Yunus e il microcredito, un modello economico al servizio della persona

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Il Nobel per la pace 2006, conosciuto come il ‘banchiere dei poveri’, è chiamato ora a guidare il Bangladesh ad interim fino alle prossime elezioni. L’economista Riccardo Moro: “Sarà il garante di un cambiamento dal basso”

Stefano Leszczynski – Vatican News

Se esiste una figura capace di dare sostanza alle speranze dei giovani bengalesi è di certo quella di un economista ‘rivoluzionario’ che si chiama Muhammad Yunus e che è nato 84 anni fa. L’alleanza stretta tra gli studenti e il premio Nobel per la pace del 2006 potrebbe sembrare paradossale da un punto di vista generazionale, ma ci ricorda fortemente uno dei capisaldi del magistero di Francesco: giovani e anziani possono rappresentare un binomio di forte dinamismo sociale e politico.

La Grameen Bank

“Yunus è una persona che gode di grande autorevolezza internazionale e i giovani del Bangladesh vedono in lui il garante di un cambiamento dal basso”. Riccardo Moro, economista e docente di politiche dello sviluppo alla Statale di Milano, ha conosciuto Muhammad Yunus quando ancora il suo progetto di una banca per il microcredito veniva guardato con malcelato sospetto negli ambienti finanziari. “Era una persona estremamente mite – ricorda Moro – e nel presentare al mondo bancario internazionale le iniziative legate alla Grameen Bank (letteralmente: la Banca del Villaggio) si esprimeva con molto garbo. Parlava del microcredito come di un qualcosa che non era contro il mercato, ma che permetteva di usare il mercato nella sua misura a dimensione umana. È proprio questa costante attenzione alle persone la chiave per comprendere il perché i giovani bengalesi vogliano Yunus alla guida del cambiamento del Paese”.

Il giuramento del governo Yunus lo scorso 8 agosto

L’economia della povertà

Muhammad Yunus, formatosi come economista negli Stati Uniti, non si è mai sentito lontano dal mondo della politica, intendendo quest’ultima come lo strumento per favorire – soprattutto nel suo Bangladesh – cambiamenti sociali radicali. Evocando il suo periodo di insegnamento presso il dipartimento di economia dell’Università di Chittagong, a metà degli Anni’70, Yunus ricorda il suo spaesamento di fronte alla profonda povertà che caratterizzava soprattutto le aree rurali del Paese: “Niente nelle teorie economiche che ho insegnato riflettevano la vita che vedevo intorno a me. Avevo bisogno di fuggire da queste teorie e dai miei libri per scoprire l’economia reale dell’esistenza di una persona povera”.

Il banchiere dei poveri

“Yunus si rende conto – spiega ancora Riccardo Moro – che ci sono una serie di meccanismi, oggi li chiameremmo ‘nodi sistemici’, che impediscono il cambiamento strutturale e che in qualche modo continuano a ricreare condizioni di povertà e condizioni di disuguaglianza. Lui, invece, vede nelle opportunità finanziarie, uno di questi nodi sistemici, e vede la necessità di provare a trovare un modo diverso di gestire le opportunità di accesso al credito”. Nel suo libro Il banchiere dei poveri Yunus nota come la carità non sia una soluzione alla povertà, ma semplicemente un metodo per scrollarsi di dosso la responsabilità. “Il sistema bancario – prosegue Moro – è un sistema che è costruito per poter offrire strumenti di indebitamento, di anticipazione di capitali, a chi ha la possibilità di offrire garanzie. I cosiddetti poveri, comunque le persone che hanno un basso reddito e che si trovano al fondo della scala sociale ed economica, non hanno possibilità di offrire garanzie. L’intuizione di Yunus è quella di dare credito a queste persone, di responsabilizzarle, e in questo modo promuovere un cambiamento significativo nelle condizioni di vita di chi, appunto, prima faceva più fatica”.

Il modello del microcredito

L’idea del microcredito e dei modelli promossi dalla Grameen Bank finisce per convincere molti ambienti finanziari, che iniziano a promuoverlo e a replicarlo in varie parti del mondo. “È qualcosa che riesce a ottenere anche dei numeri che sono persino migliori del sistema bancario tradizionale, che ha normalmente alti livelli di sofferenza, cioè di debiti che non vengono pagati”. Un economista brillante e visionario, dunque, che riesce in pochi decenni a stravolgere i paradigmi di un mondo (quello bancario e finanziario) spesso guidato da intenti predatori. Ma a sorpresa, nel 2006, questa sua intuizione di un nuovo modello economico capace di contrastare con successo la povertà non gli vale il Nobel per l’economia, bensì quello per la pace. Riccardo Moro, che oltre ad essere rappresentante del mondo accademico lo è anche della società civile nei contesti della cooperazione e dello sviluppo, lo spiega così: “Il microcredito crea tessuto sociale e la pace è costruire relazioni che non siano conflittuali, ma che si fanno carico della vita dell’altro; significa costruire relazioni umanizzanti a partire dalla dimensione economica e finanziaria e in questo senso diventa del tutto comprensibile il premio Nobel per la pace. E lo si vede anche da che cosa il microcredito ha prodotto in Africa e in America Latina, oltre che in Asia. Nel mondo tutte le opportunità nate intorno al modello del micro-credito, sono diventate una realtà significativa che ha creato un nuovo tessuto sociale e promosso il cambiamento politico-sociale in molte nazioni del Sud del mondo”.