Un omaggio a Nelson Mandela sotto il segno dello sport

Vatican News

Nel giorno dell’ultimo Mandela Day, a 10 anni dalla morte, nel salone d’onore del Coni si è svolta la manifestazione “Ambassador of Freedom invictus Day 2023″, con il conferimento di riconoscimenti istituzionali ad atleti, artisti e persone impegnate nel sociale e nell’ambiente

Maria Milvia Morciano e Layla Perroni – Città del Vaticano

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare, di unire le persone in una maniera che pochi di noi possono fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono. Lo sport ha il potere di creare speranza dove c’è disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni”

Furono queste le parole di Nelson Mandela nel suo discorso durante la cerimonia inaugurale dei Laureus World Sports Awards, il 25 maggio 2000. L’ex presidente del Sudafrica e Nobel per la pace amava lo sport ma soprattutto aveva capito che attraverso di esso era possibile portare pace e unione nel suo Paese dilaniato da un lungo periodo di segregazione razziale. Memorabile fu il giorno in cui la squadra degli Springboks vinse la Coppa del mondo di rugby del 1995. A consegnare il trofeo nelle mani del capitano della squadra François Pienaar fu il presidente Mandela. Sugli spalti tifavano bianchi e neri insieme.

Una manifestazione ispirata ai valori della pace 

E proprio nei giorni scorsi al Mandela Day del 18 luglio, si è svolta la seconda edizione dell’Ambassador of Freedom Invictus Day 2023, nel salone d’onore del Coni, patrocinato da diverse realtà istituzionali: Coni, Opes Aps, rete associativa nazionale di terzo settore ed ente di promozione sportiva; Unvs (Unione nazionale veterani dello sport), Cip (Comitato italiano paraolimpico); la Regione Lazio; l’Università salesiana e il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. La manifestazione ha riunito i valori dello sport nel segno di Mandela, sport come strumento privilegiato di integrazione e veicolo di inclusione. Lo scorso anno era intervenuta ed è stata premiata la figlia di Mandela, Makaziwe “Maki” Mandela- Amuah che in questa edizione ha inviato un video di saluti.

Un’eredità che deve vivere nel tempo 

Durante la manifestazione è intervenuta l’ambasciatrice del Sudafrica in Italia Nosipho Nausca-Jean Jezile che ai microfoni di Radio Vaticana – Vatican News ha ribadito i principi di pace e uguaglianza che hanno ispirato il Nobel della Pace 1993.

Ascolta l’intervista all’ambasciatrice Nosipho Nausca-Jean Jezile

Qual è l’eredità odierna  di Nelson Mandela in Sudafrica secondo la sua opinione? Lei cosa sente?

Nelson Mandela è un’icona mondiale e credo che abbia promosso la pace e abbia predicato l’armonia con l’umanità. Questi valori devono vivere nel tempo, oltre la sua morte.

Mandela diceva che lo sport può cambiare il mondo e che lo capiscono anche i bambini…

Sono assolutamente d’accordo. Nelson Mandela credeva nello sport. Lui stesso era una persona sportiva e credeva che fosse uno strumento capace di unire e che quindi mentre si pratica uno sport non si nota il colore della pelle di una persona, il sesso differente. Così lo sport diventa uno strumento che permette alle persone di interagire liberamente gli uni con gli altri e di godersi la compagnia reciproca.

L’ambasciatrice del Sudafrica in Italia durante il suo intervento al 2° Invictus day Ambassador of Freedom 2023

L’eredità di Mandela riguardo il discorso sul razzismo. Questo perché il Papa stesso ha parlato dell’importanza di essere uniti, di essere uguali. Cosa pensa di questo principio di uguaglianza?

Papa Francesco incarna i principi e i valori per i quali Nelson Mandela ha vissuto. E sì, è importante che non diamo importanza al diverso colore di pelle delle persone. Quindi l’antirazzismo rappresenta il nucleo delle libertà umane, così che noi interagiamo gli uni con gli altri senza erigere barriere o sentire che siamo frenati dal diverso colore, dal sesso e dall’essere giovani o anziani. E Nelson Mandela era un uomo anziano, ma era capace di interagire con le persone giovani. Il Papa ama i bambini. Lui accoglie i bambini, gli adolescenti, i vecchi, ed è un uomo che promuove la pace.

“Io sono il capitano della mia anima”

Andrea Frateiacci, presidente della Sezione Giulio Onesti dell’Unione Nazionale Veterani dello sport, tra gli organizzatori della manifestazione, si sofferma sullo slogan del Mandela Day 2023 “Nelle vostre mani”.

Ascolta l’intervista ad Andrea Frateiacci

Frateiacci, come si coniuga questo slogan allo sport?

La nostra vita è nelle nostre mani, perché noi possiamo decidere la nostra storia e quello che vogliamo fare. Come si è detto spesso oggi, se ci poniamo un obiettivo con la costanza, con la determinazione riusciamo ad ottenerlo. E questo è ciò che ci fa andare avanti. Nello sport, un atleta se ha la forza di volontà riesce a fare delle imprese che a mente lucida nessuno non riuscirebbe a fare, ma ci riesce. Quindi è la determinazione e la forza di volontà che ci fanno andare avanti nelle cose. L’uomo è perso quando si lascia andare, finché non ti lasci andare sei vivo.

Nelson Mandela citava i versi “Io sono il capitano della mia anima”…

Sì, è fondamentale che ognuno di noi debba trovare dentro se stesso la forza di andare avanti, di fare cose e fare cose anche eccezionali. Basta crederci e tutto può essere possibile.

L’esempio dei veterani sportivi per le nuove generazioni 

Il ruolo dello sport nell’abbattere le differenze sociali, culturali, linguistiche e religiose è ribadito anche da Francesca Bardelli, presidentessa dell’Unvs, l’Unione veterani dello sport.

Ascolta l’intervista a Francesca Bardelli

Qual è l’importanza dello sport nell’abbattere le barriere sociali, culturali, le diversità?

La Unvs è una benemerita del Coni che ha la mission nazionale di diffondere i valori di uno sport sano ed etico. Quello che le generazioni passate devono trasmettere ai ragazzi. Lo facciamo tramite l’attività sportiva attraverso campionati di tutte le discipline e soprattutto nelle scuole, andando a raccontare ai ragazzi che cos’è lo sport – quello vero – il ruolo dello sport. Parlavamo prima dell’importanza della revisione della Costituzione che è al vaglio delle Camere proprio in seconda lettura in questi giorni e spero ci ritroveremo quindi qui sicuramente il prossimo anno con una Costituzione rivista nella quale lo sport ne sarà finalmente parte.

Che risposta avete da giovani e giovanissimi?

Quello che ci preme è che i nostri ragazzi, i giovani, continuino a fare sport e chi non lo fa lo inizi. Purtroppo il trend è stato un po’ al contrario in questi anni perché abbiamo avuto il problema dell’abbandono da parte dei ragazzi, specialmente in un’età critica che è quella di 13- 14-15 anni, favorito, nel caso nostro, dalla pandemia. Sta anche a noi mostrare ai ragazzi quanto lo sport sia utile ma anche quanto è bello perché poi i ragazzi li convinci in questo modo, li fa divertire, socializzano. Uno sport che deve abbattere tutte le barriere: quella della disabilità, della malattia e anche quella delle differenze. In una realtà multietnica, lo sport è probabilmente uno dei primi elementi per i bambini per riuscire a capire che non ci sono distinzioni, proprio nel nome di un Nelson Mandela che più di tutti ha voluto realizzare questo grande diritto dell’uguaglianza di tutti.

Un momento della manifestazione nel Salone d’onore del Coni

C’è anche un aspetto di cui si parla meno…

Sì, anche per quanti soffrono lo sport rappresenta una grande occasione. Lo testimoniano i piccoli e grandi pazienti che fanno parte di Aned, l’Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto. Aned si proponene di tutelare e garantire i pari diritti e dignità di questi soggetti. Bruno Galimberti, trapiantato e parte di Aned, racconta le attività sportive promosse dall’associazione e il valore dello sport per quanti ne fanno parte.

Ascolta l’intervista a Bruno Galimberti

Un esempio del vostro lavoro?

Uno dei progetti dell’associazione si chiama “Un sogno nel pallone” e nasce dal desiderio, dal sogno di un bambino dializzato di dodici anni di continuare a fare quello che più gli piaceva. A 12 anni si entra in una fascia d’età dove è obbligatorio il certificato medico agonistico per cui in passato le società non potevano accoglierlo, ed era escluso. Quando ci è arrivata questa richiesta. abbiamo deciso di avviare questo progetto solo per allenare i ragazzi nel calcio dializzati e trapiantati e quindi abbiamo creato tre anni fa un “mini camp” di quattro giorni, dove sono arrivati i ragazzi dagli 8 ai 16 anni. Erano solo quattro, non moltissimi, ma da lì abbiamo iniziato a fare delle attività specifiche presso l’Ospedale pediatrico del Bambin Gesù, il reparto è quello della dialisi e del trapianto. Abbiamo iniziato a raccogliere gli altri sogni di altri atleti e quello di poter allenarsi non solo nel calcio, ma anche nel tennis, nell’atletica, nel nuoto. L’ultimo sport che abbiamo inserito quest’anno che è il triathlon.

Un momento delle premiazioni durante l’Ambassador of Freedom 2023

Dove praticate l’attività sportiva?

Per due domeniche al mese presso il Centro di preparazione paralimpica che si trova in via delle Tre Fontane alleniamo questo gruppo di ragazzi nei vari sport. Facciamo una piccola preparazione muscolare, attivazione muscolare in pista di atletica e poi ognuno decide quale sport fare. In questo gruppo che abbiamo creato c’è un medico, tra l’altro un ragazzo giovanissimo, trapiantato, che supervisiona da un punto di vista clinico, da un punto di vista medico quelle che sono le attività. Quindi i ragazzi sono sempre in sicurezza. È una cosa importante, che vorrei sottolineare, perché il genitore molto spesso quando ha un bambino con una malattia non pensa di fargli fare attività fisica perché non c’è nessuna struttura che lo fa in sicurezza. Queste attività sono importanti perché sono propedeutiche a preparare i ragazzi a dei campionati che sono i Giochi Nazionali di Aned Sport che quest’anno faremo a Cervia, e poi ci sono dei campionati mondiali ai quali  alcuni dei ragazzi trapianti hanno partecipato a Perth quest’anno, in Australia e si svolgono ogni due anni.

Nella biodiversità la ricchezza di un Paese, nel pallone da calcio la speranza

Tra i premiati di quest’anno era presente Davide Bomben, che si occupa della formazione logistica ed operativa di alcune dei Ranger del Kruger National Park in Sudafrica., oltre a essere la guardia del corpo della famiglia Mandela.

Ascolta l’intervista a Davide Bomben

Papa Francesco ha scritto la Laudato sì

L’enciclica papale è legata all’importanza della convivenza fra le specie, perché quando l’uomo imparerà a convivere con le altre specie, sarà in pace con se stesso. Noi dobbiamo imparare a convivere con quello che è stato e quello che ci è stato dato, che è la natura.

I Rangers che ruolo hanno fattivamente in questo, giorno dopo giorno?

Le persone sanno che il buon Dio ha creato il mondo, come lo conosciamo, in sei giorni. Il settimo giorno di fatto si è riposato. Nessuno sa che cosa è successo nell”ottavo giorno. Ebbene noi amiamo dire che nell’ottavo giorno Dio ha creato i Ranger, ovvero i protettori della natura, affinché potessero proteggere tutto quello che ha creato per noi. I Rangers sono questo. Sono quelle persone, uomini e donne, che dedicano la loro vita alla continuazione delle specie e alla sopravvivenza di qualcosa di ben più importante che il solo concetto della natura. Perché la natura è biodiversità. Nella biodiversità troviamo la ricchezza, quindi è più ricchezza e più ricchezza vuol dire dare a chi si occupa di questi animali ovviamente l’importanza giusta. Soprattutto, su questo io ci tengo tantissimo, visto che la convivenza fra uomini e animali nelle comunità soprattutto africane è complessa, poiché spesso e volentieri la natura viene vista anche come luogo dove depredare in qualche modo e poter acquisire degli elementi importanti, il turismo gioca una chiave veramente importante perché dà valore all’animale vivo. E solo il giorno in cui il valore dell’animale vivo sarà superiore a quello dell’animale morto noi avremo vinto la guerra, il bracconaggio.

Lo sport è qualcosa di profondamente connaturato al significato che Nelson Mandela dava al concetto di libertà e uguaglianza. Lei che cosa ne pensa?

Invictus vuol dire invincibile e non esiste nessuno di invincibile più di chi ha conosciuto la sconfitta e l’ha vinta. Quella è l’invincibilità. Lo sport è una chiave di lettura, è un paradigma, è un modo di pensare e di vivere. Lo sport è azione. Lo sport è dedizione, lo sport è abdicazione. Lo sport è dare se stessi per se stessi o per il proprio team. Il mio lavoro come istruttore capo di unità Ranger, non solo in Sudafrica, ma in altre parti del continente africano, è quello di dare loro delle competenze, delle tecniche, delle tattiche. Ma la cosa più importante – quello che noi chiamiamo il quadrato tattico – oltre le giuste persone, la giusta formazione è la giusta motivazione. E lo sport diventa un collante per motivare le persone. Il progetto che ho deciso di lanciare insieme proprio al Parco Kruger e alla comunità Zulu, una comunità di 45 mila persone che vive proprio intorno al Parco nazionale è quello di lanciare due volte l’anno una specie di mini torneo di calcio, perché effettivamente è lo sport che accomuna tutti. In quel pallone rotolano tante diverse esperienze, tante diverse opportunità… Così abbiamo creato questa uniforme per motivare i nostri ragazzi.