Ue: è il momento di Piani nazionali all’altezza del Recovery Fund

Vatican News

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Dopo il via libera la settimana scorsa da parte del Parlamento europeo, il programma di rilancio dell’economia cosiddetto Recovery Fund, votato dal Consiglio europeo a dicembre scorso, potrà essere davvero operativo pienamente quando tutti i parlamenti nazionali lo avranno ratificato e quando tutti avranno presentato i piani nazionali di spesa e di riforme. Mancano ancora quattro ratifiche, mentre circa due terzi dei 27 hanno presentato bozze di piani. Queste scadenze sono al centro del confronto dell’Ecofin, cioè del Consiglio dei ministri dell’Economia e della Finanza dei 27, in programma oggi.

Recovery Fund e Next Generation Eu

Di fronte alle conseguenze socioeconomiche della pandemia, l’Ue ha scommesso sul programma Next Generation EU che mobilita 750 miliardi di euro in relazione al bilancio 2021-2027. In particolare, parte di questo budget consiste in quello che precisamente si chiama The Recovery and Resilience Facility, cioè Dispositivo per la ripresa e la resilienza, che però è noto come Recovery Fund e Recovery plan è l’espressione usata per il piano di spesa che ogni Paese dell’Ue è tenuto a presentare entro il 15 aprile 2021.

Gli obiettivi

Ciascun piano deve soprattutto assicurare una transizione verso un’economia più sostenibile e una maggiore inclusione sociale, ma anche garantire riforme istituzionali che vadano nella stessa direzione del piano.

L’ammontare e l’iter dei Paesi

Considerando tutto il pacchetto Next Generatio Eu, si parla di 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi sono trasferimenti, 360 sono prestiti a tassi molto agevolati. Considerando dello strumento principale cosiddetto Recovery Fund, si deve parlare di 672,5 miliardi di cui prestiti per 360 miliardi e sovvenzioni per 312,5 miliardi. Per accedere a questi fondi i Paesi devono presentare a Bruxelles piani nazionali con i quali si impegnano a usare le risorse per trasformare l’economia in linea con alcune precise priorità: transizione verde e digitale e inclusione sociale. I singoli Stati devono anche realizzare le riforme indicate dalla Commissione Ue nelle Raccomandazioni del 2019 e 2020. I piani saranno esaminati in due mesi circa, dalla Commissione Ue e poi approvati dal Consiglio europeo. Il termine ultimo per la presentazione è aprile, ma l’invito di Bruxelles è ad anticipare il prima possibile per poter avviare un dialogo con la Commissione in modo da aggiustare il piano, qualora fosse necessario, prima della versione finale.

I soldi non arriveranno tutti insieme, ma man mano che si raggiungeranno gli obiettivi che ogni Stato ha individuato, ad eccezione di un anticipo versato al momento dell’approvazione. Per l’Italia significa circa ricevere 26 miliardi di euro. Anche per il monitoraggio delle spese la Commissione dovrà tenere conto del parere del Consiglio. Il Consiglio si esprimerà a maggioranza qualificata, ma un Paese potrà attivare il cosiddetto “freno d’emergenza”, che è stato richiesto in particolare dall’Olanda: si tratta di un possibile blocco di tre mesi dell’erogazione dei fondi e di una sorta di riesame qualora si presentino motivi di perplessità. Insomma, definire bene il piano e i suoi obiettivi è cruciale per non rischiare di perdere i fondi.

Per l’ Italia, un’occasione importante

All’Italia complessivamente dovrebbero arrivare 209 miliardi. L’Italia ha presentato nelle scorse settimane un piano preparato dal governo di Giuseppe Conte, che però era stato contestato anche all’interno della stessa maggioranza, ed è stato fra gli elementi che ha innescato la crisi del governo. Ora spetta al nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi modificare o cambiare il piano. Per capire i meccanismi dell’intervento europeo e l’impegno che attende l’Italia, che risulta tra i Paesi maggiormente beneficiari, abbiamo intervistato Carlo Altomonte, docente di Economia politica all’Università Bocconi:

Ascolta l’intervista con Carlo Altomonte

Altomonte sottolinea che si tratta di un’occasione in cui l’Europa ha dimostrato in concreto il principio di solidarietà, perché – spiega – i soldi non vengono dati e restituiti in relazione al Pil, ma in considerazione delle difficoltà e dei bisogni. In sostanza – ribadisce – la Germania e anche la Francia, in particolare i contribuenti e dunque i cittadini, tireranno fuori soldi per i cittadini italiani. Si tratta di finanziamenti – chiarisce Altomonte – anche se a diverso titolo e con tassi bassissimi, ma non tutti sono tenuti a restituire in proporzione a quanto ricevuto. Dunque, per un Paese come l’Italia Altomonte ricorda che si tratta di un’occasione eccezionale. Ma – mette in chiaro l’economista – non si tratta solo di giustificare come saranno spesi questi soldi. Si deve documentare – con il piano iniziale e poi con una serie continua di report –  come si stanno svolgendo gli investimenti e soprattutto si deve indicare la road map delle riforme necessarie per rilanciare il Paese e poi spiegare passo passo come si stanno mettendo all’opera. Altrimenti i soldi non potranno arrivare.