Isabella Piro – Città del Vaticano
Urne aperte, in Zambia, il 12 agosto: gli elettori aventi diritto saranno chiamati a scegliere il Capo dello Stato e i membri dell’Assemblea nazionale. Una consultazione che si annuncia difficile, dopo l’esperienza del 2016: cinque anni fa, infatti, le votazioni presidenziali furono segnate da scontri, violenze e censure alla libertà di stampa, nonostante fossero le prime tripartite dopo l’introduzione del multipartitismo nel Paese, avvenuto solo nel 1991, al termine della lunga presidenza di Kenneth Kaunda. Proprio per scongiurare il ripetersi di scenari drammatici, la Conferenza episcopale cattolica nazionale, insieme al Consiglio delle Chiese e all’Alleanza evangelica, ha diffuso il 19 marzo un corposo documento per invocare elezioni “libere, eque, credibili e pacifiche”. Le premesse infatti non sono delle migliori: con l’avvio della campagna elettorale, molti politici, soprattutto esponenti della maggioranza al potere, hanno attraversato il Paese per fare donazioni in varie chiese e parrocchie, accompagnati da un’ampia copertura mediatica. Il tutto allo scopo di ottenere consensi, mentre l’economia nazionale arranca e l’emergenza da Covid-19 ha già provocato oltre 86mila casi in totale e quasi 2mila decessi. È con “fede e speranza”, dunque, che le tre Chiese cristiane invocano elezioni giuste e utili a promuovere la riconciliazione nazionale.
Condanna atti di violenza
In primo luogo, il documento congiunto condanna il tribalismo e tutti gli atti di volenza commessi non solo da schieramenti vicini a partiti di maggioranza e opposizione, ma anche dalle stesse forze dell’ordine che “dovrebbero proteggere i cittadini ed invece usano contro di loro armi letali, provocando la perdita di vite umane” e restando per di più impunite. Di qui, l’appello affinché si provveda a sanzionare i colpevoli e si frenino simili episodi. Altro punto critico evidenziato dalle Chiese cristiane, quello del nuovo registro degli elettori: la Commissione elettorale nazionale, infatti, ha deciso di abbandonare l’attuale elenco, risalente al 2006, per stilarne uno nuovo. Ma i partiti dell’opposizione si dicono contrari, denunciando un’incompletezza di fondo del nuovo registro che finisce per privare molti elettori del loro diritto di voto, soprattutto nelle circoscrizioni più vicine all’opposizione stessa. Le Chiese cristiane si dicono consapevoli di tutte queste difficoltà ed affermano: con una miglior gestione dei tempi e del personale addetto alla registrazione degli elettori, si sarebbero potuti includere tutti i votanti, arrivando alla stesura di un elenco completo. Annunciando, quindi, una disamina approfondita della questione, le Chiese cristiane ribadiscono: “Il registro degli elettori è un documento molto importante che determina la credibilità di qualsiasi votazione”.
Rispettare leggi su ordine pubblico
Al contempo, i firmatari chiedono che, in campagna elettorale, le leggi sull’ordine pubblico e lo Stato di diritto vengano rispettate, purché non si violino le altre libertà dei cittadini, come quello di associazione, di stampa o di espressione. “Speriamo di vedere misure concrete per il raggiungimento di questo obiettivo”, si legge nel documento che poi auspica che la polizia non favorisca il partito al potere, ma resti “sempre imparziale, in nome della fiducia che la popolazione ripone in essa”. “Lo Stato di diritto – prosegue ancora la nota – ha lo scopo di limitare e controllare le tendenze arbitrarie, oppressive e dispotiche di coloro che sono al potere, e garantire l’uguaglianza di trattamento e la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente da razza, classe, status, religione, luogo di origine o schieramento politico”. Ciò significa, incalzano le Chiese cristiane, “avere un quadro giuridico che sia equo ed imparziale, in particolare per quanto riguarda i diritti umani, la sicurezza pubblica e l’incolumità”, con decisioni prese in conformità alle procedure istituzionali riconosciute.
Libertà di stampa
I tre organismi ecclesiali, inoltre, si soffermano sull’importanza della libertà di stampa e sulla necessità di un’informazione che sia il più possibile obiettiva ed imparziale. E invece, la realtà contingente dice il contrario: “Due dei quattro giornali più diffusi dello Zambia sono media pubblici, cioè gestiti dal governo”, con il risultato che manca uno strumento d’informazione “obiettivo, equilibrato e chiaro” che permetta a tutti i cittadini, “indipendentemente dalla loro affiliazione politica”, di esprimere le loro opinioni. Le Chiese cristiane denunciano anche atti di censura contro quelle testate private che hanno critico le decisioni e le azioni del governo, le cui sedi sono state chiuse o messe all’asta e i cui giornalisti hanno ricevuto minacce da parte delle autorità.
A tal proposito, il documento congiunto ricorda che nel novembre 2020 è stata lanciata una nuova “politica sui media che mira a promuovere la libertà di espressione e garantisce la libertà di stampa”. Ora servono, dunque, “misure concrete” per attuare tale politica. “Vogliamo lanciare un appello a tutti gli editori – prosegue la nota – affinché esercitino la professione giornalistica in favore della pace, evitando il sensazionalismo ed aspirando ad un’informazione che sia sempre veritiera, giusta ed etica”. I firmatari deplorano, inoltre, il ritorno a “strategie politiche di esclusione come quelle usate in passato dai colonialisti”: censure, violenze e arresti arbitrari degli oppositori segnano un passo indietro, un ritorno al passato. Esattamente come fa il ddl sulla Cyber Sicurezza, attualmente al vaglio del Parlamento, che nasconde, in realtà, un nuovo giro di vite sulla libertà di espressione dei social media. “Ci appelliamo alla coscienza del presidente affinché non firmi questa legge”, chiedono le tre Chiese cristiane.
Impegno al dialogo
Guardando, poi, al contesto provocato dalla pandemia di Covid-19, che “sta portando grande paura e dolore al nostro popolo, compresa la maggioranza dei credenti”, le tre Chiese cristiane lanciano un messaggio di speranza: “Dio, nella sua misericordia, interverrà e calmerà la tempesta” ed è quindi proprio “in momenti come questi che si è chiamati ad avere una fede forte”. Contestualmente, i fedeli vengono esortati a “rispettare tutte le normative anti-contagio per salvaguardare la salute pubblica”. Un ulteriore appello viene rivolto ai membri del clero affinché “predichino la pace, l’unità e la tolleranza prima, durante e dopo le elezioni”, perché “se vogliamo la pace, dobbiamo lavorare per la giustizia”. “Come coscienza della nazione – prosegue la nota congiunta – la Chiesa deve essere apartitica e conservare la sua voce profetica, impegnandosi nel ruolo di costruttrice della riconciliazione”.
Inoltre, all’esecutivo e a tutte le parti interessate viene chiesto di “prendere misure e azioni concrete per ripristinare la fiducia dei cittadini nei processi elettorali e nello Stato di diritto”. Dal suo canto, la Chiesa si impegna ad “un dialogo significativo” con le istituzioni e le organizzazioni della società civile in modo che al popolo siano garantire votazioni “libere, eque, credibili e pacifiche”. Forte infine l’auspicio ad “una conversione dei cuori e delle menti che porti ad uno Zambia unito, riconciliato e pacifico in cui tutti i cittadini partecipino liberamente al governo del Paese, in un ambiente sociale ed economico florido”.