Assegno per i figli, De Palo: cambio di paradigma, ora lavorare a riforma epocale

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Debora Donnini – Città del Vaticano

Sul tavolo del Consiglio dei ministri arriva il “decreto-ponte” con cui inizia il percorso verso l’assegno unico, la cui attuazione completa è stata rinviata al gennaio 2022. Intanto ora si introducono assegni per chi non li riceve, incapienti, autonomi e partite Iva. Si dovrebbe andare da 167,5 euro per figlio al mese a un minimo di 30, a seconda dell’Isee, con maggiorazione dal terzo figlio in su. Per ciascun figlio disabile è riconosciuto un importo maggiorato di 50 euro al mese. Dopo i 50mila euro di Isee non è previsto assegno. Dovrebbero anche esserci aumenti per i lavoratori dipendenti e pensionati: sarà assicurata una maggiorazione di 37,5 euro mensili a figlio. Se il nucleo ha dai 3 figli in su, l’aumento è di 55 euro mensili per ogni figlio. Il sistema delle detrazioni fiscali familiari resterà intatto sino a fine anno. Queste alcune delle misure che dovrebbero essere approvate.

Il figlio, bene comune

Agli Stati generali della natalità che si sono tenuti a maggio, lo stesso Papa Francesco ha ricordato che dopo fasi critiche non c’è ripartenza senza un’esplosione delle nascite. Non qualche “frettoloso aggiustamento”, per ripartire davvero bisogna puntare sulle famiglie: se queste ripartono, tutto riparte. Per il presidente del Forum delle Associazioni Familiari, Gigi De Palo, si rileva, intanto, un cambio di paradigma come spiega nell’intervista:

Ascolta l’intervista integrale a Gigi De Palo:

Siamo molto contenti del fatto che sia cambiata la mentalità. Finalmente il figlio viene considerato un bene comune e le famiglie non sono abbandonate a sé stesse. È un cambio di paradigma. La partita grande sarà adesso arrivare al primo di gennaio facendo una riforma fatta bene: facciamola come un capolavoro! Anche il presidente del Consiglio Draghi ha detto che sarà una riforma epocale. Per fare questo mancano ancora delle risorse, ma confidiamo nel fatto che tutto il mondo politico, il mondo mediatico, il mondo delle banche e delle imprese, vada in un’unica direzione perché questa è una svolta epocale per le famiglie italiane.

Alcune famiglie temono che percepiranno meno soldi rispetto a prima con l’introduzione dell’assegno unico. È così? Sono previsti eventualmente dei correttivi?

È una partita ancora da giocare perché tutto si vedrà il primo gennaio 2022. Quindi bisognerà lavorare soprattutto da novembre affinché nella legge di bilancio ci siano le risorse giuste. Il rischio c’è ma di fatto abbiamo anche molta fiducia nelle parole del presidente Draghi che ne ha parlato in maniera molto chiara. Noi monitoreremo la situazione. Dico anche di più: è prevista una clausola di salvaguardia per fare in modo che nessuno ci vada a perdere. Ma non basta che ci sia un pareggio: tutte le famiglie devono vincere, perché questo Paese riparte, se ripartono le famiglie.

Secondo lei, dopo, sarà possibile avere un assegno più consistente e a prescindere dal reddito, in quanto non misura di aiuto alla povertà ma riconoscimento della ricchezza anche economica che i figli, e con loro i genitori, portano al Paese Italia?

Assolutamente sì. Le famiglie sono un valore aggiunto del Paese. Non solo: le famiglie povere in Italia hanno molte più tutele rispetto alle loro “colleghe” francesi o svedesi.  Questo vuol dire che in Italia manca un riconoscimento per il ceto medio. E il rischio è che a forza di andare a mettere in difficoltà il ceto medio, aumentano poi le famiglie che vanno in difficoltà. Invece se aiutiamo il ceto medio, se rendiamo questa misura universale come è in altri Paesi europei, allora le cose possono cambiare. Bisogna però fare un salto di qualità perché spesso e volentieri noi immaginiamo che una misura per essere equa deve aiutare le famiglie in difficoltà. Invece deve aiutare tutte le famiglie e deve mettere nelle condizioni di far realizzare ai giovani i loro sogni e loro desideri.

Avere figli non dovrebbe voler dire impoverirsi perché le famiglie in realtà creano un futuro sostenibile per le pensioni, il welfare eccetera. È così?

Se crolla la natalità, crolla tutto perché meno figli oggi vuol dire meno pensioni, meno PIL, meno welfare e soprattutto sanità a pagamento. Dico anche in maniera molto chiara che l’assegno unico da solo non fa ripartire la natalità e non inverte la tendenza: c’è da lavorare su questo assegno ponte, poi sarà da fare bene l’assegno unico in modo che nessuna famiglia ci perda ma che ci sia un guadagno per tutti. Poi ci sarà da fare una riforma fiscale che tenga conto finalmente della composizione familiare e del numero di figli e da lavorare seriamente nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) cercando di fare in modo che oltre ai servizi – quindi oltre agli asili – ci siano anche delle misure che facciano ripartire in maniera chiara la natalità. Un pacchetto di questo tipo per i prossimi anni può creare fiducia e può far ripartire la natalità. Altrimenti, una sola di queste misure non porta da nessuna parte.