Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Una nuova, grande chiesa per una parrocchia della periferia romana sulla via Boccea, ad ovest della capitale, quella di Santa Maria di Loreto, che presto vedrà crescere i suoi abitanti da 4 mila a quasi 15 mila è dedicata ai santi martiri Mario, Marta e figli, martiri, di origine persiana, della persecuzione dell’imperatore Diocleziano nel 293 dopo Cristo. E’ stata completata in due anni, grazie al sostegno della Conferenza Episcopale Italiana con i fondi dell’8 per mille, ma anche dei fedeli e della diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina. La celebrazione della dedicazione, nel pomeriggio del 2 giugno, ha convolto tutta la comunità di Valle Santa.
Un grande tempio a navata unica, con soffitto in legno a vista
A presiederla il vescovo Gianrico Ruzza, che guida anche la diocesi di Civitavecchia-Tarquinia. Nell’omelia ha ricordato la lunga attesa e la fatica per arrivare al nuovo, bellissimo tempio, a navata unica, una facciata squadrata in stile umbro, un soffitto di travi in legno a vista e un presbiterio sul quale spiccano il grande affresco del pittore umbro Elvio Marchionni e il crocifisso in bronzo della giovane scultrice di Cascia Erika Lavosi. Il progetto è dell’architetto umbro Andrea Gastaldo, che si è ispirato alla chiesa del Salvatore di Campi, distrutta dal sisma del 26 ottobre 2016, “dove mi sono sposato e ho battezzato i miei figli”.
Ruzza: un quartiere nella natura, per un’agricoltura nuova
“Fatica e grazia”, per un quartiere nuovo che presto sorgerà intorno alla chiesa, che già da questo sabato ospita le celebrazioni della parrocchia di Santa Maria di Loreto, sostituendo la cappella al chilometro 14 della via di Boccea. “Sarà un quartiere in mezzo alla natura – ci dice al termine della celebrazione il vescovo Ruzza – perché questa non è solo di periferia, ma anche una zona agricola. Nella prospettiva che ci dà la Laudato si’ – aggiunge – è importante recuperare queste zone meravigliose della campagna romana, dell’Agro Portuense, per farne un laboratorio di novità, dove veramente si viva la coltivazione con un rinnovato rispetto per la terra che è nostra madre”.
Concelebra il prossimo cardinale Fortunato Frezza
Insieme al vescovo hanno concelebrato il parroco don Lorenzo Gallizioli, molti presbiteri della diocesi e monsignor Fortunato Frezza, sottosegretario emerito del Sinodo dei Vescovi, che a fine agosto sarà creato cardinale da Papa Francesco. L’augurio espresso da monsignor Ruzza, prima della consacrazione dell’altare, è che il popolo di Valle Santa cammini sicuro sulla strada dei suoi patroni, la famiglia di martiri, Mario, Marta e i figli Abaco e Audiface, che ha dato la sua vita a Cristo scegliendo la fedeltà al Vangelo rispetto al pensiero corrente.
L’affresco del martirio, su intonaco antico applicato su tela
Il loro martirio, descritto dal meraviglioso affresco di Marchionni, di 7,5 metri per 5 su strappi di intonaco antico applicato su tela e trasportato a pezzi da Spello a Roma, “sia da esempio per questa parrocchia – ha proseguito il presule – perché guardi sempre a Gesù, ai poveri, e sostenga tutte le famiglie nelle loro sofferenze e difficoltà”. “Popolo di Valle Santa – è stato l’invito finale – loda e prega Dio e diventa missionario, di amore, pace e speranza, strumento di umanizzazione e riconciliazione. E ama come Gesù ci ama”. Ecco le sue parole a Vatican News, al termine della celebrazione.
Un tempio tanto atteso dai fedeli di questa parrocchia, lei lo ha detto nell’omelia, che farà fare uno scatto in avanti a questa comunità. Credo che anche al Papa piacerebbe il vostro impegno a donare un luogo di preghiera e comunità in una zona di periferia come questa…
Non solo di periferia, ma anche una zona agricola, perché io penso che proprio la prospettiva che ci dà la Laudato si’ del tornare alla terra ci invita a recuperare queste zone meravigliose della campagna romana, dell’Agro Portuense, per farne un laboratorio di novità, dove veramente si viva la coltivazione, si viva il senso e l’affezione a quella terra che è la nostra sorgente, la nostra madre a cui dobbiamo un rispetto che purtroppo abbiamo perso nel tempo. Quindi sicuramente lo scatto ci sarà, sarà un quartiere nuovo, ma che vive in mezzo alla natura.
Che testimonianza possono dare martiri di più di 1700 anni, la famiglia di Mari, Marta e dei figli ai cristiani di oggi?
I martiri dicono sempre un elemento fondamentale, il primato di Cristo, ma io vedo la vicinanza fra la loro storia, secondo quello che ci dice la tradizione, anche se con qualche aspetto leggendario, e la situazione di oggi, in cui molti cristiani sono chiamati a non scegliere di andare secondo il pensiero corrente, di farsi travolgere da un pensiero dominante, ma con l’impegno di dover rimanere ancorati ai valori immutabili dell’uomo e di Dio, ai valori della divinità che si incarna per trasformare quella dell’umanità in una vita di pace, di amore e di speranza.
Avete fatto la scelta del bello, con l’affresco di Marchionni e il crocifisso bronzeo della Lavosi. Perché questa scelta? Dopo due anni di pandemia è forse importante circondarsi anche di cose belle, per elevare lo spirito e contemplare la grandezza di Dio?
Penso che sempre la Chiesa debba cercare di manifestare la bellezza anche attraverso le opere architettoniche. Dopo un travaglio nei primi anni dopo il Concilio, adesso veramente si torna ad una sintesi, ad un equilibrio, perché la bellezza esteriore, nella semplicità, certo, e nella sobrietà, aiuta lo spirito ad elevarsi in alto. Pensiamo alla grande esperienza delle cattedrali gotiche, che portano il cuore verso il cielo, verso l’infinito, verso l’eternità, verso quel senso di Dio che l’uomo purtroppo tende a smarrire, per colpa della mondanizzazione. Purtroppo anche nella Chiesa, questa mondanizzazione ha degli effetti e dobbiamo, come ci dice il Papa nella Evangelii gaudium, riportare tutto all’essenziale, cioè alla Parola del Signore, alla vita con lui, alla comunione con lui nella grazia.
Ma c’è essenzialità anche nella bellezza, quindi?
Assolutamente. Nella bellezza c’è essenzialità perché porta al cuore e a me piace pensare a quello che dicevano i padri della Chiesa: portare tutto all’unità, e l’unità è Cristo. Se portiamo a Cristo, portiamo senz’altro la bellezza, perché la bellezza è Cristo e perché la bellezza manifesta la pienezza di Cristo.
Don Gallizioli: uscire da questa chiesa per portare Cristo a tutti
Il parroco don Lorenzo Gallizioli, che ha seguito con tenacia i lavori, sottolinea, nel video curato dalla diocesi che pubblichiamo, che nel nuovo tempio di Valle Santa “come Papa Francesco ci dice, è la Chiesa che ascolta, è la Chiesa che accoglie, è la Chiesa che viene mandata. E quindi l’invito è che questo quartiere possa rinascere e far rinascere la propria fede e far sì che la chiesa sia il luogo dove noi andiamo, ma dove noi anche usciamo e portiamo Cristo a tutti”
Marchionni: mi trovo bene a dipingere il sacro
Dopo il parroco porta la sua testimonianza il maestro Elvio Marchionni, 78 anni, che oltre a molte opere a soggetto sacro, ha ritratto Papa Benedetto XVI e Papa Francesco nel 2013. “I miei amici come monsignor Frezza dicono che se mi trovo bene a dipingere i Santi, la Madonna ed episodi della Bibbia, anche inconsapevolmente, inconsciamente sono un credente vero. Io ho qualche dubbio, però cerco di vivere secondo la mia coscienza. Ho illustrato la Bibbia del cinquantenario del Concilio Vaticano II, due libri su San Francesco e molte altre opere religiose”.
Lavosi: il mio Cristo guarda in alto e invita tutti a seguirlo
La giovane scultrice Erika Lavosi, infine, spiega di aver voluto fermare su bronzo, con “una patina invecchiata per dare forza e profondità ai segni della sofferenza” il momento che precede la morte di Cristo crocifisso, quando il suo corpo guarda ormai allo Spirito, e gli occhi al cielo, “indirizzando in alto anche lo sguardo dei fedeli”.