Il presidente della CEI inaugura ad Assisi la 78.ma assemblea straordinaria dei vescovi italiani parlando di pace “che non può essere garantita con le armi”. Un pensiero all’Ucraina, per la quale si è speso personalmente con la missione affidatagli dal Papa, e al Nagorno Karabach, dove l’antica presenza cristiana rischia di scomparire. Dal porporato l’appello alla liberazione degli ostaggi di Hamas, allo stop delle violenze sui civili a Gaza e la denuncia dell’antisemitismo
Michele Raviart – Città del Vaticano
“La pace richiede il concorso di tutti. Ho visto come esistano fili tenui per la pace e l’esercizio dell’umanità: tenui ma reali, messi in discussione dall’assenza di dialogo che può, invece, rafforzarli. Occorre tanta insistenza e la convinzione che è la pace il destino, non la guerra o l’ingiustizia”. Ad affermarlo è il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale italiana nell’introduzione alla 78.ma Assemblea generale straordinaria dei vescovi italiani, iniziata oggi 13 novembre ad Assisi e che durerà fino a giovedì 16.
La pace è “il problema dei problemi”
Il primo pensiero del porporato, dopo aver salutato i nuovi vescovi italiani, ricordato quelli divenuti emeriti e quelli scomparsi nello scorso anno, è andato infatti alle “guerre che dominano gli scenari del mondo, con il loro tragico seguito di morti, violenze, distruzioni, barbarie e profughi”. Il rischio è che queste possano diventare quella “Terza guerra mondiale a pezzi” di cui ha sempre parlato Papa Francesco. Non si tratta di pessimismo, ha sottolineato Zuppi, “ma realismo e responsabilità”. La pace “è il problema dei problemi, perché la guerra genera ogni male e versa ovunque i suoi veleni di odio e violenza, che raggiungono tutti, pandemia di morte che minaccia il mondo”. La pace però non può esistere senza sicurezza e “questa non può essere garantita solo dalle armi”. Compito della politica deve essere perciò quello di “pensare a strumenti condivisi e sovranazionali di composizione dei conflitti”.
In Ucraina unire le parole all’azione umanitaria
Alle parole va unita l’azione, come ha fatto Papa Francesco nel caso della “martoriata” Ucraina, “quando si è detto disponibile ad agire per la pace e per scopi umanitari” e quando ha inviato lo stesso cardinale Zuppi sia a Kyiv sia a Mosca. “Ho avuto modo di parlare con i governanti, di visitare luoghi tragici come Bucha, di pregare per la pace in santuari significativi per i credenti ucraini e russi”, ha ricordato il presidente della CEI, sottolineando l’invido del Papa “a discutere del futuro del conflitto, nato dall’invasione russa, anche a Washington e Pechino”. Il pensiero di Zuppi è andato anche a quelle realtà della Chiesa, che “hanno avviato aiuti umanitari, tanto apprezzati dagli ucraini, in un periodo in cui in Europa rischia di calare la tensione nell’accoglienza dei profughi ucraini e nella solidarietà”.
In Nagorno finisce un piccolo mondo cristiano
Nel settembre 2023 poi, ha ricordato l’arcivescovo di Bologna, “l’enclave armena del Nagorno-Karabakh è stata occupata dalle truppe dell’Azerbaigian” e “gli armeni hanno abbandonato la terra in un esodo tragico, in cui si rivive la memoria dei dolori del secolo passato”. “Un piccolo mondo cristiano, tanto antico, finisce”, ha sottolineato: “Noi non siamo indifferenti e sentiamo la ferita di tanta sofferenza e della mancata soluzione negoziata”.
In Terra Santa l’odio non giustifica la violenza contro gli innocenti
Il brutale attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso che “ha dolorosamente e vilmente colpito Israele con tanti morti innocenti”, ha sottolineato Zuppi ricordando anche gli ostaggi in mano ai terroristi, “sulla cui sorte trepidiamo e chiediamo siano restituiti alle loro famiglie”. L’attacco, che “ha sconvolto il popolo israeliano”, ha poi portato alla reazione militare contro Hamas sulla striscia di Gaza, che “ha causato al popolo palestinese, in gran parte profughi, migliaia di vittime innocenti, molti dei quali bambini”.“Le lacrime sono tutte uguali. Ogni uomo ucciso significa perdere il mondo intero”, ha sottolineato, ribadendo che “l’odio non deve mai giustificare la violenza contro gli innocenti”.
Ogni attacco antisemita è un attacco anche alla Chiesa
Questo vale anche per il risorgente antisemitismo. “Sappiano i nostri fratelli ebrei italiani che la Chiesa non solo è loro vicina, ma che considera ogni attacco a loro, anche verbale, come un colpo a sé stessa e un’espressione blasfema di odio”, ha affermato, ricordando che “la fine dell’antisemitismo è un impegno educativo, religioso e civile della Chiesa italiana, che non sottovaluta i rigurgiti di odio e razzismo, per chiunque”.