Alla scuola dei poveri

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Affrontare il dramma della povertà multidimensionale con azioni concrete e generative, capaci di coinvolgere, promuovere e dare frutti. È quello che fa la Chiesa cattolica italiana: dal 1991 a oggi, con i fondi dell’8xmille, ha sostenuto oltre 18000 progetti in 108 Paesi per più di due miliardi e mezzo di euro. Sono segni di solidarietà che seminano speranza e si realizzano anche grazie a tanti volontari, sacerdoti, persone consacrate, laici e laiche che si mettono a disposizione per ascoltare e sostenere i più poveri, oltre un miliardo di persone, metà delle quali minori. Come testimonia Tony, volontario di Caritas Lebanon Youth, il dipartimento giovani della Caritas libanese che si è prontamente attivato accanto al team di emergenza sia in seguito alla terribile esplosione nel porto di Beirut dell’agosto del 2020, sia dopo il terremoto del 6 febbraio del 2023, sia nella drammatica situazione attuale per assistere centinaia di migliaia di nuovi sfollati in tutto il Paese e distribuire generi di conforto. Tony è stato fra i primi a prestare soccorso dopo l’esplosione del 2020: “avevo ventun anni e ho coordinato 1200 volontari. Per 64 giorni dal momento dell’esplosione, io e gli altri volontari, soprattutto i team leader, non siamo mai tornati a casa. Chi poteva andava dalle proprie famiglie alle 4 del mattino, giusto il tempo di una doccia e di un caffè, per poi mettersi nuovamente in servizio. Siamo stati nei centri operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questa è stata la mia vita per più di due mesi. Oggi la guerra ha tolto la speranza a tanti giovani che nonostante tutto credevano ancora nel dialogo costringendoli all’esodo. Non li biasimo, capisco la loro scelta. La mia, per ora, è di restare. Ma non so fino a quando”.
Carmen invece ha lasciato il cuore in Madagascar, a Nosy Be, dove ha svolto un periodo di volontariato in una scuola della Congregazione di San Giovanni Battista per insegnare l’italiano a 600 bambini e dare loro la possibilità di un futuro lavorativo nel settore del turismo. “Saranno stati – racconta – i tramonti, i cieli stellati, i paesaggi e i profumi speziati. Saranno state l’allegria e l’accoglienza delle suore, l’amicizia nata con gli altri volontari, o forse i bambini che chiedono tanto affetto ed in cambio ti regalano un amore che non meriti. Saranno state le loro storie ad entrarmi dentro, quelle di povertà estrema e di abbandono. O forse le ore di lezione d’italiano passate a giocare e ad imparare insieme, o i momenti di ricreazione in cui diventavamo compagni di gioco e di ballo. Comunque sia, da tutto questo ho imparato che nonostante la fatica di alzarsi all’alba, la scomodità di riempire secchi d’acqua dal pozzo per lavarsi, c’è una semplicità della vita che dà pienezza”.
Alcuni volontari sono stati vittime a loro volta, come Rose che ora è consulente psicologica. “Sono fuggita dal villaggio di Al Yacoubieh nella provincia di Idlib dal 2012. Abbiamo lasciato tutto e ci siamo diretti a Latakia. Non potrò mai dimenticare il calore con cui siamo stati accolti dai frati francescani. Rimarranno sempre nella mia memoria i momenti che ci hanno ridato un po’ di serenità: imparavamo e ci divertivamo insieme, condividendo i momenti più allegri e quelli più difficili, proprio come una grande famiglia. Avevamo anche sessioni psicologiche speciali che ci aiutavano a superare il trauma dell’evacuazione dai nostri villaggi. Oggi, grazie ai miei studi, sto cercando di restituire un po’ di quanto ho ricevuto, accompagnando e sostenendo 20 bambini orfani del progetto ‘Casa dei Bambini’, in un percorso terapeutico che consenta loro di elaborare la drammaticità di quanto hanno vissuto e ricominciare a vivere in un ambiente il più familiare possibile, contenitivo, che sia in grado di ridare prospettive e fiducia a questi bambini vulnerabili”. Sono solo alcuni di quei “segni tangibili per un futuro migliore” che nel cammino verso l’Anno Santo Papa Francesco chiede di metter in atto per essere “pellegrini di speranza”. Con l’invito a custodire “i piccoli particolari dell’amore”: fermarsi, avvicinarsi, dare un po’ di attenzione, un sorriso, una carezza, una parola di conforto. Perché i poveri, ricorda il Papa nel Messaggio per la VIII Giornata Mondiale dei Poveri del 17 novembre, “hanno ancora molto da insegnare, perché in una cultura che ha messo al primo posto la ricchezza e spesso sacrifica la dignità delle persone sull’altare dei beni materiali, loro remano contro corrente evidenziando che l’essenziale per la vita è ben altro”.