Fausta Speranza – Città del Vaticano
Secondo fonti locali, un ragazzo è morto in seguito alle ferite riportate negli scontri che si sono registrati tra polizia e manifestanti mercoledì 27 nella seconda città del Libano, Tripoli. Sono stati bruciati pneumatici e lanciate pietre e le forze dell’ordine hanno risposto con il lancio di gas lacrimogeni e proiettili di gomma. Per la Croce Rossa libanese, almeno 30 persone sono rimaste ferite, sei delle quali in modo grave. Ma “dall’inizio della settimana si sono moltiplicate le proteste anche in altre città tra cui Sidone nel sud”: lo conferma ai nostri microfoni il funzionario della Croce Rossa Libano Alexi Nehme.
In questa fase in particolare, in molti protestano contro il lockdown deciso la scorsa settimana e imposto per 14 giorni. Una misura dovuta per arginare la diffusione dell’infezione da coronavirus, che – ci spiega Nehme – ogni giorno fa registrare oltre 600 nuovi casi. Nehme conferma che purtroppo a parte altri rischi “si protesta senza mascherina”.
Nehme ci spiega che l’allerta è alta in particolare nella città a nord di Beirut di Tripoli, che è stata epicentro delle proteste antigovernative che hanno segnato la fine del 2019 e i primi mesi del 2020 e che si sono riacutizzate dopo le tragiche esplosioni al porto di Beirut il 4 agosto scorso. Il Paese è in bancarotta da marzo 2019 e quell’esplosione ha devastato tre degli ospedali della capitale, oltre a provocare 200 morti e il ferimento di 6000 persone che avrebbero bisogno di cure appropriate e urgenti. Intanto il crollo del potere di acquisto della moneta locale, che ha perso fino all’80 per cento del suo valore, ha travolto la classe media moltiplicando il numero di poveri. Si intuisce quali possano essere le difficoltà dal punto di vista dell’assistenza sanitaria ovunque gravata in tempo di pandemia.