Federico Piana- Città del Vaticano
E’ nel primo venerdì di Quaresima che decine di Chiese locali in tutto il mondo pregano per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, le loro famiglie e loro comunità. La scelta è stata fatta per dare una risposta concreta alla richiesta di Papa Francesco, rivolta a tutte le Conferenze episcopali, di individuare un momento opportuno del calendario liturgico da dedicare a questo evento. Altre realtà ecclesiali hanno optato per date diverse, come ad esempio in Australia, dove si è scelto l’11 settembre, in concomitanza con la Giornata nazionale per la protezione dei bambini. La preghiera è un’espressione fondamentale della fede cristiana ma serve anche l’azione, dice ai nostri microfoni padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la protezione dei minori e presidente del Centro per la protezione dell’infanzia presso la Pontificia Università Gregoriana, commentando l’avvenimento di oggi:
R. – La fede, la preghiera, devono anche incarnarsi, devono diventare un atto concreto. E’ quello che ci ricorda la prima Lettura in questo primo venerdì di Quaresima: le preghiere valgono solo quando noi mettiamo in pratica ciò che preghiamo. Guardando alle vittime degli abusi anche dentro la Chiesa, la preghiera deve essere sempre collegata all’azione: azione per favorire la giustizia e per cambiare anche la cultura dentro la Chiesa stessa.
Anche la preghiera pubblica ha un valore?
R. – Certamente, in quanto è preghiera comune. Dove sono radunati due o tre nel nome di Gesù, la preghiera è particolarmente forte. E poi la preghiera pubblica ci ricorda che non dobbiamo fuggire da questa piaga, come hanno chiesto gli ultimi due Papi.
Tra qualche giorno ricorrerà l’anniversario del primo incontro internazionale sulla protezione dei minori che si svolse in Vaticano dal 21 al 24 febbraio del 2019. Che bilancio si può fare a due anni di distanza?
R. – Quell’incontro ha prodotto alcuni frutti visibili ed altri meno visibili. Quelli visibili hanno avuto effetti molto chiari anche rispetto alla legislazione nella Chiesa. Il Papa ha promulgato il Motu Proprio Vos estis lux mundi, una nuova legge con la quale, ad esempio, vengono chiarite le procedure nel caso che un vescovo, un provinciale o un generale di una Congregazione religiosa, non eseguano quanto dovrebbero fare secondo le norme canoniche, per negligenza o per coprire casi di abuso. Questo è uno dei frutti maggiori. Il Pontefice, poi, nel dicembre del 2019, ha reso punibile il possesso e la divulgazione di materiale pedopornografico innalzando l’età ai 18 anni. Inoltre, è stato abolito anche il segreto pontificio relativo ai casi di accuse di abuso.
Poi ci sono i frutti meno visibili…
R. – Sono quelli che maturano nel cuore delle persone. I partecipanti al primo incontro internazionale sulla protezione dei minori del 2019 erano i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo e una rappresentanza dei superiori religiosi: molti di loro hanno lasciato Roma con un cuore cambiato, come molti hanno affermato pubblicamente, perché hanno ascoltato le vittime, perché hanno compreso che il tema della prevenzione degli abusi non dovrebbe essere un tema marginale ma dovrebbe far parte integrante della missione della Chiesa. Su questo, sono molto convinto che anche la conversione del cuore porterà dei frutti che si tradurranno anche in azioni concrete.
E’ aumentata anche la sensibilità nelle Chiese locali?
R. – Si. L’incontro del 2019 ha generato un nuovo livello di consapevolezza in tutta la Chiesa. Quando ancora era possibile viaggiare, sono stato invitato da diverse Conferenze episcopali che prima non si interessavano del tema degli abusi dicendo “da noi non esiste, da noi non c’è bisogno”, ma poi hanno scoperto che questo non era vero e alla fine hanno preso molto sul serio l’impegno a combattere una piaga così terribile. Una crescente consapevolezza che si è estesa non solo alle gerarchie ma anche ai semplici fedeli.
Anche la Pontificia Università Gregoriana è scesa in prima fila per la difesa dei minori e le persone vulnerabili con ben due diplomi…
R. – Certamente. Nel Centro per la protezione dei minori ci sono due diplomi in questo semestre, uno in lingua inglese e l’altro in lingua spagnola. Gli studenti che vi prendono parte sono stati inviati dai propri vescovi, dai propri superiori, affinché possano ricevere una formazione a 360 gradi: dalla teologia alla sociologia per poter inquadrare meglio il loro futuro lavoro, perché saranno loro ad essere impegnati, nella Chiesa locale, come responsabili della prevenzione dei minori.