Vatican News
Si aggiorna la legislazione vaticana in tema di agevolazioni a tutela della maternità e per ciò che concerne prestazioni lavorative a “carattere discontinuo o intermittente”, dunque provvisorio. Le modifiche sono contenute in due rescritti, frutto di un’udienza concessa al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin lo scorso 13 dicembre.
Il Permesso di paternità
Nel caso del cosiddetto “Permesso di paternità”, si stabilisce che un padre alla nascita di un figlio possa godere di tre giorni di permesso pagato “al 100% della retribuzione”, calcolata in base all’anzianità di servizio. Nel testo si fissano le modalità e le condizioni da assolvere nella richiesta – preavviso, il calcolo della data da cui far scattare il permesso – e si stabilisce che tale facoltà “si applica anche al padre adottivo o affidatario”.
Il contratto a chiamata
L’altra novità approvata dal Papa riguarda il “contratto a chiamata” che modifica una parte del Regolamento generale della Curia Romana. La riforma si inserisce nel solco della Lettera pontificia del settembre 2018 nella quale, afferma il cardinale Parolin, erano state affrontate “delle criticità nella complessa tematica del lavoro” in Vaticano. In sostanza, viene sancito che un capo dicastero, “entro i limiti del proprio bilancio”, possa mettere sotto contratto un lavoratore “per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, per esigenze tecniche, organizzative o sostitutive”, o quando “in particolari periodi sorga la necessità di prestazioni non predeterminabili”.
La norma decreta che il ricorso a questo contratto è limitato a un periodo “non superiore a seicentosessantacinque giornate di effettivo lavoro nell’arco di cinque anni solari”, che ai fini pensionistici i lavoratori siano iscritti “in un’apposita gestione separata istituita presso il Fondo Pensioni” e abbiano diritto a “una copertura sanitaria minima presso il Fondo Assistenza Sanitaria, limitatamente ai periodi di effettivo servizio”. Tra le altre cose, il rescritto stabilisce che contratti “a chiamata” “non danno titolo alla immissione in ruolo” e che dunque “il rapporto di lavoro cessa allo scadere del termine”.