Francesco invia un videomessaggio ad abitanti e istituzioni della città argentina teatro da settimane di omicidi e altri crimini dei narcotrafficanti: “Occorre lavorare su offerta e domanda di droghe attraverso politiche di prevenzione e di assistenza. Il silenzio dello Stato in questo campo facilita la promozione del consumo e commercio di droghe”. Dal Pontefice appello alla Chiesa ad accompagnare i familiari delle vittime, i malati, i carcerati e quanti vivono la piaga delle dipendenze
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Indagare sulle reti di corruzione e riciclaggio di denaro che favoriscono l’avanzare del narcotraffico, rilanciare l’azione della politica e anche della Chiesa, vegliare sulla istituzionalità della giustizia, rafforzare il senso di comunità. Perché “senza la complicità di un settore del potere politico, giudiziario, economico, finanziario e della polizia non sarebbe possibile arrivare alla situazione in cui si trova la città di Rosario”. Sono parole schiette – come non potrebbe essere altrimenti di fronte ad una grave crisi politica e sociale – e al contempo impregnate di rammarico quelle che il Papa pronuncia in un videomessaggio diffuso oggi, 26 marzo, ai cittadini e alle istituzioni di Rosario, la terza città più grande dell’Argentina e la più popolosa della provincia di Santa Fe, dove nelle ultime settimane si sono intensificati episodi di violenza e omicidi per mano dei narcotrafficanti.
Nella metropoli ai margini del grande fiume Paranà, già da anni assediata dai narcotrafficanti, le autorità hanno inasprito le condizioni di detenzione e le perquisizioni per i boss e le gang hanno risposto uccidendo civili a caso nelle strade. Come avvenuto con due tassisti e l’autista di un autobus, assassinati a colpi d’arma da fuoco mentre erano in servizio. Oltre a questo, sparatorie contro istituti, prigioni e commissariati. Una ferocia che ha paralizzato la città dove scuole e università sono chiuse, non si vede alcun mezzo per strada, la nettezza urbana ha interrotto il servizio e anche gli ospedali hanno rallentato le loro attività. Il governo ha schierato le forze federali e annunciato l’istituzione di un Comitato di crisi.
Rivalutare la politica, lavorare contro le droghe
In questo contesto “disumanizzato”, Papa Francesco interviene con un filmato di oltre 7 minuti, registrato dal suo studio a Santa Marta, che si apre con la citazione del Vangelo di Matteo: “Beati gli operatori di pace”. Per raggiungerla questa pace, sottolinea il Pontefice, vanno trovate “risposte complesse e integrali, con la collaborazione di tutte le istituzioni che formano la vita di una società”.
È necessario rafforzare la comunità. Ogni popolo ha in sé gli strumenti per superare ciò che attenta alla sua integrità, alla vita dei suoi figli più deboli.
“Nessuna persona di buona volontà può sentirsi né essere esclusa dal grande compito di far sì che Rosario sia un luogo in cui tutti possano sentirsi fratelli”, afferma Jorge Mario Bergoglio. Indic quindi la prima delle vie da percorrere: “Rivalutare la politica”, “vocazione altissima” e tra le “forme più preziose della carità”. “Tutti i settori politici sono chiamati a percorrere il grande cammino del consenso e del dialogo per generare leggi e politiche pubbliche che accompagnino un processo di recupero del tessuto sociale”, sottolinea, esortando a lavorare “non solo sull’offerta, ma anche sulla domanda di droghe, attraverso politiche di prevenzione e di assistenza”.
Il silenzio dello Stato in questo campo fa considerare naturale e facilita la promozione del consumo di droghe e il loro commercio.
Impegno per la giustizia
In tale situazione, aggiunge poi Francesco, “è necessario che il sistema democratico vegli sull’istituzionalità della giustizia, di modo che possa essere indipendente, per indagare sulle reti della corruzione e del riciclaggio di denaro che favoriscono l’avanzare del narcotraffico… Ogni membro del potere giudiziario è responsabile di custodire la sua integrità, il che inizia dalla rettitudine del suo cuore”. Allo stesso modo, vanno ringraziati tutti gli uomini e le donne che, “con il loro silenzioso impegno con la giustizia”, tante volte mettono a rischio la propria vita per il bene comune.
Appello agli imprenditori
Papa Francesco si rivolge poi agli imprenditori. Come essi sono fondamentali per ogni “buona economia”, di contro, “non c’è neppure una cattiva economia senza la complicità di una parte del settore privato”. Il compito è quindi grande nel settore imprenditoriale: non solo impedire “la complicità negli affari con le organizzazioni mafiose”, ma anche impegnarsi socialmente. Come figura di riferimento, il Papa indica Enrique Shaw, uomo d’affari argentino che promosse e incoraggiò la crescita imprenditoriale secondo la Dottrina sociale della Chiesa e fondò l’Associazione Cristiana Dirigenti d’Impresa. Nel 2001 è stata avviata la sua causa di beatificazione.
Nessuno si salva da solo, anche nei quartieri privati si possono riscontrare insicurezza e la minaccia del consumo per i propri figli. La pace è un’impresa che esige la creatività e l’impegno di tutti coloro che hanno il dono d’intraprendere e d’innovare, e voi sapete come farlo.
I poveri “usa e getta” per la mafia
Da qui una denuncia del “sistema mafioso” che tratta i poveri come “materiale usa e getta”. Per contrastarlo bisogna “compiere sforzi” affinché “lo Stato e le istituzioni intermedie possano offrire spazi comunitari nei quartieri vulnerabili”, sottolinea il Papa. E chiede di “creare condizioni affinché i bambini, gli adolescenti e i giovani abbiano uno sviluppo umano integrale per un futuro migliore di quello che hanno avuto i loro genitori e i loro nonni”.
“Tutti noi – istituzioni sociali, civili e religiose – dobbiamo essere uniti per fare ciò che sappiamo fare meglio: creare comunità”, afferma. “Tutti possiamo collaborare e partecipare agli spazi sportivi, educativi e comunitari”. Non bisogna farsi sopraffare dal timore che “isola sempre” e “paralizza”, ma ci si deve impegnare per una “risposta pacifica e ispiratrice”.
L’accompagnamento della Chiesa
A conclusione del videomessaggio, il Papa si rivolge alla Chiesa, “Madre e samaritana”, che è sempre chiamata ad accompagnare “i familiari delle vittime che hanno perso la vita a causa della violenza”, ad accompagnare “i malati”, “quanti vivono la piaga delle dipendenze e i loro familiari,” coloro che “si trovano in carcere e hanno poi bisogno di un cammino di reinserimento”. Accompagnare anche “quanti vivono in situazioni di vulnerabilità estrema”.
La parrocchia è la Chiesa che si fa vicina, è la comunità dove tutti possono sentirsi amati. Per molti bambini, adolescenti e giovani vulnerabili sarà forse l’unica esperienza di famiglia che avranno l’opportunità di conoscere. In questi tempi, l’amore, la carità, sarà l’annuncio più esplicito del Vangelo per una società che si sente minacciata.