Chiesa Cattolica – Italiana

Una promessa di salvezza che si rinnova

La Domenica dell’ottava di Pasqua è chiamata in diversi modi: in albis, bianca, della Misericordia. In questo giorno si fa memoria anche dell’episodio dell’incredulità di san Tommaso che ci ricorda come gli uomini facciano fatica a credere se non hanno prove materiali. Così risuona il monito di Cristo: beati coloro che credono con gli occhi della fede. Una celebre opera del Caravaggio spiega in modo efficace l’episodio evangelico

Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano

Nella domenica successiva alla Pasqua, si concentrano alcune ricorrenze, quasi come a voler dare seguito e a rinnovare la gioia del giorno della Risurrezione. Questa è detta domenica in albis, alludendo alla locuzione latina completa albis vestibus deposita, ovvero il giorno in cui le vesti bianche vengono deposte. Nei primi secoli cristiani, infatti, il sacramento del battesimo era amministrato durante la veglia della notte di Pasqua. I nuovi battezzati indossavano una candida veste, simbolo di nuova vita che dismettevano, appunto, nella domenica successiva. La veste bianca è l’abito nuziale del battesimo, l’abito della festa, portata per tutta la settimana dai neofiti che partecipano alle catechesi mistagogiche o battesimali, come spiega san Giovanni Crisostomo che parla di matrimonio spirituale.

La basilica della promessa del battesimo

Questo giorno è legato alla basilica di San Pancrazio sul Gianicolo, che è anche l’ultima chiesa stazionale della settimana di Pasqua.
Menzionata dal Liber pontificalis, fu costruita per volere di papa Simmaco (498-514) sul luogo dove venne sepolto san Pancrazio, martire nel 304 durante le persecuzioni di Diocleziano. Il sacro edificio sorge su alcune catacombe ed è stata sempre meta di pellegrinaggio proprio perché legata alla memoria dei martiri. La sua posizione periferica rispetto alla città e fuori il perimetro delle fortificazioni, la espose a distruzioni come quella operata dalle truppe napoleoniche negli anni 1798-1799 e ancora come quando si trovò sulla linea di combattimento dei garibaldini contro i francesi nel 1849, e la chiesa fu adibita ad ospedale.

Oggi nella basilica si celebra la domenica in albis: tutti i neobattezzati della diocesi romana si riuniscono nella chiesa e attraversano la navata in processione fino all’altare maggiore, presso le reliquie del martire Pancrazio, titolare della basilica, dove depongono la loro veste bianca.

Catacomba di San Pancrazio, Roma

Il proverbiale scetticismo di Tommaso

Il Vangelo di Giovanni racconta i fatti successivi alla Risurrezione del Signore e li colloca nel tempo e nello spazio con estrema precisione. Il Signore appare nella stanza mentre le porte sono chiuse, nei giorni che vengono indicati chiaramente. La prima volta, nel primo giorno della settimana, Tommaso non c’è. Ancora Cristo riappare nell’ottava di Pasqua:

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv, 20, 26-28).

Questo racconto è talmente famoso da essere diventato proverbiale. Colpisce la concretezza delle parole di Giovanni che come abbiamo detto sono esatte. Tommaso è reticente e non crede se non all’evidenza dei fatti. Non solo guardare: Gesù invita Tommaso a guardare e a toccare; a usare i sensi deputati all’esplorazione materiale. 

L’incredulità di Tommaso nell’arte come rappresentazione del reale

Gli artisti si misurano spesso con la rappresentazione dell’immateriale e dell’indicibile, del sacro e del mistero. Invece con questo episodio devono rappresentare la realtà. Ciò che sta accadendo in quel luogo e in quel momento. Tra le opere che rappresentano il tema iconografico dell’incredulità di san Tommaso la più famosa e dirompente è quella di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. La capacità dell’artista di segnare con ogni sua opera sempre un discrimine tra il prima e il dopo la sua esperienza, è in questa iconografia particolarmente evidente. L’opera è un dipinto a olio su tela realizzato tra il 1600 ed il 1601 conservato nella Bildergalerie di Potsdam, ma ulteriori versioni attribuite al maestro sono conservate in una collezione privata a Bologna e a Parigi. Diversi artisti caravaggeschi hanno riproposto lo stesso tema. 

Le opere precedenti al Caravaggio, che si tratti di miniature, dipinti in più larga scala o  sculture – si ricordi il bellissimo gruppo in bronzo del Verrocchio all’Orsanimichele di Firenze – mostrano una composizione che lo spettatore guarda come stando lontano. Pensiamo alle opere di impianto classico quattro e cinquecentesche: la composizione vede le due figure principali, Gesù e Tommaso, uno di fronte all’altro a tutta figura, come fossero lontane da noi così che la ferita del costato e la mano dell’apostolo le possiamo quasi più intuire che osservare.

Andrea del Verrocchio, Incredulità di san Tommaso, 1467–1483, Chiesa e Museo di Orsanmichele ©Fondazione Zeri

Invece il Caravaggio avvicina allo sguardo dello spettatore le figure che sono a mezzo busto. Il punto focale della scena diventa il dito che entra nella piaga. La mano di Cristo dirige saldamente dentro la sua ferita la mano di Tommaso. La sua è bianca, curata, la pelle e le unghie pulite, di contro a quella callosa e sporca  dell’altro.  Sulle linee verticali e orizzontali che creano la composizione del dipinto la critica d’arte ha detto molto. Lo stesso sui piani di luce, su come essa emerga dall’oscurità. Ma osserviamo anche la bellezza incomparabile del Cristo, ammantato da un ricco panneggio di sapore classico, rispetto all’umanità delle rughe e dagli occhi spalancati di stupore degli apostoli, profondamente umani, anzi terrestri. Colpisce come il gesto incredibile di un dito dentro una piaga senza sangue corrisponda alla rappresentazione della realtà che accade davvero, con naturalezza.

Dio non lascia indietro nessuno

Così comprendiamo come in questa domenica ogni cosa sia collegata. Credere con l’innocenza di chi indossa la veste bianca e attraverso il battesimo fa professione di fede. Comprendiamo anche perché la domenica di Misericordia si celebri così vicino alla Pasqua. Come con Tommaso, Dio non lascia indietro nessuno e nonostante la promessa di salvezza sia stata portata a compimento nella Risurrezione ancora Egli offre una possibilità: prende con la sua mano quella di chi è scettico e dà la possibilità letteralmente di toccare la prova del suo martirio. L’immagine del Cristo Misericordioso così come apparve a suor Faustina e poi fu fedelmente riprodotta dagli artisti, altri non è che Gesù di fronte a ciascuno di noi come di fronte a Tommaso.

Gesù della Misericordia, versione di Adolf Hyła, 1943

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