Chiesa Cattolica – Italiana

“Women’s cry”, il grido e la speranza delle donne in una mostra in Piazza San Pietro

Inaugurata oggi, 2 maggio, nel colonnato del Bernini, un’esposizione di 26 scatti realizzati da otto fotografi di richiamo internazionale che ritraggono la condizione di resilienza femminile negli angoli più remoti del pianeta. Un percorso ideato dalla regista Lia Beltrami per l’Osservatorio mondiale delle donne, in collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione. Ruffini: queste foto ci scuotono dall’apatia e muovono verso un cammino di fraternità

Antonella Palermo – Città del Vaticano

“Se Gesù ha avuto una certa predilezione per le donne, anche per la samaritana, la peccatrice, la vedova di Naim, Maria Maddalena… com’è possibile che tante donne nel mondo di oggi sperimentano che la Chiesa non le ama?”. Con questa provocazione, Maria Lia Zervino, presidente dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Cattoliche Femminili UMOFC-WUCWO, ha introdotto stamattina 2 maggio, nella sala stampa vaticana, la presentazione della mostra fotografica Women’s Cry, che verrà ospitata fino al 28 maggio nel colonnato di sinistra di Piazza San Pietro, in Vaticano.

Donne che resistono nei drammi, donne di speranza

La mostra, 26 scatti realizzati da otto fotografi, nasce da un’idea e con la direzione artistica di Lia e Marianna Beltrami, per l’Osservatorio Mondiale delle Donne, con la collaborazione del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. Nell’intenzione di chi la promuove, vuole essere un segno di come la Chiesa oggi voglia abbracciare tutte le donne del mondo, credenti e non, e dare loro visibilità, per migliorare la loro vita e quella dei loro popoli. Le donne sono colte per lo più in azioni di vita quotidiana, spesso dentro situazioni drammatiche o di fatica, nel loro ordinario abitare le diverse periferie del pianeta. Donne resilienti, è stato evidenziato nella presentazione, affinché – attraverso l’occhio sapiente e delicato del fotografo – possano generare “una sinergia trasformatrice, che abbia come orizzonte la fraternità umana”.

Una donna salvata dopo una traversata nel Mediterraneo

Beltrami: la forza dello sguardo femminile 

Lia Beltrami è ideatrice della mostra, che rientra nel più ampio progetto Emotions to Generate Change. All’attivo ha la cura del Padiglione della Santa Sede a EXPO Milano 2015, la direzione artistica della mostra fotografica a EXPO Astana 2017, la fondazione del Religion Today Film Festival. Sottolinea come Women’s Cry mostri la forza dello sguardo femminile, che è sguardo di connessione e relazionalità, e suggerisca che una società sana è possibile solo quando non ci sarà discriminazione di sguardi, una missione che deve essere sentita da tutti per il bene di tutti.” Preparando alla visita di inaugurazione, ha spiegato: “Ogni immagine ci porta in un mondo di donne forti e fragili, che portano pesi enormi, ma che ci raccontano la bellezza”. 

Lia Beltrami (alla destra) illustra la mostra al colonnato di San Pietro. Ci sono anche Suor Raffaella Petrini (Dicastero per i Vescovi) e il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini

I fotografi: mettere in luce il potenziale di una vita ai margini

Coinvolti nel progetto ci sono, dal Bangladesh, Asaf Ud Daula, premiato da Forbes come miglior fotografo green al mondo (dopo essere stato scoperto per il padiglione Santa Sede a Milano Expo 2015); Luca Catalano Gonzaga, pluri premiato a livello mondiale, Vassilis Ikoutas, da Rodi, Ferran Paredes Rubio, direttore della fotografia catalano. Caterina Borgato, esploratrice, sempre attenta all’umanità e al mondo delle donne sconosciute, la grande fotografa Silvia Tenenti. Proprio lei, che ha ritratto donne che vivono nella depressione desertica della Dancalia etiopica, nell’inaccessibile isola di Socotra (Yemen), sui remoti altipiani della Mongolia occidentale, ai confini con la Siberia, dichiara di volersi soffermare “sugli squilibri e sulle disgregazioni che anche nelle società del benessere diffuso e non solo in quelle estreme, rendono ancora difficile l’affermazione sociale delle donne”. E poi c’è anche Giuseppe Caridi, che qui illustra qui una sua foto:

Giuseppe Caridi illustra la sua foto di donne in Ciad

Ruffini: foto che scuotono dall’apatia per costruire fraternità

Ad ogni foto è associata una frase dell’Enciclica Fratelli tutti: non vuole essere una semplice didascalia, ma un percorso integrato verso la fraternità, come ha precisato Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione. “Queste foto ci aiutano ad aprire gli occhi”, ha detto citando il cardinale Martini (la lettera pastorale Effatà): come essere presenti nel mondo dei mass-media senza essere travolti da fiumi di parole e da un mare di immagini? Perché il paradosso della nostra società ipertrofica di informazioni è proprio quello di sapere tutto e niente. Queste foto scuotono la nostra apatia, ci interrogano, non ci offrono risposte, ha spiegato ancora il prefetto, ma ci mettono davanti alla nostra cecità. Lacerano la corazza di ipocrisia. “Il grido delle donne – ha rimarcato Ruffini – ci insegna a saper vedere il male per non rimanerne prigionieri, per riscattarlo. “Queste foto ci mostrano un cammino, e con le parole di Papa Francesco ci domandano se stiamo camminando nella speranza o nella rassegnazione; ci mostrano la fragilità per chiederci di cosa ci prendiamo cura”. 

Due suore in Togo (ph. di Sebastiano Rossitto)

Un grido di riscatto dagli angoli remoti del pianeta 

Il poster ritrae il grido delle donne in Togo di Sebastiano Rossitto, autore di diverse altre foto esposte. Della fotografa turca Neșe Ari è la foto che campeggia sul lato interno alla piazza: donne vietnamite all’opera nel rammendo di reti da pescatore. C’è poi la donna salvata da una traversata nel Mediterraneo; una bambina alla stazione di Leopoli, sorride pur nel dramma del conflitto in Ucraina; un’intera famiglia al femminile (nonna, mamma, zia, nipote) che nel cuore dell’Amazzonia coltiva mandioca. C’è un’anziana assorta a guardare fuori dall’uscio di un villaggio greco, una bambina equilibrista indiana, una ventenne sradicata dalla foresta ancestrale della tribù Batwa alle prese con una maternità in estrema povertà. E poi ancora l’India, l’Anatolia. Angoli dimenticati che con le donne in primo piano approdano ora a Roma prima di far tappa a Venezia, a New York, in Ruanda. Una delle immagini ci porta nelle contraddizioni di una violenta favela brasiliana: qui un gruppo di danza al femminile enidenzia tutta la potenza e la voglia di riscatto. Sono ragazze che hanno dato vita allo spettacolo Laudato Si’ Amazonia – O Espaço da Vida na Terra: saranno in Vaticano il 24 maggio per l’udienza generale con il Papa, balleranno tra le foto della mostra, e faranno omaggio a Francesco del copricapo blu, ritratto nella foto di Maria Ausiliadora, fatto dalle donne indigene dell’Amazzonia.

Una famiglia che coltiva mandioca in Amazzonia

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