Un anno fa il Papa a Bari con i vescovi del Mediterraneo. Cacucci: coltivare l’unità

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Antonella Palermo – Città del Vaticano

E’ passato un anno dall’Incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace” promosso nel capolougo pugliese dalla Conferenza Episcopale Italiana. Cinquantotto vescovi in rappresentanza di diciannove Paesi vissero quattro giorni di confronti e testimonianze suggellate dalla partecipazione di Papa Francesco. Trasmissione della fede alle giovani generazioni, migrazioni, dialogo interreligioso, rapporto delle comunità cattoliche con le istituzioni civili, le pesanti disuguaglianze economiche e sociali che si riscontrano nei diversi paesi: sono stati alcuni dei temi affrontati in quello che, nelle intenzioni dei vescovi italiani voleva proporsi come un “Sinodo” che coinvolgeva tutte le Chiese rivierasche: dal Nord Africa a Italia, Francia e Spagna; dal Medio Oriente ai Balcani passando per Malta e Cipro.

La visita del Papa a Bari

L’invito del Papa a costruire la pace, preludio della Fratelli tutti

Francesco consegnò a Bari un messaggio fortemente intriso dello spirito del Documento congiunto sulla Fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi. Rinnovò l’appello a “superare la logica dello scontro, dell’odio e della vendetta per riscoprirsi fratelli”. La guerra venne definita una pazzia “alla quale non ci possiamo rassegnare” e che non può essere accettata “come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti”. Da qui la necessità di elaborare una teologia del dialogo e dell’accoglienza in un Mediterraneo insidiato da tanti focolai di instabilità. La strada, di cui i presuli venivano invitati a farsi portavoci anche presso i governi, era quella della tutela della giustizia, presupposto fondamentale per prevenire i conflitti. Essere affacciati sul Mediterraneo rappresenta una straordinaria potenzialità, rilanciava il Pontefice: non lasciamo che a causa di uno spirito nazionalistico – affermava il Papa – si diffonda la persuasione contraria.

“Troppo spesso la storia ha conosciuto contrapposizioni e lotte, fondate sulla distorta persuasione che, contrastando chi non condivide il nostro credo, stiamo difendendo Dio. In realtà, estremismi e fondamentalismi negano la dignità dell’uomo e la sua libertà religiosa, causando un declino morale e incentivando una concezione antagonistica dei rapporti umani. È anche per questo che si rende urgente un incontro più vivo tra le diverse fedi religiose, mosso da un sincero rispetto e da un intento di pace.( Papa Francesco- Bari)”

L’impegno a lavorare sul piano educativo e culturale

Lo spirito di operosità a favore dei popoli che ha caratterizzato l’incontro di Bari non deve affievolirsi, secondo gli organizzatori, i quali confidano che l’evento non resterà un unicum. La convivialità che segnò quella esperienza, e di cui il Papa si rallegrò, dovrà mantenersi viva. Ne è convinto l’allora arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Francesco Cacucci, ora emerito. Da quella diocesi tra Oriente e Occidente, che si è sempre adoperata instancabilmente a stabilire legami di reciproca stima e di fratellanza, come lo stesso Francesco ha ricordato, il presule fa memoria di quelle giornate accennando al lavoro ancora da fare per restare nel solco tracciato insieme.

Ascolta l’intervista a monsignor Francesco Cacucci

R. – Ricordiamo che aveva avuto un precedente il 7 luglio del 2018 quando, sempre a Bari c’è stato l’incontro dei patriarchi e dei capi delle Chiese cristiane, quindi non sono cattoliche, ma anche ortodosse ed evangeliche, per la pace in Medio Oriente. E’ una storia lunga che risale a una parola profetica di San Giovanni Paolo II detto ai vescovi pugliesi alla fine degli anni Novanta: dovete guardare al Mediterraneo. E’ vero che immediatamente siamo entrati nel periodo triste della pandemia, però è rimasta viva nella diocesi, e io posso dire anche attraverso la testimonianza di tanti confratelli e da tante persone, la necessità di aprire le nostre Chiese del Mediterraneo a una realtà più grande e che riguarda la pace, ma non solo la pace, ma innanzitutto la conoscenza tra le singole Chiese. Si è sottolineato la necessità di continuare una conoscenza reciproca anche attraverso degli strumenti che devono ulteriormente essere perfezionati. Perché i Pastori dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo non hanno una conoscenza sufficientemente reciproca. Una sorta di Fidei donum dovrebbe svilupparsi tra le Chiese che sono sul Mediterraneo. In particolare, l’amministratore apostolico della Turchia sottolineava come la presenza di sacerdoti e di seminaristi in Turchia diventa un incoraggiamento per le Chiese che non hanno grandi numeri e che talvolta si sentono non conosciute, isolate all’interno della Chiesa Cattolica. Quindi uno degli aspetti che mi auguro possa essere ripreso è proprio questo. Bari continua ad essere un punto di riferimento perché è la sua posizione geografica e la sua storia ha una sua valenza in nome di San Nicola, il Santo universale che dopo la Madonna è il più venerato al mondo anche presso la Chiesa orientale.

Il Papa in quella circostanza ribadì che mai la guerra potrà essere scambiata per normalità e che il Mediterraneo è una straordinaria potenzialità. Come risuonano quelle parole?

R. – Il Mediterraneo indica apertura, come in fondo Europa indica apertura. Dalle parole del Papa io ho ritenuto di ricavare una lezione anche per l’Europa. L’Europa non sarà mai veramente apertura come soleva dire Giovanni Paolo II se non terrà presente il Mediterraneo, che non corrisponde solo al sud dell’Europa. Il Mediterraneo ha una sua centralità nella vita della Chiesa e questo in continuità con quello che nei primi secoli si era verificato, non dobbiamo dimenticare che l’Africa proconsolare, il Nord Africa, era ricca di Chiese, soprattutto nell’ultimo periodo dell’Impero Romano, quindi non dovremmo dimenticare le ricchezze che ci sono venute e i grandi vescovi, come Agostino e Cipriano, che ancora oggi illuminano la Chiesa. Allora, il compito della Chiesa deve essere un compito di fratellanza e di unità. I vescovi sono venuti a Bari senza avere una chiarezza circa le finalità di questo incontro e che alla fine hanno tutti espresso una grande gioia, lo ricordo benissimo, per aver conosciuto altre realtà e che si sono augurati possa continuare.

Il Mediterraneo continua ad essere un cimitero per molte persone che fuggono e che cercano di attraversarlo. Come state continuando ad adoperarvi per accogliere e integrare?

R. – Noi abbiamo una lunga storia a Bari. Alla fine degli anni Novanta c’è stata l’immigrazione costante da parte degli Albanesi. A Bari trovò l’accoglienza piena. Ma l’aspetto dell’accoglienza – che nel Dna della nostra terra – si deve incontrare con quelle espressioni che i vescovi, soprattutto del Nord Africa, hanno sottolineato: loro non desiderano che si impoveriscano le loro terre. L’aiuto che noi dobbiamo dare, anche come Europa, è un aiuto che deve tendere a far sì che le forze migliori di quelle terre non impoveriscano quelle nazioni.

Come guarda al viaggio di Papa Francesco in Iraq?

R. – Posso testimoniare che il patriarca Patriarca iracheno che è stato presente a Bari ha avuto delle parole molto incisive in riferimento alla comunione delle Chiese che si affacciano sul Mediterraneo e che sono in Medio Oriente. A me piace pensare che quelle parole così incisive e anche così liberamente espresse dal Patriarca di Baghdad sono state un preludio molto efficace di quella che è stata poi la decisione del Papa di visitare l’Iraq. Quella visita è necessaria perché rappresenta tutta una storia di attenzione dei pontificati anche precedenti, in particolare Giovanni Paolo II, nei confronti dell’Iraq e nei confronti della guerra in Iraq, che – come sappiamo – è stata finora solo distruttiva.