20 anni fa Jorge Mario Bergoglio diventava cardinale

Vatican News

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

È il 21 febbraio del 2001. Papa Giovanni Paolo II, nell’omelia in occasione del Concistoro ordinario pubblico, sottolinea che è un giorno speciale: “Oggi è festa grande per la Chiesa universale, che si arricchisce di quarantaquattro cardinali”.  Tra i nuovi porporati c’è anche l’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Beroglio, che verrà eletto Sommo Pontefice il 13 marzo del 2013. “La Roma ‘cattolica’ – aggiunge Papa Wojtyla pronunciando parole già proiettate nel futuro – si stringe attorno ai nuovi cardinali in un abbraccio caloroso, nella consapevolezza che si sta scrivendo un’altra pagina significativa della sua storia bimillenaria”. “La nave della Chiesa – afferma sempre in quell’occasione Giovanni Paolo II – s’accinge a ‘prendere nuovamente il largo’ per portare nel mondo il messaggio della salvezza. Insieme vogliamo scioglierne le vele al vento dello Spirito, scrutando i segni dei tempi e interpretandoli alla luce del Vangelo per rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche (Gaudium et spes, 4)”.

Cos’è il concistoro? Ascolta la scheda di Silvia Giovanrosa

Una Chiesa che apre le porte

Quella di 20 anni fa è una data lontana, ma ancora attuale. “Il mondo – afferma Papa Wojtyla durante il Concistoro del 2001- si fa sempre più complesso e mutevole, l’acuta consapevolezza delle discrepanze esistenti genera o aumenta contraddizioni e squilibri”. Quel mondo, come quello di oggi scosso dalla pandemia e da una dilagante cultura dello scarto più volte denunciata da Papa Francesco, è bisognoso di amore. “Ha sete di un cuore – scrive l’arcivescovo di Buenos Aires nel messaggio del 28 marzo del 2001 rivolto alle Comunità educative – che accoglie, che apre le porte”, di una “guarigione della persona umana attraverso l’amore ospitale”. Il suo cuore batte per l’umanità ferita e scartata, per una umanità che possa essere accolta da una Chiesa che sia “un ospedale da campo”. E anche da una “Chiesa povera per i poveri”.  Quando il 28 febbraio del 1998 Jorge Mario Bergoglio – nato il 17 dicembre del 1936 a Buenos Aires in una famiglia di emigranti piemontesi – viene nominato arcivescovo della capitale argentina, sceglie di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. “La mia gente – ha detto una volta per spiegare questa scelta – è povera e io sono uno di loro”.

Un concistoro che guardò all’America Latina

“Quello del 21 febbraio rimane ad oggi il concistoro più numeroso della storia della Chiesa, che batte anche quello molto numeroso che fu proclamato da Pio XII nel 1946, alla fine della Seconda Guerra Mondiale”. Lo sottolinea Andrea Tornielli, Direttore editoriale del Dicastero della Comunicazione, intervenendo al microfono di Andrea De Angelis nel corso del programma. “Tra l’altro – prosegue – Giovanni Paolo II fece due annunci per creare quel numero straordinario di cardinali che fino ad oggi non è mai stato superato. Un’altra caratteristica di quella creazione cardinalizia – sottolinea Tornielli – furono le tante berrette color porpora a vescovi ed arcivescovi di Diocesi dell’America Latina. Non credo ci fosse alcuna intenzione particolare, ma in quell’occasione la componente latinoamericana fu davvero significativa. E tra loro c’era anche il cardinale Bergoglio”.

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Un cuore che accoglie

Come arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio pensa ad un programma missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Sono quattro gli obiettivi principali di questo progetto: comunità aperte e fraterne, il protagonismo di un laicato consapevole, l’evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città, l’assistenza ai poveri e ai malati. Ordinato sacerdote il 13 dicembre 1969, 4 giorni prima del suo 33.mo compleanno, indica sempre ai suoi preti la strada della misericordia, delle porte aperte e della compassione. Quando sale al soglio di Pietro, conserva lo stemma scelto fin dalla sua consacrazione episcopale: “miserando atque eligendo”. La misericordia riveste un significato particolare nel suo itinerario spirituale. Nella festa di San Matteo dell’anno 1953, il giovane Jorge Bergoglio sperimenta, all’età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In quel giorno, si sente toccare il cuore. A avverte la discesa della misericordia di Dio che lo chiama alla vita religiosa sull’esempio di Sant’Ignazio di Loyola. E l’11 marzo del 1958 entra, come novizio, nella Compagnia di Gesù.

Il prete è chiamato ad avere un cuore che si commuove

Negli anni in cui Jorge Mario Bergoglio è arcivescovo di Buenos Aires, è una figura di spicco dell’intero continente latinoamericano. Un pastore molto amato nella sua diocesi, che gira in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. Papa Giovanni Paolo II gli affida il titolo cardinalizio della chiesa romana di San Roberto Bellarmino, il santo gesuita e dottore della Chiesa. Prima di partire per Roma, in vista del Concistoro del 21 febbraio 2001, non compra un abito nuovo, ma fa sistemare quello del suo predecessore, Antonio Quarracino, morto del 1998. “Un aneddoto che ci dice molto dell’attenzione e della sobrietà di Bergoglio”, sottolinea Andrea Tornielli. “Era coadiutore con diritto di successione di Quarracino, e l’attuale Papa decise di farsi riadattare quelli del suo predecessore per usarli durante la cerimonia nella quale ricevette la berretta color porpora”. 

Da Buenos Aires a Roma…

Navigando tra omelie e discorsi pronunciati dal cardinale Jorge Mario Bergoglio, si incrociano temi e riflessioni al centro anche del Pontificato. Nella veglia pasquale del 15 aprile del 2001, l’arcivescovo di Buenos Aires sottolinea che “viviamo in una situazione in cui abbiamo bisogno di molta memoria”. Si deve quindi “ricordare, portare nel cuore la grande riserva spirituale del nostro popolo”. Parole che si legano all’invito, più volte espresso durante il Pontificato, a rinsaldare il senso di “appartenenza al popolo”, ad “avere memoria del popolo di Dio”. In una lettera indirizzata ai catechisti, pubblicata nel mese di agosto del 2002, il cardinale Jorge Mario Bergoglio cita il Santo che sarà una fonte di ispirazione per il suo Pontificato. “Adorare – scrive nella lettera – è avvicinarsi all’unità, è scoprire che siamo figli dello stesso Padre, membri della stessa famiglia”. “È come ha scoperto San Francesco: cantare le lodi uniti a tutta la creazione e a tutti gli uomini”.

Inclusione o l’esclusione

Nel 2003, in occasione della celebrazione del Te Deum, il primate d’Argentina sottolinea che siamo chiamati a rifiutare quella che in più occasioni, come Pontefice, definirà “cultura dello scarto”. L’inclusione o l’esclusione dei più fragili, afferma il 25 maggio di quell’anno, “definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno tutti noi affrontiamo la scelta di essere buoni samaritani o viaggiatori indifferenti che passano”. Custodire è uno dei verbi con cui si può declinare il Pontificato di Papa Francesco. Il 25 marzo del 2004, giorno in cui si celebra la Giornata del bambino non nato, l’arcivescovo di Buenos Aires esprime la speranza che la Vergine Maria “faccia crescere nei nostri cuori atteggiamenti di tenerezza, speranza e pazienza per custodire ogni vita umana, specialmente la più fragile, la più emarginata, la meno capace di difendersi”. “C’è tanto di Papa Francesco non solo negli insegnamenti e nelle omelie – afferma ancora nel corso del programma il direttore Tornielli -, ma anche nel modo di essere arcivescovo. Usciva tantissimo per stare con la gente, per confortare il popolo di Dio anche nelle situazioni più difficili. Bergoglio valorizzò tantissimo la religiosità popolare “. 

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Oltre le disuguaglianze per una autentica fratellanza

Tra le piaghe che Bergoglio denuncia più volte come cardinale, e in seguito come Papa, ci sono quelle della povertà e delle ingiustizie. Nel 2007, intervenendo alla Conferenza di Aparecida, denuncia squilibri sempre più profondi: “Questa globalizzazione come ideologia economica e sociale – afferma – ha colpito negativamente i nostri settori più poveri. Le ingiustizie e le disuguaglianze sono sempre più grandi e profonde”. “Il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione sono escluse ed emarginate”. Nel 2008, riflettendo sul tema “Cultura e religiosità popolare”, l’arcivescovo di Buenos Aires sottolinea che avanza “una cultura di morte”. Tra i segni più evidenti di questa cultura ci sono l’aumento della povertà e la concentrazione delle ricchezze. Ma anche l’inquinamento ambientale, come si ricorda più volte nell’enciclica Laudato si’. Un altro tratto distintivo del Pontificato di Papa Francesco si lega al concetto di fratellanza, al centro dell’enciclica Fratelli tutti. “La fratellanza nell’amore come l’ha vissuta Gesù – afferma il cardinale Bergoglio il 25 maggio del 2011 nella celebrazione per il Te Deum – ci allevia, rende morbido il giogo. Dio non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”.

L’ultima omelia come cardinale

Prima di partire per Roma, per il conclave del 2013, l’arcivescovo di Buenos Aires prepara un’omelia che intende pronunciare il 28 marzo 2013, in occasione della messa crismale. Ma il 13 marzo di quell’anno sale al soglio di Pietro. Il testo dell’omelia, non pronunciata, ruota intorno ad un concetto fondamentale: la missione della Chiesa nelle periferie. È nelle periferie – si legge nel testo – “che dobbiamo uscire per sperimentare la nostra unzione, la potenza del Signore e la sua efficacia redentrice”. La via indicata è dunque quella di una Chiesa in uscita. E quella di “un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi”. Come Papa Francesco ricorda il 13 marzo del 2013 nel suo primo saluto come Pontefice.

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La terra del Papa

L’Argentina, 2.780.400 kmq, è il secondo Paese più esteso dell’America Latina. È una terra ricca di meraviglie come la verde Pampa, il freddo deserto patagonico e la leggendaria Terra del Fuoco, l’estremo sud della terra abitata. Sul suo territorio sorge Ushuaia, la città più a sud del mondo. Il nome Argentina è legato ad un’antica leggenda che considerava questa terra ricca di argento. La sua storia è ricca di personaggi. Tra questi il generale José de San Martin il filosofo e scrittore Jorge Luis Borges, il pianista e direttore d’orchestra Daniel Barenboim. L’Argentina è anche un Paese che ha conosciuto nella sua storia la drammatica esperienza della dittatura. Una piaga, ancora presente, è quella della povertà che colpisce soprattutto le periferie. Il rettangolo di gioco e la pista da ballo sono l’anima del popolo argentino. Anche il Papa non ha mai nascosto la sua passione per il calcio. In questa terra, come sottolinea Silvia Giovanrosa nella sua scheda, speranza e malinconia danzano e si abbracciano a ritmo di tango.

Ascolta la scheda di Silvia Giovanrosa