Elvira Ragosta – Città del Vaticano
L’ auto su cui viaggiavano le due giudici è stata avvicinata da una moto con due uomini a bordo che hanno sparato colpi d’arma da fuoco. L’agguato non è stato rivendicato, ma si tratta delle ultime vittime di una serie di omicidi che da diversi mesi colpiscono figure della società civile, tra cui medici, giornalisti, politici attivisti e pubblici ministeri. Il capo della commissione indipendente afghana dei diritti umani, Shaharzad Akbar, ha condannato l’accaduto di ieri, definendo gli omicidi un “massacro sistematico”. La Corte suprema dell’Afghanistan, che si compone di 200 giudici donne, era già stata presa di mira nel febbraio del 2017, quando un kamikaze si fece esplodere tra un gruppo di impiegati del tribunale, uccidendone 20 e ferendone 41. Questo mentre l’Onu lancia l’allarme fame per 18 milioni di afghani e chiede finanziamenti peri 1,3 miliardi di dollari.
Per i continui attacchi è stato l’inviato Usa delle Nazioni Unite a Kabul, Ross Wilson, a puntare il dito contro gli integralisti islamici, accusati di aver effettuato più di 18mila attentati nel 2020. “I talebani dovrebbero capire che tali azioni di cui sono responsabili indignano il mondo e devono cessare se si vuole che la pace arrivi in Afghanistan” ha scritto su twitter, chiedendo un’indagine “immediata”.
Per il professor Riccardo Redaelli, Direttore del master in Studi mediorientali all’Università Cattolica, quanto accaduto domenica in Afghanistan “è, purtroppo l’ennesima dimostrazione che i talebani, anche se hanno smentito il loro coinvolgimento, o gruppi dentro a questa galassia dei talebani, porta avanti il loro percorso, che non è più quello di eliminare la tv, spegnere la radio o la musica, ma è altrettanto velenoso per l’Afghanistan, cioè silenziare le voci dei cronisti, dei giudici donne. In vista di un accordo politico, aumenta la loro pressione militare nelle province e la loro pressione sulla popolazione con una serie di violenze che va avanti da tantissimo tempo”.
Usa riducono truppe in Afghanistan
L’assassinio delle due giudici avviene due giorni dopo che il Pentagono ha annunciato di aver ridotto il numero delle truppe statunitensi in Afghanistan a 2.500 unità, il numero più basso degli ultimi due decenni. Le autorità afghane attribuiscono l’ondata di violenza al rilascio lo scorso anno di 5mila combattenti talebani nell’ambito di un accordo tra l’amministrazione Trump e i talebani per portali al tavolo dei negoziati.
I colloqui di pace con i talebani
Quest’ondata di violenza del Paese avviene mentre proseguono da settembre i colloqui di pace in Qatar tra Kabul e i talebani. Domenica intanto, si è tenuto un altro incontro ad alto livello tra i delegati talebani, l’inviato speciale degli Usa per l’Afghanistan, Zalmay Khalilzad, e il capo delle forze statunitensi a Kabul, il generale Scott Miller. Da parte degli insorti è giunta nuovamente la richiesta di rilascio dei combattenti ancora incarcerati, insieme alla rimozione dalla lista nera delle Nazioni Unite. Il presidente afghano, Ashraf Ghani, accusa gli integralisti di aver lanciato una “guerra illegittima”. “Il governo – si legge in un comunicato della presidenza – ribadisce ancora una volta il suo appello ai talebani che violenza, terrore, brutalità e crimini prolungheranno solo la guerra nel Paese”. Per quanto riguarda gli sviluppi dei colloqui di pace il professor Redaelli sottolinea: “La situazione è molto critica. Dentro il fronte di Kabul, che è molto diviso tra chi vuole un accordo con i talebani e chi cerca di resistere, si è capito che occorre fare concessioni; mentre dall’altra parte i talebani sono una galassia molto divisa, ci sono le interferenze regioni e il fatto che gli Stati Uniti e la Nato sembrano voler abbandonare il Paese rafforza la posizione degli estremisti dei talebani e indebolisce Kabul”.