Una scienziata lotta contro la silenziosa minaccia del mercurio in Amazzonia

Vatican News

Manuel Cubias – Città del Vaticano

Negli ultimi decenni, l’Amazzonia ha subito forti pressioni per l’eccessiva estrazione delle sue risorse naturali, registrando gravi tassi di deforestazione e conflitti sociali. Uno dei più conosciuti è quello di Madre de Dios, considerata “la capitale della biodiversità del Perù”.

Claudia Vega ha studiato nella scuola dei gesuiti del distretto di El Salvador. La sua preoccupazione per la natura e la vita di tutti gli esseri umani affonda probabilmente le radici nelle molteplici attività che ha realizzato sul posto con il gruppo scout dell’istituto. Una volta conclusi gli studi superiori, ha investito molto tempo e sforzi per prepararsi professionalmente in aree come quella chimica e veterinaria, la salute e la tutela dell’ambiente.

Attualmente la dottoressa Claudia Vega fa parte di un importante gruppo di scienziati dell’Amazzonia peruviana, nel dipartimento di Madre de Dios. Lì è la coordinatrice del Programma Mercurio al Centro d’Innovazione Scientifica Amazzonica (Cincia) che ha come obiettivo quello di studiare l’inquinamento provocato dal mercurio nella zona.

La scienziata osserva che “purtroppo a Madre de Dios la principale attività economica è l’estrazione mineraria artigianale dell’oro su piccola scala (Mape), la quale avviene con l’utilizzo del mercurio, un metallo tossico. L’attività della Mape è la principale fonte di mercurio antropogenico a livello mondiale e il 52% del mercurio rilasciato dalla Mape nel mondo proviene dal Sud America”.

Secondo uno studio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) “la Mape si associa a molti problemi di salute occupazionale e ambientale, specialmente quando praticata in modo informale o con risorse materiali e tecniche limitate”. Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ del 2015 sottolinea come si assista ad un «uso sproporzionato delle risorse naturali» 

compiuto storicamente in certe zone del Pianeta. «Le esportazioni di alcune materie prime per soddisfare i mercati nel Nord industrializzato hanno prodotto – ricorda il Pontefice – danni locali, come l’inquinamento da mercurio nelle miniere d’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame» (51).

La dottoressa Vega spiega che, per studiare questo fenomeno, è stata avviata una collaborazione tra il Cincia, la Wake Forest University (Wfu) e l’Usaid, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, al fine di creare un centro di ricerca che trovi soluzioni innovative all’impatto della Mape sull’Amazzonia peruviana. Nel 2017 è stato allestito il primo Laboratorio di Mercurio e Chimica Ambientale, con lo scopo di sviluppare studi specifici nella regione. Finora sono stati effettuati più di trecento campionamenti per analizzare la situazione dell’inquinamento da mercurio: suolo, sedimenti, pesci, aria, uccelli, esseri umani (capelli).

Un’équipe internazionale e multidisciplinare

Claudia Vega sottolinea che l’opera scientifica che svolge comporta un lavoro congiunto con diversi professionisti del Paese: “lavoro con ingegneri forestali, biologi ed ecologi del Perù e di altri Stati che conoscono il tema dell’impatto” che hanno tali attività.

La conoscenza ha potere

“Siamo convinti – prosegue – che la conoscenza ha potere. Diagnosticare un problema è il primo passo per risolverlo. Abbiamo bisogno di produrre informazione scientifica per comunicarla alle persone (il pubblico in generale) e agli organi decisionali (istituzioni) affinché venga presa in considerazione nell’attuazione di politiche pubbliche che mirino allo sviluppo sostenibile e alla tutela della salute umana e dell’ecosistema nella regione amazzonica”.

I mali restano, i benefici vanno via

La scienziata sottolinea il paradosso dell’attività mineraria: “causa un impatto sulla regione amazzonica ma i benefici prodotti da tale attività restano fuori dalla regione”. Perciò è importante evidenziare l’impatto dell’attività mineraria su piccola scala, come la deforestazione e l’inquinamento da mercurio, “per rendere le persone consapevoli del bisogno di migliorare i metodi estrattivi e di ricercare soluzioni innovative”.

Il volto umano dell’attività estrattiva

In un contesto segnato dall’attività estrattiva, la dottoressa Vega ritiene essenziale l’opera di sensibilizzazione della popolazione e, in particolare, dei bambini e dei giovani, per promuovere cambiamenti di comportamento nel preservare la natura. Papa Francesco nella Laudato si’ sottolinea come l’educazione sia chiamata a «creare una ‘cittadinanza ecologica’» per «avere cura del creato con piccole azioni quotidiane», fino a «dar forma ad uno stile di vita» (211). “Abbiamo casi di figli e di familiari di minatori che – spiega la scienziata – stanno studiando

biologia o materie affini e lavorano con noi alla ricerca di soluzioni all’impatto dell’attività estrattiva”. E prosegue dicendo: “dobbiamo pensare che l’attività mineraria rappresenta una forma di sussistenza per migliaia di persone; questa problematica ha uno sfondo sociale ed economico molto complesso che implica conseguenze molto gravi a livello di salute ambientale e umana”.

Comunità native, le più colpite dal mercurio

Un altro elemento importante, osserva la scienziata, è che “le comunità native sono tra le popolazioni più colpite dall’esposizione al mercurio perché questo metallo raggiunge alti livelli in alcuni pesci che costituiscono la fonte di proteine per le comunità, comportando un rischio per la loro salute”.

Il lavoro che realizza l’équipe del Cincia parte dalla constatazione che l’utilizzo del mercurio nell’estrazione mineraria comporta effetti tossici per l’ambiente e per tutti gli esseri viventi e al contempo genera deforestazione e perdita della copertura vegetale. L’aumento dell’utilizzo di questo metallo e la sua presenza nei pesci e in altri animali consumati dagli uomini rende i bambini e le donne incinte un gruppo molto vulnerabile: “il mercurio può attraversare la placenta e giungere al cervello del feto, causando danni irreversibili”, afferma la dottoressa Vega.

La voce delle comunità indigene

La scienziata insiste sul fatto che, per la vita futura delle comunità indigene, è necessario evitare l’uso del mercurio nell’estrazione dell’oro. Altrettanto importante è che queste “facciano udire la loro voce a livello nazionale e internazionale perché hanno cose molto importanti da dire e da insegnarci sul rispetto per la natura”.

Per la gente comune, aggiunge la Vega, “è importante sapere il costo di tutto ciò che usiamo; nel caso dell’oro, pur essendo un metallo prezioso, esso può avere un impatto negativo sulla regione dove viene estratto. Nella regione amazzonica, la Mape è causa di deforestazione, di trasformazione della foresta in deserto e d’inquinamento chimico”.

La dottoressa Vega, riferendosi al Centro America, dichiara: “la questione degli effetti dell’estrazione mineraria artigianale è solo agli inizi e ancora non costituisce un tema importante, ma ha tutte le potenzialità per diventarlo, perché purtroppo siamo una regione dove c’è molta povertà e le persone cercano mezzi per sopravvivere. Qui la governance e il senso della protezione della natura sono deboli o assenti”. A tal proposito, il governo peruviano ha ratificato la Convenzione di Minamata, assicurando l’impegno a mitigare gli impatti negativi sull’ambiente e sulla salute umana generati dall’uso inappropriato del mercurio: impatti che – come riconoscono le autorità di Lima – colpiscono soprattutto i popoli indigeni.

La voce di “Querida Amazonia”

Papa Francesco fa riferimento alle culture e alle principali preoccupazioni dei popoli originari, espresse nel Sinodo per l’Amazzonia. «I popoli indigeni amazzonici – sottolinea il Pontefice in Querida Amazonia – esprimono l’autentica qualità della vita come un ‘buon vivere’ che implica un’armonia personale, familiare, comunitaria e cosmica e si manifesta nel loro modo comunitario di pensare l’esistenza, nella capacità di trovare gioia e pienezza in una vita austera e semplice, come pure nella cura responsabile della natura che preserva le risorse per le generazioni future. I popoli aborigeni potrebbero aiutarci a scoprire che cos’è una felice sobrietà e in questo senso ‘hanno molto da insegnarci’». (71)