La mostra “Frammenti di Speranza” racconta lo straordinario restauro del Crocifisso di Sant’Eutizio, andato in pezzi a seguito del terremoto del 2016. Restituendo al pubblico un’opera che in sé racchiude arte, fede e devozione, il Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani inaugura le celebrazioni del primo centenario di attività
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Una bellezza ritrovata che conserva però i segni della sofferenza vissuta dalle popolazioni del centro Italia nell’autunno del 2016 quando la terra sembrava non voler smettere di tremare, seminando morte, paura e distruzione. Il 26 ottobre di quell’anno, era un mercoledì, una forte scossa provocò il crollo, tra gli altri edifici, del campanile dell’antica chiesa monastica di Sant’Eutizio nella Valle Castoriana nei pressi di Preci, in provincia di Perugia. La frana che ne seguì investì anche il cimitero soprastante.
Il recupero tra le macerie
I forti movimenti tellurici scaraventarono a terra l’imponente Crocifisso che dominava lo spazio sopra l’altare della cappella del complesso benedettino. Di quel mirabile capolavoro dipinto da Nicola di Ulisse da Siena intorno al 1472 rimasero circa 30 frammenti. Restarono a terra per alcune settimane, confusi tra le macerie e la polvere delle mura venute giù.
A recuperarli tra le pietre delle rovine furono i Vigili del Fuoco insieme ad un team di alcuni dei 36 restauratori del Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani.
Un doloroso puzzle
Fin dalle prime ispezioni effettuate nel deposito spoletino di Santo Chiodo dove sono state trasportate le opere d’arte provenienti dai luoghi del terremoto, furono subito evidenti l’estrema drammaticità dello stato di conservazione, così come la delicatezza e complessità dell’intervento di recupero che come un doloroso puzzle si prospettava per le maestranze delle collezioni pontificie. È grazie alla loro professionalità ed esperienza ormai centenaria se ora il Crocifisso di Sant’Eutizio ha ritrovato bellezza e può tornare a farsi ammirare dagli appassionati di storia dell’arte e dai tanti fedeli per i quali è simbolo spirituale di fede e speranza.
Arte per pregare
Il manufatto sarà visibile da oggi, per un periodo limitato, nella mostra “Frammenti di speranza” allestita nella sala XVII della Pinacoteca Vaticana. “Abbiamo bisogno di speranza”, spiega a Vatican News il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta che cita le parole di Papa Francesco rivolte alle popolazioni colpite dal sisma nell’udienza del 5 gennaio 2017 in Aula Paolo VI:
“Questo è quello che abbiamo fatto”, dice Jatta: “Ci abbiamo messo il cuore, ci abbiamo messo le nostre mani e le mani di tante, tante persone che hanno voluto ridare all’Arcidiocesi di Spoleto, al culto, ma soprattutto a tutti i fedeli un’opera chiave per il territorio, proveniente dall’importante eremo di Sant’Eutizio che era stato completamente distrutto durante il terremoto”.
“Quest’opera sembrava completamente persa, non si leggeva più. Erano veramente 30 frammenti completamente slegati, che abbiamo amorevolmente restituito con il cuore e con le mani. Abbiamo voluto esporla qui, all’interno dei Musei Vaticani per testimoniare, ai nostri visitatori cosa il cuore e le mani possono fare in situazioni che sembrano drammatiche”. Terminata l’esposizione, il crocifisso tornerà nel territorio in cui oltre cinquecento anni fa fu voluto dai monaci quale strumento di contemplazione spirituale e preghiera.
“Per tutta l’estate – precisa il direttore dei Musei Vaticani – l’opera sarà esposta a Spoleto all’interno del Museo Diocesano. In seguito l’Arcivescovo deciderà se riportarla nel luogo di provenienza”. Attualmente l’eremo di Sant’Eutizio è ancora danneggiato. Ad annunciarne l’imminenente ricostruzione al Papa è stato proprio monsignor Boccardo lo scorso 17 settembre quando insieme a ragazzi, catechisti e animatori è stato ricevuto in Vaticano. In quell’occasione Francesco ha benedetto una delle pietre estratte dalle macerie dell’abbazia.
Forza e speranza
Commovente contemplare la speranza e la forza che irradiano dal Crocifisso di Nicola di Ulissa da Siena. Il corpo di Gesù, dalle forme morbide, è reso con particolare attenzione ai dettagli anatomici: esanime, ormai privo di vita; emerge dal fondo blu, monocromo della croce.
Nella composizione domina l’essenzialità finalizzata alla meditazione della morte di Cristo: a differenza di altri modelli della stessa tradizione iconografica infatti non sono presenti figure di dolenti, santi solitamente posti ai lati del Crocifisso.
In alto, sulla sommità del legno patibolare spicca il pellicano: simbolo del sacrificio del Signore. Il volatile è ritratto mentre apre le ali, in procinto di squarciarsi il petto per nutrire con il suo sangue i piccoli che, più in basso, attendono di essere saziati.
L’abilità di Nicola di Ulisse di Siena si coglie, tra gli altri elementi, nella maestria con cui rende la trasparenza del velo intorno alla vita impreziosito da un raffinato orlo perlinato. Il pittore guarda alla poesia dell’arte del conterraneo Giovanni di Paolo, distaccandosene nell’adozione di un registro più quotidiano e umano.
Il restauro
Il progetto di restauro è partito nel luglio del 2018 quando i frammenti sono stati trasferiti nei Laboratori di Restauro dei Musei Vaticani. Qui è avvenuto il loro riordino e posizionamento su di un piano che ha consentito di valutare le effettive perdite della struttura originale. A questo punto ci si è resi conto che il recupero dell’unità dell’opera era possibile.
Dallo sgomento alla speranza
“Questa mostra è un segno di speranza”, rimarca a Vatican News anche la responsabile del Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani, Francesca Persegati.
Un lavoro a più mani
“Quando abbiamo adottato questo lavoro e abbiamo visto arrivare gli oltre trenta frammenti c’è stato un momento di sgomento e solo quando li abbiamo posizionati su un tavolo abbiamo capito che forse potevamo farcela: a quel punto è iniziato un lavoro a più mani, come dice il Papa. Nel restauro infatti – prosegue la responsabile del Laboratorio – intervengono diverse competenze. Non si può lavorare da soli. Noi del settore dipinti con i nostri colleghi specializzati sui supporti lignei ed il laboratorio scientifico, abbiamo iniziato a valutare tutti i dettagli tecnici, i giusti adesivi, come livellare le varie parti, che tipo di supporto creare per poter arrivare a ricomporre e poi decidere cosa mancava e cosa fare”.
Il Crocifisso è stato dotato sul retro di una struttura lignea, ricalcata su quella preesistente, per garantirne stabilità ed esposizione in sicurezza. Si è poi provveduto al rifacimento a tratteggio delle parti mancanti in due lobi delle estremità della croce, nello specifico l’ala destra del pellicano e una parte di sfondo azzurro in basso a sinistra, per consentire la rilettura unitaria dell’immagine e di alcuni segmenti della cornice perimetrale.
Quindi i restauratori hanno eseguito la pulitura e utilizzando miscele solventi, hanno rimosso vernici alterate, stese in passato ed individuate dalle analisi del Gabinetto di Ricerche Scientifiche applicate ai Beni Culturali dei Musei Vaticani, pur rispettando le reintegrazioni delle lacune preesistenti.
In occasione del restauro l’arcivescovo di Spoleto – Norcia, monsignor Renato Boccardo, ha composto una preghiera, espressione della fede di un popolo che dopo la prova si è rialzato come il Crocifisso di Nicola da Ulisse, caduto a terra, solcato e segnato dall’urto con le pietre, ma oggi di nuovo innalzato per la contemplazione e la lode:
I 100 anni del Laboratorio Restauro
Con la ricostruzione del Crocifisso di Sant’Eutizio e la mostra ad esso dedicata prende ufficialmente avvio il centenario di attività del Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei. “Siamo una delle istituzioni più antiche a livello mondiale nel settore della conservazione”, precisa ancora Francesca Persegati: “Siamo stati fondati da Biagio Biagetti un secolo fa con dei criteri precisi che sono anche molto moderni: ad esempio il criterio di controllo e conoscenza del territorio che bisogna proteggere e conservare; il criterio di realizzare un archivio perché il nostro lavoro non è solo restaurare, ma anche documentare tutto ciò che si fa, perché rimanga per il futuro, per chi dovrà fare lo stesso lavoro negli anni a seguire. Oltre a questa mostra vorremmo realizzare un percorso interattivo che possa far cogliere ai visitatori dei Musei Vaticani che hanno sempre molta fretta e tanto da vedere, dettagli di alcune opere che solitamente non si conoscono, sfuggono, e che il restauratore viene a conoscere lavorando sempre insieme al curatore e alla parte scientifica. Infine nel 2024 speriamo di pubblicare un volume scientifico sulla storia, l’identità e l’evoluzione del nostro Laboratorio”.
Mani e cuore che restituiscono bellezza e speranza
“Questo centenario – dichiara da parte sua Barbara Jatta – è importante” perchè commemora l’intuizione di Pio XI nel 1923 di “dare forma istituzionale ad una prassi che da secoli regnava nelle collezioni pontificie: quella della cura dell’enorme patrimonio storico, artistico e di fede conservato in Vaticano per una condivisione migliore con le generazioni presenti e future. Si tratta del Laboratorio di tradizione più antica che abbiamo ai Musei, e anche quello più numeroso in termini di persone. Questo è un centenario importante perchè racconta di tante cose fatte: dal ‘restauro del secolo’ della Cappella Sistina a quello delle Stanze di Raffaello, o dell’appartamento Borgia; ma anche tanti altri restauri: da quello recente della Salus Populi Romani a questo del Crocifisso di Sant’Eutizio che non è un’opera delle nostre collezioni, ma testimonia l’attenzione dei Musei del Papa alle opere di devozione presenti sul territorio. Un’attenzione che si esprime attraverso la conoscenza e il bagaglio culturale che i nostri professionisti tecnici restauratori altamente specializzati portano avanti da secoli”. Mani e cuore che restituiscono bellezza e speranza.