Un’indagine di un Gruppo di esperti delle Nazioni Unite denuncia, in un Rapporto presentato ieri, le continue violazioni dei diritti umani e la repressione delle libertà democratiche. Solo negli ultimi due mesi decine di persone hanno subito pesanti condanne per motivi politici e centinaia di dissidenti sono stati espulsi dal Paese e privati della nazionalità. Chiesta la liberazione di monsignor Rolando Álvarez condannato a 26 anni di prigione
Marco Guerra – Città del Vaticano
“La situazione dei diritti umani in Nicaragua ha continuato a deteriorarsi nei primi mesi del 2023” e “il governo sta commettendo diffuse violazioni dei diritti umani che costituiscono crimini contro l’umanità contro civili, politicamente motivati”. E’ quanto si legge nel Rapporto, diffuso ieri, stilato dal Gruppo di esperti indipendenti dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Le responsabilità di Ortega
Il Rapporto chiede al governo di Daniel Ortega di porre fine a pratiche come la privazione della nazionalità nicaraguense per i dissidenti e denuncia abusi che “non sono un fenomeno isolato ma il prodotto dello smantellamento deliberato delle istituzioni democratiche e della distruzione dello spazio civico e democratico”. L’inchiesta, iniziata un anno fa su mandato dell’Onu, mette in luce che il presidente Ortega e la vicepresidente, la moglie Rosario Murillo, hanno commesso in Nicaragua violazioni sistematiche dei diritti umani e crimini contro l’umanità e contro i civili dal 2018 a oggi. “L’apparato statale nella sua interezza è stato convertito in un’arma di persecuzione contro la popolazione”, ha evidenziato il presidente del Gruppo, il tedesco Jan-Michael Simon, nel presentare a Ginevra le conclusioni dell’inchiesta. Il testo indica “prove” e responsabilità non solo della coppia presidenziale, ma anche dei funzionari delle strutture di governo e degli individui coinvolti nei crimini e nelle violazioni.
Torture e violenze sessuali
Simon entra nel merito di “violazioni e abusi” che “sono perpetrati in modo diffuso e sistematico per motivi politici” e costituiscono crimini contro l’umanità come “l’omicidio, l’incarcerazione, la tortura, compresa la violenza sessuale, la deportazione e la persecuzione a sfondo politico”. Solo nei mesi di gennaio e febbraio sono state comminate condanne fino a 10 anni di reclusione contro 30 persone che hanno osato criticare il governo, tra cui attivisti, giornalisti e sacerdoti in processi senza giusto processo, spesso in udienze a porte chiuse e in cui agli imputati e ai loro avvocati è stato negato l’accesso. L’indagine riferisce anche della chiusura di almeno 3.144 organizzazioni civili dal dicembre del 2018 e praticamente di “tutti i mezzi di comunicazione indipendenti”.
Liberare il vescovo di Matagalpa e gli altri dissidenti
Una dichiarazione dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani chiede inoltre “allo Stato del Nicaragua di rilasciare incondizionatamente le 37 persone ancora arbitrariamente private della libertà”, tra cui
Il responsabile del Gruppo di esperti dell’Onu spiega che ci sono “motivi ragionevoli per giustificare ulteriori investigazioni” e sollecita la comunità internazionale ad aprire processi in ogni singolo Paese, indipendentemente dalla nazionalità delle vittime, in base al principio di giurisdizione universale riconosciuto nei propri ordinamenti. Il deterioramento delle libertà in Nicaragua è testimoniato poi dall’aumento del numero di persone che lasciano il Paese che, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono già più di 260mila dall’inizio della repressione governativa, molte delle quali in fuga in Costa Rica e negli Stati Uniti. Tra le prime reazioni di esponenti vicini al governo, si registra quella del procuratore generale del Nicaragua, Wendy Morales, il quale esprime il suo “totale rifiuto” del rapporto della Nazioni Unite, definito un testo “preparato con informazioni parziali, tendenziose e soggettive, che cercano solo di minare il nostro scopo di raggiungere il bene comune e la pace per la nostra nazione”.