Arrieta: Praedicate Evangelium, una riforma nel segno della comunione

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Gabriella Ceraso e Benedetta Capelli  – Città del Vaticano

Comunione con il Papa, servizio alla Chiesa, confronto costruttivo per leggere i segni dei tempi. Sono alcune delle indicazioni che monsignor Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, sottolinea nel giorno in cui entra in vigore la Costituzione Apostolica, Praedicate Evangelium.

Ascolta l’intervista a monsignor Arrieta

La Curia, che da anni ha iniziato un processo di rinnovamento, arriva con la nuova costituzione Praedicate Evangelium ad un nuovo traguardo. Quali sono i principi e i valori su cui si fonda questa riforma?

Anzitutto si pone in una linea di continuità con quello che rappresenta la Curia. La Curia è un organismo al servizio del Papa, con il Papa per il governo della Chiesa universale, e ha senso nella misura in cui è unita con il Papa, quindi questo viene ribadito, questo rimane. Effettivamente in questa organizzazione della Curia quello che viene sottolineato sono alcuni principi caratteristici della riforma che vengono enunciati all’inizio del testo. Sono formulati in 12 nuovi principi.  Io direi che si possono riassumere in tre indicazioni da leggere in una chiave di comunione. Uno è il servizio al Papa: la Curia è al servizio del Papa e ha senso nel servizio al Papa. Il secondo è il servizio all’episcopato, alla Chiesa e ai pastori della Chiesa universale e quindi in comunione con loro, nel bisogno di ascoltarli, di risolvere le questioni insieme e in dialogo con loro, tenendo conto delle loro necessità. In terzo luogo in comunione anche tra le persone che lavorano all’interno della Curia, il che significa muoversi in équipe  e ascoltarsi, confrontarsi, un’esigenza di comunione per fare il lavoro vero.

Si può dare una lettura complessiva di quanto la Chiesa ha compiuto nel tempo dalla Pastor Bonus alla Praedicate Evangelium?

Ci sono state tante riforme perché la Curia è un organismo che deve adattarsi continuamente alle esigenze della Chiesa che cambiano con i tempi. Pochi anni dopo la Pastor Bonus, sotto Giovanni Paolo II, è stato abolito il dicastero per i non credenti e con l’arrivo di Papa Benedetto è stato creato un nuovo dicastero, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Nel frattempo sono stati apportati tanti cambiamenti di competenze tra gli organismi. Questo è stato fatto nel pontificato di Francesco, ma anche negli ultimi anni di Papa Benedetto sono stati creati dei nuovi organismi legati anche ai cambiamenti nella comunità internazionale, nella società attuale, nel controllo finanziario, nella vigilanza. Insomma tante novità che hanno dato vita a nuovi organismi necessari perché la Santa Sede possa avere una presenza anche in ambito internazionale e possa muoversi attraverso gli organismi internazionali attraverso le attività di pace e di unità di cui si occupa la diplomazia vaticana, i nunzi… eccetera. Era necessario adattare la Curia e la Santa Sede alle esigenze internazionali e quello che ha fatto adesso la Costituzione Apostolica è stato di mettere in ordine tutte queste riforme.

Con l’entrata in vigore di questa riforma che chiede alla Curia di essere a servizio dell’evangelizzazione, e dunque in uscita, sono prevedibili dei cambiamenti nel rapporto con le Chiese nel mondo?

Una delle caratteristiche di questa riforma è che non si cura solo degli organismi, non si concentra soltanto sull’organigramma, sulla descrizione dello staff ma soprattutto definisce uno stile di governo, uno stile di gestione delle cose. Si parla sempre puntualmente della necessità di risolvere le questioni di cui hanno competenza i dicasteri in dialogo e a confronto con l’episcopato, con i vescovi delle Conferenze episcopali principalmente, in uno stile pastorale e di comunione.

E quindi probabilmente questo verrà colto, assimilato e comunicato al territorio…

Questa è, in un certo senso, una sfida permanente, nel modo di lavorare, nel modo di riflettere, e un arricchimento reciproco, perché da questo confronto tra la Curia e il mondo, si cresce e si governa in termini universali.

A maggior ragione, quindi si può dire che anche la redazione della Praedicate Evangelium sia stata frutto, ma anche esercizio di sinodalità?

È stato un lavoro lungo, come si sa, è stato un lavoro notevole nel seno della Commissione cardinalizia voluta dal Papa, nella quale sono state sentite persone di tutti i continenti, con un lavoro corale, di persone consultate e che hanno seguito e portato avanti il testo della Riforma.