Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Sono cifre preoccupanti le prime che emergono dal Rapporto curato dall’Unicef e in uscita oggi, dal titolo : “La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani”. Più di un adolescente su 7, tra i 10 e i 19 anni, convive – secondo i dati – con un disturbo mentale diagnosticato e la prevalenza sono maschi. 89 milioni contro i 77 milioni di ragazze. Un disagio che a volte può diventare insopportabile e che porta quasi 46.000 adolescenti ogni anno a togliersi la vita, più di uno ogni 11 minuti.
Nelle diagnosi dei disturbi mentali a prevalere, al 40% circa, sono ansia e depressione con tassi più elevati in Medio Oriente e Nord Africa, in Nord America e in Europa Occidentale. In alcuni casi il disagio mentale – fa sapere l’Unicef – è tale che da lasciare i giovani con la sensazione di non avere una via di uscita. E così il suicidio è, nel mondo, una fra le prime cinque cause di morte fra i 15 e i 19 anni ma in Europa occidentale diventa la seconda, con 4 casi su 100.000, dopo gli incidenti stradali.
L’impatto sociale e scarsi investimenti
Ogni problematica mentale diagnosticata impatta sui bambini ma di riflesso sulla società tutta, dal deficit di attenzione, all’ autismo, dal disturbo bipolare a quelli della condotta e dell’alimentazione. Una nuova analisi della London School of Economics presente nel Rapporto sui giovani dell’Unicef, indica che il mancato contributo alle economie a causa dei problemi di salute mentale che portano a disabilità o morte tra i giovani, è stimato in quasi 390 miliardi di dollari all’anno.
A fronte di questo, “i governi – ha dichiarato il direttore generale dell’Unicef Henrietta Fore – stanno investendo troppo poco per affrontare questi bisogni fondamentali”. A livello globale, infatti, agli interventi per la salute mentale viene destinato circa il 2% dei fondi governativi per la salute. “Troppo poco rispetto alle necessità”, mette in guardia il Rapporto.
Il costo spicologico della pandemia, punta dell’icebreg
All’interno del nuovo Rapporto viene presentato anche un sondaggio condotto dall’Unicef e dalla società di analisi americana Gallup in 21 paesi che stima il costo psicologico della pandemia il cui impatto potrebbe riguardare molti anni a venire. Secondo i dati un giovane su 5 tra i 15 e i 24 anni dichiara di sentirsi spesso depresso o di avere poco interesse nello svolgimento di attività. A livello globale, almeno 1 bambino su 7 è stato direttamente colpito dai lockdown, mentre più di 1,6 miliardi di bambini hanno perso parte della loro istruzione a causa delle chiusure delle scuole. L’interruzione della routine, dell’istruzione, delle attività ricreative, così come la preoccupazione per il reddito familiare e la salute, spiega il rapporto, rende molti giovani spaventati, arrabbiati e preoccupati per il loro futuro.
“Sono stati 18 lunghi mesi per tutti noi, specialmente per i bambini. Con i lockdown – ha dichiarato il direttore generale dell’Unicef Henrietta Fore – a livello nazionale e le restrizioni di movimento legate alla pandemia, i bambini hanno trascorso anni indelebili della loro vita lontano dalla famiglia, dagli amici, dalle aule, dal gioco, elementi chiave dell’infanzia stessa”. Non solo. L’impatto della pandemia sulla salute mentale “è solo la punta dell’iceberg. Anche prima della pandemia – conclude – troppi bambini erano gravati dal peso di problemi non affrontati di salute mentale”.