Stasera, ultimo venerdì di Quaresima prima della Settimana Santa, si svolge un percorso di preghiera nel Parco archeologico fino alla chiesa di San Bonaventura, guidato dalla CVX romana. La coordinatrice D’Amico: un’occasione per riflettere sulle guerre, fare memoria della morte di Gesù per comprendere meglio le ferite del mondo contemporaneo. Bisogna liberare questi riti da sovrastrutture devozionali ed entrare intimamente nelle dinamiche di ingiustizia antica e presente
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Fare memoria delle ingiustizie che ha vissuto Gesù e riflettere sulle ingiustizie di oggi nel mondo. Con questo spirito, stasera alle 20, avrà luogo una Via Crucis che si snoderà nel Parco archeologico del Palatino, dall’Arco di Tito sulla Via sacra fino alla chiesa di San Bonaventura. La preparazione delle meditazioni che scandiranno le stazioni è frutto in gran parte dell’impegno delle Comunità di Vita Cristiana (CVX) presenti a Roma.
Liberarsi dalle sovrastrutture devozionali
Come interpella la realtà delle guerre e come si riflette nella preghiera di questo tempo quaresimale così prepotentemente segnato dal rimbombo delle armi? “Un lunghissimo Venerdì santo”, lo ha definito il cardinale Zuppi, questo tempo. La proposta di organizzare una Via Crucis meditata è nata all’interno del Consiglio pastorale della residenza di Sant’Ignazio, a Roma, una realtà che auspica a diventare nel cuore di Roma un centro culturale improntato alla spiritualità ignaziana, in cui le CVX danno a livello ordinario un grosso apporto e dove gravitano anche diversi gruppi di volontari, per esempio nella mensa dell’Oratorio del Caravita. Di fatto, sono state soprattutto le CVX ad essere coinvolte, riflettendo sui modi e sui contenuti da condividere per questo rito collettivo, aperto a chiunque, in cui si è data voce alle risonanze comunitarie. “Mi sono resa conto che la Via Crucis è un percorso di memoria, fare memoria di un evento raccontato nel Vangelo al quale ci dobbiamo avvicinare il più intimamente possibile. Molte volte invece ci sono tante sovrastrutture devozionali di cui forse dovremmo un po’ liberarci”, così Maria Letizia D’Amico, coordinatrice della CVX a Roma.
Sentire le ferite dell’umanità
Nel momento in cui avviene questa operazione di svuotamento, allora il cuore è più predisposto a sentirsi investire, in modo autentico, dalle ferite dell’umanità. Ne è convinta D’Amico: “Quando lo fai, senti vicine situazioni di dolore e di fatica come tutte le guerre che purtroppo ci sono nel mondo e che sono venute fuori nelle varie meditazioni preparate dai gruppi. Quindi, il dolore della madre è il dolore di tutte le madri che perdono un figlio per la guerra e non solo. E questo è stato esplicitato molto, anzi, in alcuni casi abbiamo dovuto poi intervenire sui testi a limare queste ripetizioni”. Ecco allora che “l’ingiustizia nella condanna di Gesù richiama le tante ingiustizie alle quali assistiamo qualche volta un po’ impotenti oppure in modo da non volerle affrontare, lasciandocele scivolare addosso, come Pilato”, osserva la coordinatrice. “La Via Crucis sarà un’occasione per chiederci: dove sto, io rispetto a questo?“.
Entrare nelle scene evangeliche per capire l’oggi
Così ogni gruppo CVX della comunità romana commenterà la scena di ogni singola stazione offrendo spunti di riflessione che rimandano all’attualità internazionale: la recente morte del dissidente russo Navalny, per esempio, oppure la condizione del popolo di Gaza, le tragedie dei migranti che muoiono nel Mediterraneo o dei bambini violati o dei braccianti sfruttati. Dalla preghiera dell’abbandono di Charles De Foucault all’inno di Iacopone da Todi a una poesia di Mariangela Gualtieri: sono solo alcune delle citazioni che ritroviamo nei testi proclamati lungo il percorso. “La composizione di luogo che Sant’Ignazio di Loyola suggerisce come esercizio per avvicinarsi a Gesù e alle situazioni che ha attraversato, con la Via Crucis si attualizza. Soltanto se usiamo questo metodo per rientrare nella realtà, possiamo intuire come intervenire in questa realtà. Credo che questo sia l’esercizio”, conclude Maria Letizia.