Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Lo sguardo, al Policlinico Gemelli, l’ospedale che San Giovanni Paolo II definì il “Vaticano III”, dopo le sue numerose degenze, è alle cinque finestre del decimo piano, da ieri coperte da tendoni bianchi. È lì che Papa Francesco ha trascorso la notte dopo l’operazione di ieri, durata tre ore, di stenosi diverticolare del sigma. Seppur nel tran-tran generale dell’enorme nosocomio, tra barelle e ambulanze, pazienti in carrozzina, al telefono o con fogli in mano, e nel via vai di medici e infermieri, l’atmosfera è di grande sobrietà. E grande è anche la riservatezza da parte del personale del Gemelli come pure dei pazienti lì ricoverati o di passaggio. La stessa riservatezza che lo stesso Pontefice, giunto ieri pomeriggio in un’utilitaria, con un seguito ridotto, ha voluto per il suo ricovero.
Le preghiere della gente
Nel piazzale dell’ospedale, dove campeggia la statua in marmo bianco di Karol Wojtyla, realizzato dallo scultore toscano Stefano Pierotti, non ci sono quindi simboli, striscioni o particolari manifestazioni. Della presenza del Papa se ne parla al bar e alla tavola calda interna dell’ospedale – dove si vedono girare diversi gendarmi -, tra sussurri e telefonate ai parenti. “D’altronde il Papa sta bene. Ieri è stato molto rassicurante sapere subito dalla Santa Sede che l’operazione era programmata”, dice un sacerdote, intento a recitare il Rosario per il papà degente al Gemelli “e naturalmente anche per il caro Francesco”.
Non è l’unico a pregare per il Papa dalle 15 del pomeriggio di ieri, quando un comunicato della Sala Stampa vaticana ha diffuso la notizia del ricovero. Un gruppo di pazienti, poche ore dopo, si è riunito spontaneamente nella cappella dedicata a san Giuseppe Moscati. Una coppia all’uscita dell’ospedale racconta: “Siamo qui per caso per una figlia che sta facendo delle analisi, ieri abbiamo appreso dai giornali del ricovero del Papa. Quindi siamo andati in cappella e abbiamo unito le preghiere per nostra figlia a quelle per Francesco”, dice la mamma, “gli auguriamo che si riprenda subito perché abbiamo bisogno”. “Francesco è un grande”, fa eco il papà, “assolutamente un grande uomo e merita qualsiasi bene”.
Gli auguri di pronta guarigione
“È un grande”, lo ripete pure una ragazza accompagnata nell’atrio dal suo medico curante, il quale esprime gli auspici da parte della comunità del Gemelli di pronta guarigione al Papa. “Sì, – lo incalza lei – anche perché il Papa lo vogliamo vedere dalla finestra del Vaticano, non qui in un letto di ospedale. Anche se qui sta in buone mani, eh! Gli auguriamo davvero il meglio o, anzi, che il bene che ha fatto gli torni indietro”. “La Madonnina prega per lui”, assicura invece timidamente una suora, una delle tante che prestano servizio volontario tra i malati, che va di corsa nelle scale.
Le lunghe dirette dei media
Di corsa vanno anche i tanti giornalisti, assiepati davanti alla cancellata d’ingresso del Gemelli oppure nel parcheggio superiore in mezzo ad alberi e cespugli, ognuno posizionato per avere la migliore visuale sulle cinque finestre dell’“appartamentino” del Pontefice, che comprende anche una piccola cappella personale. Reporter e cronisti si sono fiondati dalle redazioni poco dopo le 15 di ieri e sono rimasti fino a notte inoltrata, in piedi quasi per nove ore di fila. Tavolini, sedie da campeggio, cartoni di pizza sono sparsi nel prato, ma soprattutto ombrelli e ombrelloni per ripararsi dalla forte calura romana. “Ricordo uno dei ricoveri di Papa Wojtyla”, racconta una giornalista di lunga data. “Eravamo proprio qui ma era febbraio, faceva freddissimo, stavamo in camper e bevevamo la grappa per riscaldarci”.