Vicino nella distanza. Un anno fa la prima messa in diretta da Santa Marta

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Si dice “come un fulmine a ciel sereno” quando un evento cambia improvvisamente la vita. Un fulmine porta anche luce e allora in quel bagliore si può intravedere un orizzonte di speranza. C’è la pandemia che soffoca, immobilizza l’esistenza, costringe ad alterare equilibri di lavoro, in casa e toglie anche il nutrimento dell’Eucaristia. E’ una scelta, quest’ultima, che nasce dall’esigenza di arginare i contagi. In Italia i numeri fanno impressione, muoiono quasi mille persone al giorno. La luce si accende sulla dedizione di medici, infermieri, donne delle pulizie, commessi dei supermercati e si attenua sulla vita dei più fragili, gli anziani “memoria” e “radici profonde” per il futuro, come ama definirli il Papa.

E’ in questo smarrimento che tutti sentono, nella solitudine che in tanti vivono, nella paura di ammalarsi che Francesco sceglie di farsi prossimo. Offre la sua vicinanza di padre permettendo a chiunque di prendere parte, a partire dal 9 marzo 2020, alla Messa delle 7 del mattino che, ogni giorno, celebra a Casa Santa Marta. Quell’evento, fino allora raccontato in sintesi dalle cronache dei media vaticani e riservato a piccoli gruppi, diventa alla portata di tutti. Il Papa in diretta televisiva celebra l’Eucaristia, mostrando subito il senso di quella scelta:

In questi giorni, offrirò la Messa per gli ammalati di questa epidemia di coronavirus, per i medici, gli infermieri, i volontari che aiutano tanto, i familiari, per gli anziani che stanno nelle case di riposo, per i carcerati che sono rinchiusi. Preghiamo insieme questa settimana, questa preghiera forte al Signore: “Salvami, o Signore, e dammi misericordia. Il mio piede è sul retto sentiero. Nell’assemblea benedirò il Signore”.

La Chiesa con il popolo

“Preghiera forte”: dice Francesco, una preghiera che si leva dalla sua Casa per diventare respiro del mondo. Un’unica voce che unisce, che fortifica la comunità, che aiuta a non arrendersi alla disperazione. Ogni giorno il Papa ha un pensiero per chi è in difficoltà: le mamme in attesa, i bambini lontani dalla scuola e che di fretta non hanno nemmeno salutato maestre e compagni, gli artisti dotati “di creatività molto grande” che “per mezzo della strada della bellezza – aveva detto il 27 aprile 2020 – ci indicano la strada da seguire”.

Quel prendere per mano il gregge smarrito ha un eco incredibile, anche in Cina seguono quotidianamente le Messe del Papa. Il 18 maggio, dopo oltre due mesi e con la possibilità di riprendere le celebrazioni in presenza, Francesco interrompe questa consuetudine perché, come aveva detto il 17 aprile, “l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i Sacramenti. Sempre”. A distanza di un anno come leggere la scelta del Papa di far trasmettere la Messa di Santa Marta? Così il vaticanista Lucio Brunelli, già direttore di Tv2000:

Ascolta l’intervista a Lucio Brunelli

R. – E’ stata una scelta davvero profetica e provvidenziale. Erano giorni molto particolari, esperienze che non avevano precedenti nella nostra vita e nella vita di milioni di persone. Eravamo confinati a casa, impauriti e il bollettino delle 18, ogni giorno, ci atterriva con il numero dei morti che cresceva, cresceva, ed eravamo anche senza Sacramenti, anche questa un’esperienza assolutamente inedita per milioni di persone. Non potevamo confessarci, non potevamo andare alla Messa e, da questo punto di vista, il sì del Papa alla trasmissione in diretta della Messa di Santa Marta è stata una grande consolazione, un grande conforto nella vita quotidiana. Non era soltanto una consolazione così “sentimentale” ma era un conforto alla fede, il cui centro – che spesso dimentichiamo – è la figura, la presenza stessa di Gesù. Questa frequentazione con Gesù, ogni mattina, è stato il vero centro della consolazione che il Papa ha portato alle mie giornate e alle giornate di tanti italiani.

Allora i media hanno sempre ripreso le intenzioni di preghiera del Papa che erano dedicate alle figure più esposte al virus, però non si può sottovalutare il peso delle omelie che forse sono state proprio il cuore di quel conforto di cui dicevi…

R. – Le intenzioni erano importanti perché veramente ci facevano sentire più uniti tutti, quindi gli infermieri, le persone anziane, le famiglie che si trovano a casa con i bambini erano importanti per la concretezza di cui parlavamo prima, però il cuore di queste Messe erano proprio le omelie, il commento al Vangelo fatto dal Papa con questa concretezza per cui sembrava di essere lì di ogni giorno, mescolati alla folla che seguiva Gesù in Palestina, scoprendo ogni giorno un aspetto, una profondità.

Come è cambiata, se è cambiata, secondo te la percezione della figura del Papa e in particolare di Papa Francesco?

R. – A me ha colpito che molti amici e conoscenti che avevano pregiudizi nei confronti di Papa Francesco, in quel periodo, si sono un po’ ricreduti. Hanno scoperto un Papa Francesco diverso rispetto a certi schemi e a certi stereotipi ai quali erano andati dietro. In particolare lo stereotipo del Papa politico, sia quando veniva osannato sia quando veniva denigrato, sempre imprigionato in uno schema, considerato a destra come il Papa amico dei comunisti, a sinistra invece valorizzato come il Papa ecologico, che difende i diritti degli immigrati. In quei giorni è come se tutti avessimo scoperto il cuore vero di questo Pontificato che è essenzialmente religioso, nel senso profondo e concreto del termine, il ritorno al Vangelo. Mai come in quei due mesi e 9 giorni, dal 9 marzo al 18 maggio, credo che mai Papa Francesco sia stato vicino, sia entrato nel cuore delle persone e che queste abbiano compreso ciò che più profondamente lui esprime.

Ad oggi in molti scrivono a media vaticani per chiedere di raccontare ancora la Messa di Santa Marta e di ripristinare quella abitudine interrotta nel momento in cui è stato possibile tornare in chiesa e celebrare la Messa in presenza. E’ come se ci fosse una sensazione di vuoto da condividere…

R. – E’ stato un po’ un dispiacere quando le Messe di Santa Marta sono state interrotte, anche se la motivazione del Papa era una motivazione molto forte e molto vera. Nel giorno in cui è stata ridata ai fedeli la possibilità di partecipare alla Messa, lui ha smesso senza nessun indugio, credo che la sua ragione sia molto importante perché poteva insorgere in tutti noi il rischio di una Chiesa “virtuale”, mentre invece è essenziale nella vita cristiana l’appartenenza fisica alla comunità e anche al Sacramento. È stata un’esperienza eccezionale da tutti i punti di vista, sono un giornalista che si è sempre occupato di informazione religiosa, questa esperienza è stata importante anche sotto il profilo dei numeri. Da quando anche Rai 1 ha deciso di trasmettere la Messa in diretta, all’inizio era soltanto Tv2000 e poi i media vaticani in streaming, abbiamo visto degli ascolti incredibili superiori al 23% che, sommati con quelli di Tv2000, portavano ad oltre il 30% di italiani che la mattina seguiva la Messa di Santa Marta, senza alcun commento tra l’altro. Questa pure è un’esperienza che mi ha molto colpito, era una Messa che arrivava nuda e cruda è proprio questa era anche la sua forza. Pure gli spazi di silenzio, che in apparenza potevano apparire più anti-televisivi come il momento dell’adorazione eucaristica, anche lì l’attenzione non calava perché il Papa riesce a toccare delle corde profonde, le corde della fede che sono il vero punto sorgivo di una consolazione, della speranza di cui sentivamo e sentiamo bisogno anche oggi.