Molte persone innocenti continuano a morire in una guerra dimenticata: a dirlo è padre Sunday Augustine Masereka della diocesi di Kasese, nell’Uganda occidentale, vicino al luogo in cui oltre 40 studenti sono stati uccisi nella notte all’interno di una scuola
Linda Bordoni – Città del Vaticano
L’attacco terroristico avvenuto nella notte ad una scuola secondaria nell’Uganda occidentale, ha provocato almeno 41 vittime, la maggior parte delle quali studenti. Un numero imprecisato di giovani è stato inoltre rapito e almeno otto persone, gravemente ferite, sono state ricoverate in ospedale, dopo aver subito ustioni quando i ribelli hanno dato fuoco all’edificio.
La polizia ugandese ha accusato della strage i militanti delle Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo con base nell’est della Repubblica Democratica del Congo, che ha giurato alleanza allo Stato Islamico.
Sulla scuola incendiata, bombe, armi e coltelli
Padre Sunday Augustine Masereka è responsabile dell’ufficio comunicazioni della diocesi ugandese di Kasese, molto vicino al luogo dell’attacco. A Vatican News/Radio Vaticana racconta che la scuola di Lhubirira, che aveva 62 studenti, è stata attaccata intorno alle ore 23 da ribelli che hanno attraversato il vicino confine con la RDC. L’attacco, afferma, è stato raccapricciante e ha visto l’utilizzo di bombe, l’incendio dell’edificio e dei suoi occupanti, l’assalto ai bambini e al personale con armi e coltelli. Padre Masereka conferma le dichiarazioni delle autorità che imputano la responsabilità ai militanti dell’ADF e conferma anche che si tratta di un gruppo militante islamico, dato che una dei sopravvissuti – una donna incinta – è stata risparmiata perché, avrebbero dichiarato i ribelli, i musulmani non uccidono una persona che porta in grembo un bambino.
Vittime e terrore sia in Uganda sia in Congo
Per padre Masereka motivo dell’attacco è la ritorsione dei ribelli nei confronti delle Forze di Difesa del Popolo Ugandese (UPDF) che stanno dando loro la caccia in Congo per aiutare i soldati e il governo di quel Paese a combattere i miliziani, mentre gli stessi “si stanno addestrando in Congo per combattere l’Uganda”. L’ADF ha perpetrato innumerevoli attacchi e uccisioni negli ultimi anni, sia in Uganda che nel Congo orientale, e il sacerdote afferma che la gente da entrambi i lati del confine è terrorizzata. “Non sono passate neanche due settimane – aggiunge – che sono venuti a uccidere la gente in Uganda; questa volta hanno attaccato il collegio e gli studenti, (…) e ci sono state ancora più uccisioni in Congo”. Masereka denuncia che anche le chiese e i sacerdoti sono stati presi di mira.
Le forze di pace delle Nazioni Unite nella RDC orientale
Alla domanda su quale sia il sostegno internazionale nella zona, padre Augustine risponde che ci sono forze delle Nazioni Unite nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ma che c’è la sensazione diffusa che siano in gran parte inefficaci.
“Secondo i congolesi, non stanno facendo molto e molta gente in Congo è sfollata”, dice. “In Congo stanno soffrendo molto e persino i sacerdoti vengono uccisi”. La situazione è davvero terribile, continua, e c’è molto bisogno di aiuto, “ma quelli che sono lì non aiutano molto. Ecco perché la gente in Congo non è molto a suo agio con le Nazioni Unite”.
L’appello per i colloqui di pace
Grazie alla visita apostolica di Papa Francesco nella RDC nel febbraio scorso, i riflettori si sono accesi brevemente sulle sofferenze della popolazione del Paese e secondo padre Masereka il suo messaggio di speranza e di sostegno ha raggiunto le persone. Ciò che serve, dice ancora il sacerdote, è una soluzione negoziata, perché la gente continua a morire e i combattimenti non risolvono nulla. “I colloqui di pace invece chiamano a raccolta i diversi gruppi per parlare, condividere e accordarsi – sottolinea – senza questo la gente continuerà a morire”. E ribadisce: “Le armi non risolvono nulla. La gente continua a morire.”
Una guerra dimenticata
Padre Augustine conclude con un invito a tutte le persone perchè si coinvolgano con la preghiera nel dramma che si vive tra i due Paesi africani, così come deve essere coinvolta la Chiesa, e chiede ai media di sollevare la questione nella stampa internazionale su questa guerra dimenticata, perché in Congo si continua a morire ma l’unico momento in cui se ne parla è quando viene compiuto un attacco. “E’ solo allora che se ne parla”, conclude con amarezza padre Masereka.