Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Ancora un attacco in Yemen. Ieri una serie di razzi ha colpito una base della coalizione saudita nell’aerea di Al Anad, vicino ad Aden, capitale provvisoria del governo yemenita riconosciuto a livello internazionale. Il bilancio dell’attacco, ancora provvisorio e attribuito ai ribelli Houti, è di 30 soldati e 60 feriti. In preda alla guerra civile dal 2014, lo Yemen è sull’orlo della carestia e il Covid-19 ha ulteriormente aggravato le difficoltà sanitarie. “Purtroppo questi combattimenti sono a macchia di leopardo sul territorio e non lasciano intravedere una vittoria netta dal punto di vista militare di nessuna delle due parti principali, da un lato gli insorti Houti e dall’altro i filogovernativi che in realtà racchiudono molte anime, tra cui i secessionisti del Sud”, commenta a Vatican News Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) e cultrice della materia all’Università Cattolica. Si continua a combattere nel governatorato cruciale di Marib, ultima roccaforte del governo riconosciuto e fonte di reddito per le casse governative; ma c’è tensione anche ad Aden, spiega Ardemagni “perché la situazione economica e di sicurezza è sempre più pesante. I secessionisti del Sud che, attraverso il Consiglio di transizione del Sud, hanno il controllo del territorio non riescono a garantire stipendi pubblici e sicurezza”.
Il lavoro diplomatico
Mentre sul terreno si continua a combattere, i mesi estivi sono stati caratterizzati da un’intensa attività negoziale per cercare di trovare una soluzione alla crisi di quello che è stato definito il più povero Paese del Medio Oriente e Nord Africa. L’esperta ricorda l’iniziativa statunitense dell’inviato Timothy Lenderking e quella dell’Oman in cui, a differenza del passato, il ruolo di Mascate è stato più visibile, con il viaggio di una delegazione omanita sia in Iran che in Arabia Saudita, mentre proseguono le trattative portate avanti dalla stessa Arabia Saudita. “Nonostante ciò, la diplomazia si è rivelata incapace di raggiungere un accordo – nota Ardemagni – anche perché sul campo la battaglia militare per Marib rimane ancora aperta. In questo momento assistiamo a una fase di cambiamento a livello di volti della diplomazia, perché ha appena assunto l’incarico il nuovo inviato dell’Onu per lo Yemen, lo svedese Hans Grundberg, che sostituisce Martin Griffiths e ripartirà probabilmente dal tentativo del suo predecessore di un ‘cessate il fuoco’ nazionale, ma in questo momento è ancora presto per capire se questo cambiamento di inviato produrrà un’opportunità diplomatica”.
La crisi umanitaria e gli sfollati interni
I combattimenti in corso spingono altre persone a fuggire e l’Unchr, Agenzia Onu per i Rifugiati, ha avvertito nei giorni scorsi che i bisogni umanitari tra le comunità sfollate sono in rapido aumento. Dall’inizio dell’anno, quasi 24 mila persone sono state costrette a fuggire per gli scontri armati nel governatorato di Marib, che accoglie già un quarto dei quattro milioni di sfollati interni presenti in Yemen. Le persone, si legge in una nota, hanno cercato di mettersi in salvo nei centri urbani e presso 150 insediamenti informali, all’interno dei quali sono state riscontrate situazioni deplorevoli per 190 mila yemeniti: la capienza è stata superata e molti degli alloggi sono stati danneggiati ulteriormente dalle recenti inondazioni e dagli incendi divampati per fuochi accesi per cucinare all’aperto. A causa delle scarse risorse a disposizione dei partner umanitari, numerose famiglie sfollate si sono viste costrette a costruire alloggi di fortuna e la disponibilità di acqua potabile, elettricità e ambulatori medici è carente. L’appello dell’Unhcr è a tutte le parti in conflitto affinché assicurino accesso incondizionato agli insediamenti, per garantire la consegna in condizioni sicure di aiuti salvavita. “L’esempio di Marib – conclude Ardemagni – è quello più indicativo. Questo governatorato è stato preservato dai combattimenti fino al 2020, qui nel tempo hanno trovato riparo numerosi sfollati provenienti da altre aree del Paese ed è per questo che la situazione mostra oggi una maggiore drammaticità”.