Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“E’ stata una Giornata mondiale dell’infanzia missionaria comunque partecipata, anche se per le restrizioni anti pandemia in molti Paesi non si è potuta svolgere pienamente, come era tradizione”. Suor Roberta Tremarelli, dall’ottobre 2017 segretaria generale della Pontificia opera dell’infanzia missionaria (Poim), traccia così un primo bilancio della Giornata istituita da Pio XII nel 1950, indicando come data di celebrazione il 6 gennaio e la festa dell’Epifania.
Per molti appuntamento a febbraio o anche a novembre
Ma in molti Paesi la Giornata sarà celebrata a febbraio, a maggio, o addirittura a novembre, spiega a VaticanNews suor Tremarelli, 51 enne religiosa romana delle Ancelle missionarie del Santissimo Sacramento, laureata in Economia e Commercio, perché Papa Pacelli lasciò ad ogni Chiesa locale la libertà di scegliere la data migliore in base alle proprie esigenze. Quindi il bilancio è ancora provvisorio. Di certo molte direzioni nazionali delle Pontificie opere missionarie (Pom) hanno organizzato incontri sulle reti sociali, per coinvolgere bambini e ragazzi tra i 6 e i 14 anni nella preghiera per gli altri bambini, e dove possibile nell’inviare offerte attraverso i canali digitali.
I piccoli che hanno rinunciato alla colazione per aiutare
“I bambini e i ragazzi sono molto più sensibili degli adulti: loro ciò che hanno lo condividono – ci dice la segretaria della Poim – sia nell’amore e nella conoscenza di Gesù, quindi nella testimonianza, sia nei beni materiali. Ma la loro partecipazione alle iniziative missionarie a volte viene ridimensionata dalla poca sensibilità degli adulti”. E racconta di un gruppo di piccoli missionari di un Paese in via di sviluppo che due anni fa “hanno deciso di rinunciare alla colazione che ricevevano a scuola per un certo periodo di tempo, per raccogliere delle offerte e metterle a disposizione dei progetti per aiutare altri bambini”.
Quasi 3000 progetti, dall’educazione alla protezione della vita
Progetti che, come spiega nell’intervista che segue suor Roberta, nel 2020 sono stati oltre 2800, finanziati dalle offerte dei ragazzi confluite nel Fondo universale di solidarietà del Papa. Quasi il 40 per cento dei fondi destinati alla Poim è andato a progetti di educazione scolastica, il 22 per cento a iniziative di protezione della vita, il 17 alla cura pastorale per l’infanzia, poco meno alla formazione cristiane e il resto a progetti di educazione pre-scolastica e animazione e formazione missionaria.
R. – La Giornata mondiale dell’infanzia missionaria del 2021 appena iniziato, nonostante la pandemia che stiamo vivendo, posso dire che è stata già partecipata. Proprio però a causa del Covid-19 e di alcune restrizioni non si è potuta svolgere pienamente a livello nazionale e diocesano come in alcuni Paesi era abitudine. Però in molte parrocchie e contesti ci sono stati i bambini e ragazzi che si sono incontrati per celebrare insieme questa giornata e quindi pregare insieme per tutti i bambini del mondo e raccogliere le offerte che andranno a finire nel Fondo universale di solidarietà dell’Opera della Santa infanzia.
Non in tutti i Paesi si fa coincidere questa giornata con la festa dell’Epifania?
R. – Quando la Giornata mondiale dell’infanzia missionaria è stata istituita da Papa Pio XII, lui aveva indicato il giorno 6 gennaio, l’Epifania, perché la festa per eccellenza dei bambini. Dando però la libertà ad ogni Paese di individuare la data più adatta secondo il clima, Il contesto, il calendario anche scolastico, perché in alcuni Paesi il 6 gennaio coincide con le vacanze, quindi sarebbe stata difficile da organizzare. In molti Paesi, poi, la Giornata si celebra a febbraio, a maggio, o a novembre. L’importante è che si celebri: anzi, distribuendola in tutto l’anno, forse è anche più bello perché mette ancor più in contatto, in relazione, tutti i bambini e tutti i ragazzi missionari con i bambini e ragazzi del resto del mondo, per dire: “Anche noi partecipiamo”.
Il vostro motto è: “I bambini evangelizzano i bambini, pregano per i bambini, aiutano i bambini”. E’ stato possibile quest’anno, con la pandemia?
R. – Sicuramente “I bambini pregano per i bambini” è stato possibile perché, pur restando in casa, la preghiera è l’unica azione missionaria che si può sempre svolgere. E diciamo che, grazie anche alla situazione creata dalla pandemia, i bambini e ragazzi missionari hanno potuto coinvolgere le loro famiglie a casa con loro, quindi è stato molto più efficace questo slogan “i bambini pregano per i bambini”. Per “evangelizzano i bambini” e “aiutano i bambini”, ogni direzione nazionale delle Pontificie opere missionarie ha cercato di organizzare e proporre materiali attraverso le reti sociali, con degli incontri, delle videoconferenze proprio con questi bambini. Però la cosa che è più debole è quella della raccolta materiale, perché non in tutti i Paesi è possibile cliccare in internet e dare denaro, perché in molti Paesi la raccolta è proprio fisica, materiale. Per esempio io ho fatto lo scorso anno un incontro con un gruppo di un Paese e c’era un ragazzo che era molto preoccupato perché diceva: “Noi siamo in confinamento, siamo a casa. Sì, stiamo pregando per tutti i ragazzi del mondo, però come possiamo dare il nostro contributo?”. Quindi probabilmente la colletta subirà una notevole diminuzione.
Ma è vero, nonostante tutto, che nei Paesi in via di sviluppo, dove le risorse economiche individuali sono minori c’è una risposta, in proporzione, più alta nelle offerte della colletta?
R. – Sì, questa è la cosa che stupisce, che meraviglia, e che rende contenti. Perché fa scoprire che in realtà c’è ancora l’evangelizzazione che sta camminando, in molti Paesi, anche in diocesi del Sud Sudan, Mongolia, Cambogia, o altre realtà che noi occidentali spesso pensiamo che ricevono soltanto da noi. Il contributo dei bambini in quei posti è veramente superiore alle loro possibilità: ci sono alcuni gruppi di bambini – questo è successo 2-3 anni fa – che hanno deciso di rinunciare alla colazione che ricevevano a scuola per un certo periodo di tempo, proprio per raccogliere delle offerte e metterle a disposizione dei progetti per aiutare altri bambini. Nella maggioranza dei Paesi occidentali, in Europa e America del Nord, l’attività dell’infanzia missionaria non si svolge lungo tutto l’anno, ma soltanto in alcuni periodi, speso dell’Avvento e del Natale, quindi la partecipazione e la sensibilità sono molto ridotte. Mentre i bambini e i ragazzi sono molto sensibili, a differenza degli adulti: loro ciò che hanno lo condividono. Sia nell’amore e nella conoscenza di Gesù, quindi nella testimonianza, che anche nei beni materiali. Ma la loro partecipazione a volte viene ridimensionata dalla poca sensibilità dell’adulto che li anima.
Questo lo dice anche per esperienza personale, perché è stata animatrice missionaria prima di questo incarico?
R. – Il carisma della mia congregazione è l’animazione e la cooperazione missionaria, quindi per noi, le Ancelle missionarie del Santissimo Sacramento, lì dove siamo, cerchiamo di animare tutti i battezzati cristiani a questa missionarietà, questa attenzione all’altro, questa dimensione universale. La Chiesa Cattolica è universale, e allora, se noi siamo cristiani cattolici, dovremmo essere sempre attenti ai bisogni di tutti, indistintamente.
Con il grande salvadanaio del Fondo universale di solidarietà, che non va, comunque, solo alle Pontificie opere dell’infanzia missionaria, quanti progetti riuscite a sostenere ogni anno per i bambini?
R. – Nel 2020 come opera dell’infanzia missionaria a livello internazionale, abbiamo sostenuto 2800 progetti, distribuiti in varie categorie: l’educazione scolastica, la formazione cristiana, l’animazione e formazione missionaria, la protezione della vita nei continenti Africa, Asia America e anche alcuni in Europa e Oceania.
Per questi progetti voi date un contributo, ma non li finanziate completamente…
R. No, il contributo che diamo per questi progetti è sempre parziale, perché si chiede, per ogni progetto, sempre il contributo locale, proprio per coinvolgere innanzitutto la popolazione locale alla realizzazione del progetto, perché sia responsabile di questo progetto. E il contributo può essere sia economico ma anche materiale. Perché, per esempio, se si tratta della costruzione di una scuola, il contributo della popolazione, della Chiesa locale, può essere la manodopera, i mattoni, qualsiasi cosa che può aiutare alla realizzazione del progetto. Ogni direzione nazionale delle Pontificie opere missionarie organizza le attività di animazione e formazione e la raccolta, e poi le mette a disposizione dei segretariati internazionali per il sostegno di questi vari progetti. Può succedere che, proprio per animare ancora di più i cristiani, i bambini, le famiglie del Paese, che noi definiamo “in terra di missione”, si decide di finanziare non solo i progetti nazionali, ma anche uno o due progetti che sono in un altro Paese. Proprio per questo scambio, per far capire che tutti possono contribuire, indipendentemente dall’età e dalla condizione di vita. Tutti contribuiscono e aiutano gli altri. Per esempio, la Repubblica democratica del Congo, due anni fa, d’accordo tra il direttore nazionale delle Pontificie opere e il segretariato dell’infanzia, ha sostenuto non solo i progetti al suo interno, ma anche progetti di un altro Paese, di un altro continente, per far vedere ai bambini che si erano impegnati ad offrire qualcosa, che hanno aiutato anche altri bambini al di fuori.