Eugenio Bonanata e Daniele D’Elia – Città del Vaticano
Riviviamo l’emozione del primo Natale. Il contesto storico in cui è ambientato l’evento è quello del censimento ordinato dall’imperatore romano. Destinatario del provvedimento è anche Giuseppe, “della casa di Davide”, assieme alla sua sposa Maria. Debbono recarsi a Betlemme a “farsi registrare”. Con un volo della mente nel passato di quei giorni, Comastri ci racconta il probabile stato d’animo dei due protagonisti, i genitori di Gesù. Le profezie ci dicono che ogni accadimento non fu casuale, ma è da leggere come volontà di Dio e parte di un disegno più ampio.
Le peripezie del viaggio conducono Maria, incinta, e Giuseppe ad una grotta. “Non c’era posto – commenta Comastri – per chi ha creato ogni posto”. Ecco che emerge il volto di un Dio “umile”. E si fa chiara l’unica modalità possibile per incontrarlo, che è, appunto, l’umiltà. Il cardinale cita, poi, il filosofo ateo Sartre, autore di una magnifica pagina sul Natale. “Ciò che bisognerebbe dipingere sul viso di Maria è uno stupore ansioso che è comparso una volta soltanto su un viso umano”, ha scritto il filosofo. Questo perché, stringendo tra le braccia il proprio Figlio deve necessariamente aver pensato che quello non era solo il suo Bambino, ma Dio. Un Dio incarnato, che Le assomiglia, “un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che ride”.