“Un mese con Maria”, la fede per Trilussa

Vatican News

Eugenio Bonanata e Daniele D’Elia – Città del Vaticano

Tra le composizioni in dialetto romanesco di Carlo Alberto Salustri, noto come Trilussa ne possiamo annoverare due a tematica religiosa. La prima tra queste parla della fede che, nel sonetto, prende le sembianze di una vecchietta. Seppur cieca, sembra saperci condurre tra le strade del nostro quotidiano vivere. Giovanni Paolo I declamò questa poesia durante una delle sue udienze pubbliche per spiegare che la mano paterna di Dio ci guida anche nell’oscurità e, dunque, tra le asperità della vita. “La fede non è un salto nel vuoto, nel buio, ma abbandono ad uno che ben ci vede”, aggiunge Comastri commentando. Lo stesso Salustri, in altri versi, affermò: “La fede è bella senza li «chissà», senza li «come» e senza li «perché»”.

“Un mese con Maria” – quindicesima meditazione

La seconda composizione ha come protagonista la Madonna. Il poeta ricorda i consigli della madre che lo spronava a pregare Maria. “Quanno te senti veramente solo tu prova a recita n’Ave Maria” gli diceva, perché questa preghiera è capace di risollevare l’anima. E Trilussa conferma e afferma di aver conservato fino alla tarda età questa buona abitudine. E conclude: “Come me sento veramente solo io prego la Madonna Benedetta e l’anima da sola pija er volo!”