istituto verso i più deboli ed un singolare pulpito di evangelizzazione. Anzi, essi si collocano nel cuore della Chiesa: qui il Vangelo della carità viene proclamato e testimoniato; qui si rende visibile che non si può amare Cristo, che non vediamo, senza amare prima i fratelli, che invece vediamo, specialmente quelli più bisognosi”.

Ascolta l’intervista con Suor Lancy Ezhupara

Sull’esempio del Buon Samaritano

E’ il riferimento primo di una famiglia, tesa certamente al servizio quotidiano nei confronti di chi soffre sull’esempio del Buon Samaritano, ma che, al tempo stesso, è convinta che la preghiera e la contemplazione siano parte integrante della missione. E’ stata questa l’intuizione di San Camillo del Lellis e, in seguito, dei fondatori Santa Giuseppina Vannini e il Beato Padre Luigi Tezza, e resta una consegna valida per ciascuna consacrata. Aveva ben chiaro l’apostolo di Bucchianico quel che specialmente le Figlie di San Camillo rivelano ogni giorno per esperienza diretta e quotidiana: l’approccio con il malato deve essere “globale”; è tutto l’uomo che va aiutato a guarire mediante una sintonia di interventi, che non escludono il contributo indispensabile della preghiera.