di Rosario Capomasi
«Viviamo un tempo in cui una riflessione intorno ai beni culturali è urgente nella Chiesa e particolarmente nelle Comunità di vita consacrata. In Europa, a fronte di un patrimonio culturale vastissimo, composto di beni immobili e mobili, archivi e biblioteche la popolazione dei consacrati negli ultimi trent’anni registra una flessione di oltre il 57 per cento nella sua componente femminile e del 44 per cento in quella maschile. Un assottigliamento, di fronte al quale occorre attivare con urgenza maggiori strumenti di osservazione e tutela». Un quadro ben preciso quello illustrato dal cardinale presidente del Pontificio Consiglio della cultura, Gianfranco Ravasi, nel suo intervento, questa mattina nella Sala stampa della Santa Sede, alla presentazione del convegno internazionale “Carisma e creatività. Catalogazione, gestione e progetti innovativi per il patrimonio culturale delle comunità di vita consacrata”, in programma il 4 e 5 maggio prossimi presso l’Auditorium Antonianum a Roma. Sono intervenuti anche il prefetto e il segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, il cardinale João Braz de Aviz e l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, il delegato del Pontificio Consiglio della cultura, il vescovo Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, e suor Jolanta Maria Kafka, superiora generale delle Religiose di Maria Immacolata e presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali.
Promosso dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e dal Pontificio Consiglio della cultura e organizzato insieme, tra gli altri, all’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei e dal Dipartimento dei beni culturali della Chiesa – Facoltà di storia e beni culturali della Chiesa della Pontificia università Gregoriana, il convegno è stato preparato tramite una call for papers rivolta agli stessi istituti di vita consacrata maschili e femminili e ai docenti e ricercatori, al fine di raccogliere ricerche e progetti stimolanti e buone pratiche in ordine alla tutela, conservazione, fruizione e riuso dei beni culturali di proprietà di tali istituti: beni architettonici e artistici, archivi e biblioteche, beni immateriali. I numerosi contributi, giunti da tutto il mondo, sono stati raccolti attorno a quattro tematiche, che costituiranno altrettante sessioni delle due giornate di studio: quadri di comprensione teorica, catalogazione, gestione, riuso. «Con questa conferenza — ha ancora sottolineato Ravasi — il nostro interesse non si concentra sui ruoli o sulla provenienza delle esperienze, ma sulle competenze e sulla esemplarità dei progetti, non per generare emulazione — cosa impossibile stante l’unicità dei casi e dei loro contesti — ma innescare nuovi processi». Una sfida che è stata vinta, ha ribadito il porporato, «perché sono giunte ben ottantadue proposte di intervento» e, con l’esclusione dell’Oceania, «tutti i continenti sono stati rappresentati». L’onere del conservare, ha tenuto a precisare il cardinale, può diventare quindi un’opportunità per ripensare il proprio carisma, comprenderlo nell’attuale contesto socio-culturale e progettarlo nel prossimo futuro.
Un futuro roseo se si garantisce il rispetto delle norme canoniche e si dà ampio spazio alla formazione, ha aggiunto José Rodríguez Carballo, azioni necessarie secondo il presule per evitare la dispersione e far acquisire coscienza del valore dei beni, soprattutto quelli nei monasteri, per una loro migliore gestione e conservazione.
Ricordando le “parole profetiche” di Papa Francesco nella lettera apostolica in forma di motu proprio Fidelis dispensator et prudens — «Come l’amministratore fedele e prudente ha il compito di curare attentamente quanto gli è stato affidato, così la Chiesa è consapevole della responsabilità di tutelare e gestire con attenzione i propri beni» — il cardinale Braz de Aviz ha osservato come partendo da esse nel marzo 2014 si sia dato avvio al primo simposio organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica sulla gestione dei beni ecclesiastici. Un percorso diretto ad aiutare gli stessi istituti ad avere maggiore consapevolezza circa la rilevanza della materia economica, secondo professionalità e Vangelo, coordinate indicate dal Pontefice; ma anche «individuare i cambiamenti necessari nella cura e gestione di un patrimonio», «rispondendo con sempre rinnovata audacia e profezia alle sfide del nostro tempo» per continuare ad essere segno profetico dell’amore di Dio. «Sappiamo che non mancano iniziative di buona gestione dei beni culturali da parte degli istituti di vita consacrata — ha aggiunto Braz de Aviz — ma è difficile conoscerle, farle venire alla luce, così come è difficile quantizzare e descrivere il patrimonio dei consacrati». Da qui l’invito a tutti gli istituti, i monasteri e le società di vita apostolica a «fare cordata per un passo importante che è quello della catalogazione e della documentazione fotografica dei beni culturali».
Della necessità di una più esaustiva catalogazione ha parlato anche suor Jolanta Maria Kafka che, in riferimento ai dati di un questionario elaborato dalla Congregazione per i religiosi e degli organi internazionali di rappresentanza delle superiori generali e dei superiori generali, ha evidenziato al contempo come siano i monasteri sui iuris di vita contemplativa a vantare un catalogo completo dei propri beni unitamente ad altre congregazioni che hanno dichiarato il completamento di un’azione censuaria omogenea, estesa a tutte le comunità e province. Da qui l’auspicio, espresso dalla religiosa, che il convegno di maggio «segni una svolta e una “conversione”, per sensibilizzare ancora di più, anticipare le situazioni critiche, passando dall’emergenza all’offerta di progetti e di strumenti di catalogazione e di tutela».