Xuereb: Benedetto XVI un padre buono, esempio per tutti di santità e semplicità

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L’attuale nunzio apostolico in Marocco ricorda il Pontefice di cui fu per sei anni segretario particolare nel primo anniversario della morte: vorrei che la gente lo ricordasse così com’era, non l’immagine data dai media

Gudrun Sailer – Città del Vaticano

Monsignor Alfred Xuereb, nunzio apostolico in Marocco, è stato per sei anni il segretario particolare di Benedetto XVI, accompagnandolo fino alla sua rinuncia nel 2013, e poi anche di Francesco. Nel primo anniversario della morte di Ratzinger, il 31 dicembre 2022, ne ricorda la profonda fede, come anche scritto nel libro pubblicato nel gennaio di quest’anno da Xuereb “I miei giorni con Benedetto XVI” edito da San Paolo.

Monsignor Alfred Xuereb, qual è la sua immagine di questo Papa che ha seguito così da vicino?

La prima cosa che mi viene in mente è un padre buono nei miei confronti, sempre attento e anche affabile. Non ci rimproverava mai quando facevamo qualche cosa di sbagliato. Io ricordo che una volta ho fatto un errore in una cosa e poi gli ho chiesto scusa verso la fine della giornata, e alla sera, salutandoci prima di andare a dormire, di nuovo ho chiesto scusa. Lui dice: “No, don Alfred, lei ha già chiesto scusa e io ho già accolto le scuse, quindi non c’è bisogno di ripetere scusa”. Questo mi ha fatto capire che anche quando qualcuno nei miei confronti fa un errore o qualcosa che non va, non devo mortificarlo, basta che esprima le sue scuse una volta ed è fatta.

Che cosa ha imparato da Papa Benedetto?

Tantissime cose, in modo particolare il modo affabile e cordiale con cui bisogna rapportarsi con gli altri, anche con quelli che sono, diciamo, di servizio nei nostri confronti. Mai sentirsi un padrone nei confronti degli altri. Ovviamente ho imparato anche dalla sua profonda fede come sentire Dio vicino perché lui viveva in continuo contatto con il Signore e anche nei momenti difficili sempre diceva: “Il Signore ci aiuterà, mi affido, mi affido a Lui”. Questo modo di abbandonarci al Signore nella fede è molto importante. Mi aiuta molto a svolgere meglio il mio ministero.

La rinuncia di Papa Benedetto è stato un passo che molti fedeli non hanno accolto bene. Lei come ha reagito?

Io ovviamente sono rimasto spiazzato, perché non immaginavo mai una decisione del genere, ma ovviamente l’ho accettata. Lui, 15 giorni prima dell’annuncio ufficiale a tutto il mondo della sua decisione di rinunciare al pontificato, mi aveva chiamato in ufficio e all’inizio mi veniva in mente di dirgli: “Santo Padre, perché non ci pensa un altro po’?”. Poi mi sono detto: “Ma sono sciocco, chissà quanto tempo è che il Papa sta vivendo questo momento”. E in quell’istante mi sono ricordato di quando eravamo in sacrestia, pronti per recarci alla Messa. Normalmente, quando i rintocchi dell’orologio del cortile di San Damaso suonavano le sette, lui faceva il segno della croce e uscivamo per celebrare la Messa. Ma c’erano dei giorni in cui, nonostante l’orologio suonasse le sette, lui rimaneva assorto in preghiera. E mi dicevo: “Sta pregando senz’altro per qualcosa di molto importante, perché lui è normalmente puntuale”. Poi ho pensato che forse pregava per questa decisione, e questo mi ha consolato. Lui era molto sereno anche il giorno che ha annunciato la sua rinuncia, l’11 febbraio, durante il pranzo. Ovviamente, io piangevo. Lì, nella Sala del Concistoro ero molto molto triste. Poi, durante il pranzo, ho detto: “Santo Padre, ma lei era molto sereno”. E ha risposto deciso: “Sì”. È rimasto sereno per tutto il tempo, anche dopo, quando siamo andati a Castel Gandolfo in attesa dell’elezione del nuovo Papa. È rimasto sempre molto, molto sereno, molto.

Benedetto stesso una volta, in merito, ha detto a Peter Seewald che si era dimesso anche a causa dell’insonnia…

Sì, così ha detto. Io, che vivevo con lui, non gli ho mai sentito pronunciare questa parola. Ma sapevamo che aveva difficoltà di dormire. E le guardie svizzere, che stavano sotto il Palazzo Apostolico, mi dicevano che spesso vedevano durante la notte la luce della sua camera da letto. Ricordo che una volta aveva mal di testa e io il giorno dopo gli chiesi: “Santo Padre, il mal di testa gli è passato?”. E lui rispose: “Quello c’è sempre”. Credo che sia una caratteristica della famiglia. Anche il fratello Georg, quando veniva da noi, la mattina io gli chiedevo: “Maestro, ha dormito bene?”. E lui rispondeva: “In parte”. Avevano questa difficoltà di dormire E credo che la consapevolezza che era arrivato il momento della rinuncia era legato con il viaggio che lui ha fatto in Messico e durante il volo di molte ore non ricordo quante, forse dodici, lui non è riuscito a dormire neanche un minuto. Quando siamo arrivati, ovviamente c’erano le cerimonie di benvenuto. Durante il tragitto in papamobile verso il luogo in cui dovevamo risiedere, è rimasto in piedi per benedire tanta gente che si era assiepata a destra e a sinistra. Poi voleva fare una cena breve, ma vedendo i vescovi messicani è rimasto con loro e anche la notte seguente non ha dormito. E questo non dormire una notte, due notti, tre notti … rende molto difficile il rapportarsi con gli altri e il fare le cose.

Abbiamo avuto per dieci anni una novità per la Chiesa universale: la “convivenza” di un Papa emerito e un Papa regnante. Come si è presentata la questione secondo lei?

Era un rapporto molto buono, molto bello. Papa Francesco ha sempre avuto una venerazione nei confronti di Papa Benedetto e l’ha detto pubblicamente. Anzi, Papa Benedetto aveva in mente credo, di scomparire praticamente nel monastero e vivere solo nel nascondimento. Invece è stato Papa Francesco che più volte ha insistito perché si unisse a lui in alcuni momenti, una benedizione di una statua di San Michele nei Giardini, Concistori vari … è stato lui a dirgli: “Guarda, noi apprezziamo anche la tua sola presenza, può essere di insegnamento per noi”. Ovviamente Papa Benedetto ha capito che lui non era più Papa e basta, quindi non interferiva assolutamente nelle decisioni e neanche commentava il governo del nuovo Papa.

Come si augura che le persone ricordino Papa Benedetto?

Mi auguro che venga ricordato così come era. Il mio libro ha lo scopo quasi di correggere l’immagine pubblica che i media hanno dato e il mondo in generale ha avuto di Papa Benedetto. Da una prospettiva privilegiata quale avevo io di vivere con lui, voglio dire: “Questo è l’uomo che io ho conosciuto e non è esattamente quello che è stato mostrato. Quindi vorrei che la gente lo ricordasse così come era, e non solo ricordarlo, ma anche imitarlo, perché oltre agli insegnamenti, ci ha lasciato un bellissimo esempio, una vita esemplare di santità e di semplicità.