Abusi, Francesco: formazione e ascolto creano una cultura della prevenzione

Vatican News

Il Papa ha ricevuto in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalla Conferenza episcopale italiana sulla tutela dei minori e delle persone vulnerabili e ha ricevuto i risultati dell’indagine sulle attività dei Servizi e dei Centri di ascolto territoriali: sono ferite laceranti di cui prendersi cura, “questa è la strada per creare fiducia, la fiducia che porta ad un reale rinnovamento”

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Custodire, ascoltare, curare. Attraverso questi tre verbi si sviluppa il discorso di Papa Francesco rivolto ai partecipanti al primo incontro nazionale, promosso dalla Conferenza episcopale italiana, dei Servizi e dei Centri di ascolto territoriali per la tutela dei minori e dei più vulnerabili. Il Pontefice li ha accolti “nella giornata in cui, per il terzo anno, tutte le comunità ecclesiali in Italia sono coinvolte nella preghiera, nella richiesta di perdono e nella sensibilizzazione riguardo a questa dolorosa realtà”. Questo aspetto, ha osservato Francesco, è importante: “il coinvolgimento di tutto il popolo di Dio”. “Non ci possiamo fermare – ha affermato il Papa – nell’azione di tutela dei minori e dei vulnerabili e, allo stesso tempo, di contrasto a ogni forma di abuso, sessuale, di potere o di coscienza”.

Un impegno prezioso sia per le vittime sia per la comunità

Al Papa sono stati consegnati i risultati della rilevazione sulle attività dei Servizi e dei Centri di ascolto territoriali.

Mettono in luce proprio il bene che sapete compiere sul territorio, facendovi prossimi a chi ha patito una ferita lacerante. Quello che state facendo è prezioso sia per le vittime sia per tutta la comunità ecclesiale. Emerge da queste pagine la testimonianza di un impegno costante e condiviso. Questa è la strada per creare fiducia, la fiducia che porta ad un reale rinnovamento.

Custodire

Francesco ha dunque indicato nei tre verbi “custodire, ascoltare e curare” le direttrici fondamentali da cui “trarre orientamento per ogni iniziativa”. Innanzitutto, custodire:

Partecipare attivamente al dolore delle persone ferite e far sì che tutta la comunità sia responsabile della protezione dei minori e di chi è più vulnerabile. Tutta la comunità cristiana, nella ricchezza delle sue componenti e competenze, dev’essere coinvolta, perché l’azione di tutela è parte integrante della missione della Chiesa nella costruzione del Regno di Dio. Custodire significa orientare il proprio cuore, il proprio sguardo e il proprio operato a favore dei più piccoli e indifesi. Custodire il cuore significa questo. È un percorso che richiede un rinnovamento interiore, e comunitario, nella giustizia e nella verità.

Il Papa ha sottolineato che il custodire, con la finalità di una protezione integrale, non può ammettere silenzi.

Chi custodisce, chi custodisce il proprio cuore, sa che «nessun silenzio o occultamento può essere accettato in tema di abusi»: questa non è materia negoziabile; e sa anche che è importante «perseguire l’accertamento della verità e il ristabilimento della giustizia all’interno della comunità ecclesiale, anche in quei casi in cui determinati comportamenti non siano considerati reati per la legge dello Stato, ma lo sono per la normativa canonica» (cfr Cei-Cism, Linee Guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili). Custodire vuol dire anche prevenire le occasioni di male, e questo è possibile soltanto attraverso una costante attività di formazione, volta a diffondere sensibilità e attenzione alla tutela dei più fragili.

Parlando a braccio, il Papa ha poi aggiunto che la piaga degli abusi è un dramma che riguarda tutti gli ambiti della società, soprattutto quelli del tessuto familiare.

Pensate che, secondo le statistiche mondiali, tra il 42 e il 46 per cento gli abusi si fanno in famiglia o nel quartiere. Zitto, si copre tutto: gli zii, i nonni, i fratelli, tutto. Poi, nel mondo dello sport, poi, nelle scuole e così via.

Ascoltare

L’incontro promosso dalla Conferenza episcopale italiana per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili è incentrato sul tema “La bellezza ferita. «Curerò la tua ferita e ti guarirò dalle tue piaghe» (Ger 30,17)”. Per curare le ferite è necessario anche saper ascoltare. Proprio questa capacità cruciale è il secondo elemento indicato da Francesco:  

Per custodire occorre saper ascoltare, mettendo da parte ogni forma di protagonismo e interesse personale. L’ascolto è movimento del cuore ed è anche un’opzione fondamentale per mettere al centro di ogni nostra azione chi ha sofferto o sta soffrendo e chi è più fragile e vulnerabile. Pensiamo a Gesù che accoglie i bambini e tutti i “piccoli” (cfr Mt 19,14). L’ascolto delle vittime è il passo necessario per far crescere una cultura della prevenzione, che si concretizza nella formazione di tutta la comunità, nell’attuazione di procedure e buone prassi, nella vigilanza e in quella limpidezza dell’agire che costruisce e rinnova la fiducia.

Francesco ha quindi sottolineato che “solo l’ascolto del dolore delle persone che hanno sofferto questi terribili crimini apre alla solidarietà e spinge a fare tutto il possibile perché l’abuso non si ripeta”.

Questa è l’unica via per condividere realmente ciò che è accaduto nella vita di una vittima, così da sentirsi interpellati a un rinnovamento personale e comunitario. Siamo chiamati a una reazione morale, a promuovere e a testimoniare la vicinanza verso coloro che sono stati feriti da un abuso. Saper ascoltare è prendersi cura delle vittime.

Curare

Il terzo passo imprescindibile indicato da Francesco è quello conclusivo: “Solo percorrendo la strada del custodire e dell’ascoltare è possibile curare”.

In questo tempo si è diffusa la cultura dello scarto, al contrario delle cose evangeliche; le nostre comunità devono essere una salutare provocazione per la società, nella loro capacità di farsi carico degli errori del passato e di aprire percorsi nuovi. La “cura” delle ferite è anche opera di giustizia. Proprio per questo è importante perseguire coloro che commettono tali crimini, ancor più se in contesti ecclesiali. E loro stessi hanno il dovere morale di una profonda conversione personale, che conduca al riconoscimento della propria infedeltà vocazionale, alla ripresa della vita spirituale e all’umile richiesta di perdono alle vittime per le proprie azioni.

Un momento dell’udienza con i partecipanti all’incontro promosso dalla Conferenza episcopale italiana per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili

Una piaga che coinvolge tanti minori e adulti

Il Pontefice ha spiegato che i Servizi per la tutela e Centri di ascolto sono diffusi in tutto il territorio italiano come luoghi cui riferirsi per trovare ascolto, accoglienza e accompagnamento. E parlando a braccio ha ricordato che in questa era digitale è sempre più diffusa un’altra piaga:

Continuate a compiere ogni sforzo, ma anche prendetevi cura di una cosa molto brutta che succede, che sono i filmati pornografici che usano i bambini. Questo succede, anzi, è alla mano di qualcuno che paghi, sul telefonino. Dove si fanno, questi filmati? Chi è il responsabile? In quale Paese? Per favore, lavorare su questo: è una lotta che noi dobbiamo fare perché si diffonde nei telefonini la cosa più brutta. Continuate a compiere ogni sforzo perché tutti coloro che sono stati feriti dalla piaga degli abusi possano sentirsi liberi di rivolgersi con fiducia ai Centri di ascolto, trovando quell’accoglienza e quel sostegno che possano lenire le loro ferite e rinnovare la fiducia tradita. Curare è condividere passione ecclesiale e competenze con l’impegno a formare il maggior numero possibile di operatori pastorali. Così si promuove un vero e proprio cambio culturale che metta al centro i più piccoli e vulnerabili nella Chiesa e nella società.

L’esortazione finale è quella di andare avanti: “Andate avanti: vi sono vicino nel vostro lavoro – ha detto il Papa – e vi benedico di cuore. Prego per voi, perché il vostro lavoro non è facile, e voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché il mio lavoro, anche, non è facile”.