Chiesa Cattolica – Italiana

Veglia di Pasqua, il Papa: la vita ricomincia con Gesù che apre vie nuove e ci ama senza confini

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

La luce e la preghiera si riverberano da Roma in tutto il mondo, ferito da guerre, povertà e pandemia, per rivivere la Pasqua del Signore e per volgere lo sguardo verso Gesù che passa dalla morte alla vita. All’inizio della celebrazione, sono il buio e la penombra a riempire gli spazi della Basilica di San Pietro. Nella liturgia della Veglia di Pasqua l’oscurità è spezzata dal fuoco benedetto davanti all’altare e dal cero acceso dal Papa che ricorda la vera luce: quella di Cristo  che risorge e disperde le tenebre. La processione verso l’altare, con  il diacono che porta il cero elevato, è scandita dal canto “Lumen Christi”. Il buio si dirada fino al momento in cui  si accendono le luci della Basilica. Il diacono incensa il libro e il cero pasquale. I fedeli ascoltano in piedi, con una candela accesa, il canto del preconio pasquale, con cui si proclama la vittoria della luce sulle tenebre. 

Il crocifisso è risorto

Nella Basilica risuonano poi le tre Letture tratte dal libro della Genesi, da quello dell’Esodo e dal libro del profeta Ezechiele. Dopo il suono delle campane e il canto del “Gloria”, si propagano le parole dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani “come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. Il diacono si avvicina al Santo Padre e intona l’Alleluia. Il canto precede il Vangelo di Marco con le frasi rivolte da un giovane alle tre donne che si erano recate “al sepolcro al levare del sole”: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”. Quel giovane, “vestito d’una veste bianca”, aggiunge: “Dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea”. Nell’omelia Papa Francesco ricorda che “le donne pensavano di trovare la salma da ungere”. “Invece hanno trovato una tomba vuota”. Il Pontefice esorta anche ad accogliere l’invito ad andare “in Galilea dove il Signore Risorto ci precede”. Ma cosa significa – chiede il Santo Padre – “andare in Galilea”? “Significa anzitutto ricominciare”, spiega il Pontefice. Per i discepoli è ritornare “nel luogo dove per la prima volta il Signore li ha cercati e li ha chiamati a seguirlo”. “È il luogo del primo incontro e del primo amore”.

Eppure, pur stando sempre con Lui, non lo hanno compreso fino in fondo, spesso hanno frainteso le sue parole e davanti alla croce sono scappati, lasciandolo solo. Malgrado questo fallimento, il Signore Risorto si presenta come Colui che, ancora una volta, li precede in Galilea; li precede, cioè sta davanti a loro. Li chiama e li richiama a seguirlo, senza mai stancarsi. Il Risorto sta dicendo loro: “Ripartiamo da dove abbiamo iniziato. Ricominciamo. Vi voglio nuovamente con me, nonostante e oltre tutti i fallimenti”. In questa Galilea impariamo lo stupore dell’amore infinito del Signore, che traccia sentieri nuovi dentro le strade delle nostre sconfitte.

Ricominciare

L’invito ad “andare in Galilea” si lega al primo annuncio di Pasqua che Francesco consegna ai fedeli di tutto il mondo: “è possibile ricominciare sempre, perché c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti”. 

Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova. Egli ci precede sempre: nella croce della sofferenza, della desolazione e della morte, così come nella gloria di una vita che risorge, di una storia che cambia, di una speranza che rinasce. E in questi mesi bui di pandemia sentiamo il Signore risorto che ci invita a ricominciare, a non perdere mai la speranza.

Percorrere vie nuove

Il Papa sottolinea che andare in Galilea, in secondo luogo, “significa percorrere vie nuove”, “muoversi nella direzione contraria al sepolcro”. “Tanti vivono la ‘fede dei ricordi’, come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo”. È questa, spiega il Pontefice, “una fede fatta di abitudini, di cose del passato, di bei ricordi dell’infanzia. Una fede “che non mi tocca più, non mi interpella più”.

Andare in Galilea, invece, significa imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada. Deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro. E poi affidarsi, senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio. Andiamo in Galilea a scoprire che Dio non può essere sistemato tra i ricordi dell’infanzia ma è vivo, sorprende sempre. Risorto, non finisce mai di stupirci. Ecco il secondo annuncio di Pasqua: la fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Apre vie nuove dove ti sembra che non ci siano, ti spinge ad andare controcorrente rispetto al rimpianto e al “già visto”. Anche se tutto ti sembra perduto, apriti con stupore alla sua novità: ti sorprenderà.

Gesù ci ama senza confini

Il Papa sottolinea che andare in Galilea significa, inoltre, “andare ai confini”. La Galilea, ricorda Francesco, è “il luogo più distante”, una regione dove “abitano quanti sono più lontani dalla purezza rituale di Gerusalemme”. “Eppure Gesù ha iniziato da lì la sua missione, rivolgendo l’annuncio a chi porta avanti con fatica la vita quotidiana, agli esclusi, ai fragili, ai poveri, per essere volto e presenza di Dio, che va a cercare senza stancarsi chi è scoraggiato o perduto, che si muove fino ai confini dell’esistenza perché ai suoi occhi nessuno è ultimo, nessuno escluso”. “Lì il Risorto chiede ai suoi di andare, anche oggi”. “È il luogo della vita quotidiana, sono le strade che percorriamo ogni giorno, sono gli angoli delle nostre città in cui il Signore ci precede e si rende presente, proprio nella vita di chi ci passa accanto e condivide con noi il tempo, la casa, il lavoro, le fatiche e le speranze”.

In Galilea impariamo che possiamo trovare il Risorto nel volto dei fratelli, nell’entusiasmo di chi sogna e nella rassegnazione di chi è scoraggiato, nei sorrisi di chi gioisce e nelle lacrime di chi soffre, soprattutto nei poveri e in chi è messo ai margini. Ci stupiremo di come la grandezza di Dio si svela nella piccolezza, di come la sua bellezza splende nei semplici e nei poveri. Ecco, allora, il terzo annuncio di Pasqua: Gesù, il Risorto, ci ama senza confini e visita ogni nostra situazione di vita. Egli ha piantato la sua presenza nel cuore del mondo e invita anche noi a superare le barriere, vincere i pregiudizi, avvicinare chi ci sta accanto ogni giorno, per riscoprire la grazia della quotidianità. Riconosciamolo presente nelle nostre Galilee, nella vita di tutti i giorni. Con Lui, la vita cambierà. Perché oltre tutte le sconfitte, il male e la violenza, oltre ogni sofferenza e oltre la morte, il Risorto vive e conduce la storia.

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