Debora D’Angelo – Città del Vaticano
Quattro giorni di testimonianze, incontri, momenti di preghiera e di festa per conoscere l’esperienza e i volti della missione. Non mancheranno concerti, spettacoli ed esposizioni artistiche. L’idea è nata in piena pandemia e ha continuato a svilupparsi grazie all’impegno di tanti. Ad oggi, ci si pone un obiettivo più ambizioso: far sì che il Festival vada avanti anche dopo le quattro giornate e si crei una rete di dialogo. Se n’è parlato oggi, nella Cappella Sant’Aquilino della Basilica di San Lorenzo a Milano, nell’ambito della conferenza stampa di presentazione.
Essere una famiglia e vivere “per-dono”
Don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, ha spiegato alcuni degli obiettivi dell’evento: “Facciamo il Festival per portare a tutti questa esperienza umana e culturale. Non siamo interessati a fare un convegno, ma vogliamo incontrare gli altri e donare questa ricchezza. Impariamo a vivere come un’unica famiglia”, ha detto. Nel suo intervento, Don Fabio Motta, missionario CIMI, ha sottolineato uno dei temi centrali delle giornate: “Vorremmo che il Festival non fosse un atto isolato, per cui abbiamo organizzato diverse attività prima e dopo il suo svolgimento. Desideriamo creare una rete e un dinamismo al nostro interno per coinvolgere la Chiesa e la nostra società”.
Essere protagonisti e andare oltre le differenze
Mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale della Diocesi ambrosiana, ha espresso il proprio rallegramento di ospitare il Festival e ha rimarcato che c’è bisogno di essere protagonisti e che questi laboratori potrebbero dare il giusto slancio alla diocesi. “Gesù ci unisce – ha ricordato – e non dobbiamo avere paura delle differenze”.
Dialogo, scelta ed ecologia integrale
Per l’occasione sono stati individuati tre ospiti che con la loro vita incarnano tre parole chiave del Festival della Missione: dialogo, scelta ed ecologia integrale. “Oggi il dialogo è più difficile – racconta padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime noto per aver favorito il confronto interreligioso tra cristiani e musulmani nelle Filippine – a causa delle divisioni all’interno degli stessi gruppi”. È stata poi Kindi Taila a dare la sua testimonianza di ragazza fuggita da bambina dalla guerra in Repubblica democratica del Congo grazie proprio all’aiuto di alcuni missionari italiani. Si è laureata in Medicina in Italia e poi è tornata più volte in Africa per esperienze missionarie: “Alziamo lo sguardo e continuiamo a fare scelte – il suo invito – riconoscendo il valore di essere fratelli e sorelle. Io ho scelto di aiutare”. Infine, l’intervento di Adriano Karipuna, figura simbolo della resistenza dei popoli indigeni dell’Amazzonia contro la deforestazione: “Molte persone vengono uccise ogni giorno perché difendono la Foresta. Non c’è più tempo – ha scandito – ora più che mai è necessario il vostro ascolto e contributo”.