Luigi Maria Epicoco
Ognuno di noi ha nella propria vita dei momenti indimenticabili. Sono date e istanti che si imprimono in maniera indelebile nella nostra memoria perché rappresentano un punto di svolta, uno spartiacque, un prima e un dopo. Il Vangelo di Giovanni registra un momento simile proprio agli inizi del suo racconto quando parlando dell’incontro dei primi discepoli con Gesù annota che “erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv 1,39). Sarebbe stato forse più logico riportare le parole dei loro discorsi, gli appunti di ciò che si sono detti in quel pomeriggio, invece il Vangelo registra solo un orario preciso, quasi a voler suggerire che c’è qualcosa di più importante delle stesse idee: gli eventi. Gesù è interessante al di là delle sue idee. L’incontro con la sua persona è più decisivo di ogni filosofia, teologia o morale nate sul suo impulso. In questo senso ci sono date che ricordiamo perché rappresentano la memoria di un incontro simile.
Per Papa Francesco questa data è il 21 settembre del 1953: «Dopo la Confessione – ha raccontato lo stesso Francesco il 18 maggio 2013 alla Veglia di Pentecoste in piazza San Pietro – ho sentito che qualcosa era cambiato. Io non ero lo stesso. Avevo sentito proprio come una voce, una chiamata: ero convinto che dovessi diventare sacerdote». Questo incontro diventa evidente qualche anno dopo, il 13 dicembre del 1969, giorno della sua ordinazione sacerdotale. Ciò che accade esternamente, diventando qualcosa di concreto e di preciso, in realtà nasce dentro di noi da una semina interiore iniziata molto tempo prima. Le nostre scelte esterne hanno sempre una radice nascosta in noi, esattamente come il seme prima rimane nascosto sotto la terra ed è lì che comincia il suo germogliare; solo in un secondo momento spinge verso l’esterno e diventa visibile. È incomprensibile il 13 dicembre nella vita di Papa Francesco senza il 21 settembre di qualche anno prima. Ed è proprio guardando questa radice che si riesce a intuire l’identità sacerdotale del Papa: essa è essenzialmente esercizio di paternità, amore declinato in vicinanza, in perdono, in misericordia, in discernimento.
In questo senso il pontificato è per Papa Francesco un modo di esprimere il suo essere sacerdote e non semplicemente una carica da ricoprire. Rimaniamo colpiti da alcuni suoi gesti, eppure non dovremmo rimanere meravigliati da ciò che egli fa perché sono scelte da prete, da pastore in mezzo alla gente, da padre che ha a cuore ognuno e non vede mai masse ma sempre e soltanto volti e nomi.
Non tutti i preti diventano papi, ma è bello ricordarsi che tutti i papi sono sempre ed essenzialmente preti, cioè innanzitutto padri. Oggi è l’anniversario di un padre divenuto Papa.