Una promessa per l’avvenire chiamata pace

Vatican News

Alessandro Gisotti

“Vi sarete accorti quanto spesso la nostra parola ripeta considerazioni ed esortazioni circa il tema della pace”, lo facciamo “perché vorremmo che non mai ci fosse rimproverato da Dio e dalla storia di aver taciuto davanti al pericolo d’una nuova conflagrazione tra i popoli”. Queste parole, che ci ricordano immediatamente i tanti accorati appelli pronunciati da Papa Francesco in questo annus horribilis che volge al termine, sono contenute nel messaggio con il quale, l’8 dicembre del 1967, San Paolo VI istituiva la Giornata mondiale della Pace che il prossimo 1 gennaio verrà celebrata per la 56.ma volta. Una Giornata, spiega Papa Montini, che non vuole essere “esclusivamente nostra, religiosa cioè cattolica” ma che incontri “l’adesione di tutti i veri amici della pace”. Tale ricorrenza, nelle intenzioni del Papa, doveva dunque essere celebrata proprio all’inizio di ogni nuovo anno “come augurio e come promessa” che sia “la pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire”.

Colpisce l’umiltà con la quale Paolo VI propose questa iniziativa. “La Chiesa cattolica – sottolineò – con intenzione di servizio e di esempio vuole semplicemente lanciare l’idea”. Un’idea che nel corso degli anni, e in questo 2022 in modo ancora più drammaticamente evidente, ha acquisito il peso dell’intuizione profetica sottolineata anche dall’attenzione che, ben oltre l’orizzonte ecclesiale, viene attribuita ogni anno al contenuto del Messaggio che i Pontefici dedicano alla Giornata. Solo 5 anni prima della sua istituzione, il predecessore di Papa Montini, San Giovanni XXIII, aveva impiegato ogni energia per favorire una soluzione pacifica della “Crisi di Cuba”. Da quella esperienza era nata l’anno dopo l’Enciclica Pacem in Terris a cui Paolo VI si riferisce direttamente, convinto che nessuno sforzo vada risparmiato per promuovere la pace, “unica e vera linea dell’umano progresso”.

E’ quello stesso spirito che ha animato Francesco in questi ultimi dieci mesi di fronte al definirsi sempre più netto del lugubre profilo della Terza guerra mondiale, non più a pezzi. Per porre fine al conflitto in Ucraina sotto attacco russo, il Pontefice ha levato decine di appelli, ha promosso giornate di preghiera e digiuno, sostenuto iniziative di carità di ogni genere. Ha messo in campo la diplomazia della Santa Sede con uno sforzo straordinario (si era mai visto un Papa andare all’ambasciata di uno Stato?). Non si è fermato di fronte alle critiche. Lo ha fatto spinto dalla ostinata convinzione che tutto ciò che serve per offrire una possibilità alla pace può e deve essere tentato. Ecco perché – pur non sapendo cosa ci attende nell’anno che sta per iniziare – possiamo essere sicuri che Papa Francesco farà di tutto perché quella promessa chiamata pace, evocata da Paolo VI, sia mantenuta per l’avvenire.