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Essere nominato “superiore maggiore”, pur senza essere sacerdote, a capo di un istituto religioso o di una società di vita apostolica clericali di diritto pontificio. È ciò che potrà accadere d’ora in poi a coloro che fanno parte di una famiglia religiosa in veste di “sodali non chierici”, ovvero quella categoria di membri che in molte congregazioni sono chiamati “fratelli”.
Lo ha stabilito il Papa con un rescritto in vigore da oggi, che segue l’udienza con cui, informa una nota, lo scorso 11 febbraio Francesco aveva concesso alla Congregazione per la Vita Consacrata la “facoltà di autorizzare, discrezionalmente e nei singoli casi” questa possibilità, “fermo restando – si precisa – il can. 134 §1” del Diritto Canonico (che definisce chi siano da considerare normalmente i vescovi ordinari e i superiori maggiori).
Il rescritto papale pubblicato oggi contiene 4 articoli che sanciscono i vari gradi di autorizzazione che deve ricevere la nomina di un sodale non chierico alla guida di un istituto, sia “nominato” come “superiore locale” sia come “superiore maggiore”, oppure “eletto” come “moderatore supremo o superiore maggiore”. L’istanza suprema resta comunque la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica la quale – si specifica nel quarto articolo – “si riserva di valutare il singolo caso e le motivazioni addotte dal Moderatore supremo o dal Capitolo generale”.